Capitolo 12 - Lunga vita al re

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«Quando la smetteremo col ripasso?»

«Quando lo deciderò io», rispondo a Dana e a tutti quegli studenti in classe che mi guardano con disperazione. Anche il tempo non aiuta a sollevare il loro umore; piove a dirotto e sono ormai tre giorni, ma il meteo dice che non si prevede un miglioramento. Alcuni parlano col compagno o con quello dietro, ma tutti scrivono, tutti tranne Tyler, che seduto in fondo alla classe dorme e si copre la testa col cappuccio della felpa. Non lo sveglio solo perché ieri è stata una brutta giornata per lui e anche perché in realtà non mi importa quello che fa.

«Non capisco come svolgere la sesta operazione!», sbotta Carl disperato. È un ragazzino dai capelli rossi e pieno di lentiggini. Poverino, ci prova con tutte le sue forze nei compiti che assegno e sono sicura che se il primo giorno avessi fatto venire lui alla lavagna, non avrei dovuto soggiogarlo per fargli sbagliare l'operazione. È troppo stupido per essere vero. Gli rispondo sbuffando:

«È una semplice divisione. Usa la calcolatrice se proprio non ci riesci - poi mi rivolgo a Dana - Visto che il ripasso serve ancora?»

Lei incredula, forse per la stupidità del suo compagno o forse per la mia mancata voglia di insegnare, ritorna a svolgere il compito che ho assegnato a inizio ora.

Alla fine della lezione tutti si alzano e la maggior parte di loro prima di uscire dall'aula mi saluta allegro. Sospetto che facciano uso di droghe, altrimenti non me lo so spiegare. L'aula rimane vuota e io tiro un sospiro di sollievo. Far finta di essere un'insegnante non è divertente come credevo.

Poi sulla soglia della porta si ferma uno studente di un altro anno, il quale non frequenta la mia ora di matematica. Non è bello, ma è convinto di esserlo. Lo capisco dal suo atteggiamento e da come mi squadra.

«Buongiorno. Mi chiamo Scott Rall. Posso rubarle qualche minuto per parlarle?», mi chiede educato.

«Certo» e gli faccio segno di entrare. Lui fa un passo in avanti e si chiude la porta alle spalle.

«Ecco mi chiedevo se un'insegnante di matematica bella come lei avesse tempo di impartire qualche lezione privata ad uno studente come me» e alza le sopracciglia per farmi intendere che in realtà ha ben altro in mente.

Deduco che la sua proposta non preveda l'uso di un libro di matematica.

«No, non lo faccio e non ho intenzione di iniziare con nessuno studente», gli rispondo marcando bene le ultime due parole. Spero sia abbastanza intelligente da capire che nemmeno io mi riferisco allo studio.

Poi un'idea mi passa per la mente, possibile che sia lui lo stalker dell'altra sera? Colui che mi ha lasciato la rosa nera. Lo escluderei, ma vorrei esserne sicura.

Sei stato tu a lasciare la rosa sul mio letto?

«Non vorrei metterla a disagio, ma ho delle conoscenze influenti e basterebbe una mia parola per farla licenziare. Potrei dire che è venuta a letto con me, anche se non è la verità», passa al ricatto.

David aveva ragione, il mio nuovo potere è finito.

«Fai come credi, dillo a chi vuoi. Io spargerò a mia volta delle voci e ti assicuro che non scoperai mai più in vita tua. Insomma, i ragazzi poco dotati non hanno molto successo» e gli lancio un'esplicita occhiata lì sotto.

Non se lo aspettava e le sue orecchie si colorano di rosso. Era sicuro che avrei ceduto al suo ricatto e ora mi mostra uno sguardo spaesato, lo stesso di chi non sa bene cosa rispondere.

«Ripeto, ho delle conoscenze. Mio padre è il sindaco della città!»

Ah è il figlio dell'uomo che conta.

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