Capitolo 19.

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Un'altra giornata all'istituto sarebbe iniziata da lì a poco e come sempre la sveglia mi avvertì che era giunta l'ora di svegliarsi e prepararsi.

Senza alzare i piedi da terra per camminare come tutte le persone normali, raggiunsi il bagno spaventandomi del mio stesso riflesso. Di certo il weekend passato non era stato uno dei migliori ma neanche uno dei peggiori. Il mancato appuntamento di Jason e il suo "a domani" non rispettato mi avevano affranta e se era quello il risultato che sperava, dovevo complimentarmi con lui per esserci riuscito.

Mi truccai nascondendo gli occhi gonfi per il poco riposo e mi vestii con le prime cose che trovai offerte dall'armadio, ovvero jeans attillati blu e una maglietta lunga bianca, infine completai il tutto con il parka rosso e gli stivaletti del medesimo colore.

Con le cuffie alle orecchie mi diressi verso l'istituto non fermandomi da Tastes come da abitudine. Avevo una strana sensazione come se potesse succedere qualcosa di brutto che non sarei riuscita ad affrontare. La considerai come una semplice immaginazione e mi concentrai sulla strada senza preoccuparmene.

Incontrai Thomas seduto al nostro solito tavolo della caffetteria mentre parlava animatamente al telefono. Mi salutò con un gesto della mano accompagnato da un flebile sorriso.
«Non mi interessa la mamma vuole vederti» alzò di poco la voce attirando l'attenzione degli studenti più curiosi. Capii che si trattava di Jonathan e quella volta Thomas era più arrabbiato che mai tentando invano di trattenersi.

A quel punto Thomas chiuse la chiamata e sbuffando posò il telefono sul nostro tavolo.
«Scusami ma Jonh a volte si comporta da vero ragazzino» mi spiegò mentre una ragazza pressoché della mia età, ci portò due caffè e due dolci, uno al cioccolato e uno alla crema.
«Ho preso un dolce anche per te» iniziò Thomas.
«Spero di averci indovinato» continuò sorseggiando il suo caffè alternandolo con qualche morso.
«È buonissimo» lo rassicurai.
Finimmo di fare colazione per poi andare alla prima lezione.

Si stavano sempre più avvicinando le prime date degli esami ed era ora di impegnarsi più di quanto non lo facessi ancora. Appuntai parola per parola tutto ciò che disse il professore per avere abbastanza materiale da studiare per un voto eccellente.

Il presentimento della mattina era ancora presente ma tutta quella concentrazione sulle lezioni mi aiutò a non pensarci.

Tra un'ora e l'altra decisi di passare un po' di tempo in biblioteca per prendere qualche libro e riconsegnarne altri.
Anche quella giornata di studio era giunta al termine e non vedevo l'ora di tornare a casa per rilassarmi.

Percorsi velocemente il corridoio verso la biblioteca accompagnata dal suono metallico della cerniera dei miei stivali che si sentiva ad ogni mio passo.
«Facciamolo» una voce mi fece fermare con un piede sospeso e dietro l'angolo potei scorgere i fantastici capelli lunghi di Evelin.
Rallentando il passo cercai di non disturbare il suo momento di sfogo con un ragazzo che non era Jonathan.
«Devo andare» disse il ragazzo affannato. Il mio corpo non volle più reagire ai miei comandi e tutto ciò che volevo era andarmene. Non volevo crederci. Speravo di non crederci.
Mi girai verso i due e confermai i dubbi che ebbi fino a quel momento.
«Cosa stai facendo?» chiesi e mi resi conto di non avere abbastanza fiato per urlarlo come avrei sperato.
«Abby? Che ci fai qui io-» lo interruppi immediatamente avvicinandomi e lasciandogli la mia mano stampata sulla guancia.
«Mi fai schifo. Ecco il motivo per il quale non sei venuto al nostro appuntamento? Appuntamento che tu stesso avevi fissato» gli urlai incontro dandogli dei pugni sul petto per sfogare la mia rabbia. La stessa che avevo trattenuto dentro per troppo tempo.
«Quale appuntamento?» mi chiese facendomi arrabbiare ancora di più se fosse stato possibile.
«Dovevo fidarmi degli altri, delle voci che avevo sentito, dovevo mollarti molto prima se mi fossi resa conto della persona che veramente eri. Sei uno stronzo, vattene, non voglio più vederti» urlai senza riprendere fiato.
«Tesoro calmati» fulminai Evelin con lo sguardo e se non fosse arrivato Jonathan a trattenermi le sarei saltata addosso.
«Portati via questa puttana prima che la uccida»
«Calmati ora. È inutile» mi sussurrò all'orecchio Jonathan e per qualche ragione riuscii a tornare in me stessa aiutandomi con dei lunghi respiri.

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