Capitolo 6 - Leggende e sangue

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Riconosco subito l'albero, non a caso ho scelto proprio questo, ha un grande fusto, indice di un'età avanzata, e una folta chioma stranamente molto verde. Infatti, tutti gli alberi della foresta hanno ormai quasi completamente le foglie tendenti all'arancione, ma non questo. Mi avvicino e vedo spuntare dal suolo il rigonfiamento alle radici. Non ho con me una pala, quindi inizio a rimuovere la terra con le mani, fino a trovare ciò per cui sono venuta: la mia sacca da viaggio. L'ho dovuta nascondere per non portarmela dietro,  perché non solo è decisamente ingombrante, ma non volevo nemmeno che fosse trovata. Controllo che dentro ci sia tutto: i paletti, il coltello da caccia di mio padre, la verbena, le funi, un cambio di vestiti, uno spuntino e dei contanti. Perfetto, non manca niente. Mi incammino di nuovo verso l'auto, che ho lasciato parcheggiata lungo la strada principale, e una volta dentro metto in moto.

Il sole sta calando e il cielo inizia a tingersi di scuro. L'abitacolo dell'auto è vuoto e silenzioso, decido di accendere la radio. La musica riempie il piccolo spazio e io mi godo la guida. In tasca il cellulare vibra, è Fred, rispondo:

«Dimmi»

«Allora, ho fatto un milione di ricerche e mi dispiace dover essere io a dirtelo, ma stai per morire. Anzi è strano che tu sia ancora viva!».

La sua voce è allarmata e parla molto velocemente, come se volesse salvare secondi preziosi, e penso tema che io possa morire mentre gli parlo.

«Fred, calma. Di cosa stai parlando?»

«Mmm... Non saprei, forse di una ferita che non guarisce?! - ah già - Da quando mi hai chiamato non ho smesso di cercare e ho trovato due possibili cause alla tua ferita. - sono curiosa e lo lascio parlare - Potrebbe trattarsi del morso di un lupo mannaro, ma ieri non c'era la luna piena, quindi lo escluderei. Oppure la ferita di un antico pugnale»

«Spiegati meglio», voglio che continui perché credo che David abbia proprio quel pugnale.

«Premetto che non ne ho mai visto uno, ma ci sono delle leggende su alcuni vampiri molto potenti e molto antichi. Questi possedevano ognuno un pugnale, creato appositamente per loro da una maga, che unì il loro sangue alla lama. Queste armi sono letali per tutti noi comuni vampiri e l'unico antidoto è bere il loro sangue...»

É possibile che David sia uno di quei vampiri? Tutto ciò che dice Fred sembra essere vero. Quel pugnale mi stava portando alla morte e solo il sangue di David mi ha aiutato a guarire. Ho ancora delle domande.

«Perché questa strega avrebbe aiutato dei vampiri? Quelle ci odiano»

«Secondo ciò che riportano le leggende, l'avrebbe fatto per amore. - ovviamente, che stupida - Ognuno di questi antichi vampiri aveva un immenso potere e, bevendo il loro sangue fino ad ucciderli, potevi appropriartene. Quindi la loro vita era sotto costante attacco. Non che non sapessero difendersi, ma sembra che volessero una protezione in più. Perciò dimmi che conosci uno di questi vampiri e che ti offrirà gentilmente qualche goccia del suo sangue»

Si e l'ho già anche digerito.

«No... Ma non devi preoccuparti. C'è un'altra spiegazione e molto più semplice, la ferita non guariva perché mi era rimasta una scheggia di legno in corpo. Non ho visto nessun pugnale, ma solo un paletto», gli mento e non so nemmeno il perché. Dall'altra parte sento il sospiro di sollievo di Fred.

Forse non voglio che si preoccupi troppo su cose tipo vecchi vampiri e pugnali letali. Di sicuro la minaccia di morte fatta da David "non puoi dire niente di me a nessuno" non è ciò che mi impedisce di parlare. O almeno credo. E se mi avesse soggiogata per non dire nulla? Insomma, se è davvero un vampiro così potente, forse lo può fare. Lo odio sempre di più. Però ora riesco a spiegarmi come mai, dopo aver bevuto un po' del suo sangue, io riesca a soggiogare mentalmente la gente. Mi chiedo per quanto ancora ne sarò capace e mi dispiacerebbe perdere questo nuovo potere, mi ci stavo abituando sul serio.

«Quindi con Ambra?», Fred vuole sapere se l'ho uccisa.

«Non ci sono riuscita e non perché non volessi, ma perché non è il momento adatto. Per ora rimarrò qui e la terrò d'occhio. Se dovesse succedere qualcosa ti chiamo immediatamente»

«Ci conto dolcezza», sorrido e chiudo la chiamata.

Ritorno a concentrarmi interamente sulla guida e alzo il volume della canzone che passa in questo momento in radio, ancora pochi chilometri e sarò di nuovo a Blackstone. Adoro questa canzone e inizio a muovere la testa a tempo di musica e le mie dita in automatico seguono il ritmo  picchiettando sul volante. "Bleed it out" dei Linkin Park riempie l'abitacolo dell'auto e la mia mente ne è totalmente presa, ammetto che adesso ho anche un leggero languorino. La mia mente va alla sacca di sangue dentro al borsone che in questo momento è buttato sil sedile del passeggero alla mia destra e con una mano inizio a cercare di aprire la cerniera. Riesco nell'impresa ed estraggo vittoriosa l'agognato bottino. Inizio a bere. Il gusto è intenso e adoro la sensazione del liquido che mi scende lungo la gola e mi riscalda, tutto il resto non conta, solo io e il sangue...

Un colpo mi riporta alla realtà: freno.

Mi rendo conto che in mezzo all'estasi della merenda avevo completamente chiuso gli occhi.

Slaccio la cintura e scendo dall'auto. Tra me continuo a ripetermi "Fai che sia un alce. Fai che sia un alce. Anche Bambi andrebbe bene".

E invece no. Per terra c'è Tyler che agonizza in una pozza del suo stesso sangue. Perfetto, ho investito un mio studente dopo un solo giorno di lavoro. Mi posso scordare il premio a miglior insegnante dell'anno.

«Oggi non è proprio la tua giornata, vero? - gli chiedo senza aspettarmi nessuna risposta - Mi spieghi cosa ci fai qui a quest'ora?». I suoi occhi sono rivolti all'indietro, la mascella forma uno strano angolo e il suo respiro è sempre più lieve.

Mi guardo intorno, ma non c'è nessuno, nessun testimone. Sono quasi tentata di salire in macchina e andarmene, ma così facendo non sarei poi così diversa da Ambra. La stessa che mi lasciò morente sul pavimento di casa e se ne andò. Io non sono come lei. Non che non abbia mai ucciso, ma quando è successo ero alle prime armi ed è sempre stato solo per nutrirmi, mai per divertimento o rabbia. Mi inginocchio vicino a lui e lo osservo. Indossa dei pantaloncini blu e una maglietta bianca, ora completamente sporchi di sangue, e alle orecchie credo portasse degli auricolari che ora si trovano qualche metro più in là insieme al suo iPod. Il ragazzo stava correndo. Agisco e basta, mi mordo il polso e glielo porto alle labbra.

Un po' del mio sangue e le sue ferite si rimarginano, torna a respirare normalmente. 

Dopodiché lo trascino fino all'erba ai margini della strada e lo metto seduto ai piedi di un albero. Mi inginocchio e lo schiaffeggio un paio di volte, finché non apre gli occhi un po' spaesato.

«Che cosa mi è...», prova a chiedermi.

«Dimentica ciò che è successo, continua a correre e torna a casa».

Lui si alza, fa qualche passo, riprende il suo iPod da terra e ricomincia a correre.

Ora che ho sistemato la situazione, posso ritornare in auto. Noto la grande ammaccatura e sorrido, perché spero tanto che questo faccia arrabbiare Ambra. Una volta alla guida, procedo con calma e attenzione, direi che per oggi ho investito il numero massimo di persone.

Dentro di me non vedo l'ora che questa giornata finisca in fretta.

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