Capitolo 39.

342 55 10
                                    

La mattina seguente, mi svegliai grazie all'odore di caffè proveniente dalla cucina.
I fatti avvenuti la sera precedente, mi investirono senza preavviso, ricordandomi delle rivelazioni fatte a Jonathan.

Non mi importava del giudizio degli altri ma con Jonathan, come del resto, era ben diverso. Avevo il timore che mi giudicasse per una bambina piagnucolosa.
D'altro canto però, non rimpiansi la mia decisione di avergli raccontato quella parte della mia vita. Aprirmi con lui, mi aveva tolto un grande peso dallo stomaco e dal cuore. Forse potevo finalmente iniziare a vivere il presente come mi ero promessa di fare mesi prima. Forse era arrivato il momento di mettere da parte il passato una volta per tutte.

Essendo immersa nei miei pensieri, non mi accorsi di essere arrivata in cucina, dove l'odore di caffè era più accentuato.
«Buongiorno» al mio saluto, Jonathan fece un salto all'indietro facendosi scivolare dalle mani un biscotto al cioccolato.
Risi di sottecchi nel vederlo con un'espressione spaventata e la mano sul cuore.

«Non mi ero accorto che fossi arrivata»
«Ho notato» con la coda dell'occhio vidi che mi stava fissando mentre prendevo dal ripiano un tazza per versarci del caffè.
Gli tolsi i biscotti da sotto il naso e mi sedetti su una sedia della cucina.
Incrociai il suo sguardo per pochi secondi, prima che si voltasse dandomi le spalle.
Si schiarì la voce, segno che doveva farmi una qualche domanda seria, di cui temeva la mia reazione. «Come stai?» mi chiese, confermando quanto avessi imparato a conoscerlo in così poco tempo.
«Bene» bevvi il mio caffè mentre il silenzio piombò pesante nella cucina.
«Grazie per questa notte e scusami se per la seconda volta ho rovinato i tuoi programmi»

Finalmente si girò dalla mia parte e mi analizzò con i suoi occhi grigi che avevano lo strano potere di trapassarti l'anima. Li incontrai per un attimo e mi parve di cogliere un grigio più cupo del solito, ma forse era stata solo una mia impressione.
«Se hai paura che ti giudichi per una lagnosa, farai bene a toglierti questo pensiero dalla testa» sbuffò sedendosi sulla sedia vicino la mia.

Non sapevo cosa dire ne come cominciare, il fatto che sapesse cosa stessi pensando, mi lasciò spiazzata e imbarazzata allo stesso tempo.

«Sono rimasto sorpreso che non ti sia lasciata andare prima. Non è da tutti riuscire a sopportare così tanto dolore per tutto quel tempo» continuò tenendo la testa bassa sulle sue mani. Le labbra gli si incurvarono leggermente, formando un sorriso amaro «Sei una ragazza tosta».

La mia bocca rimase aperta mentre cercavo di rielaborare i dati appena sopraggiunti nel mio cervello. Mi ammirava, mi vedeva come una ragazza tosta, era rimasto sorpreso, aveva dato voce ai miei pensieri come se sapesse in anticipo cosa mi era passato per la testa, sapeva come prendermi e come aiutarmi.
Mi ripresi e nel mentre formulavo una semplice parola di ringraziamento, Jonathan se ne uscì con una delle sue battute «Chiudi quella bocca, altrimenti ti entreranno le mosche»
Ci guardammo con aria di sfida.
Subito dopo scoppiammo a ridere e l'attimo a seguire unimmo le nostre labbra in un bacio.
In fondo, noi eravamo quello. Eravamo giusti a modo nostro. Eravamo due ragazzi strani e pazzi che si assomigliavano. Complicati e semplici allo stesso tempo. Così simili per alcune cose, ma due poli opposti per altre.

Più passavo il tempo con Jonathan, più acquistavo la consapevolezza che quello che provavo non era semplice attrazione fisica.

«Cosa facciamo oggi?» gli chiesi ponendo all'interno della lavastoviglie, le nostre tazze sporche di caffè.
«Pensavo di portarti a fare un giro questa mattina e di mangiare fuori. Poi verso pomeriggio torneremo a casa, così tu potrai cambiarti per la festa di sta sera»
«Festa?»
«Si, oggi è il compleanno di James e ha deciso di organizzare una festa in un locale per festeggiare.» non ero molto elettrizzata all'idea di una festa. Alcol, sudore e i classici giochi universitari.
Solo quando Jonathan continuò a parlare, pensai a quale assurda espressione avessi assunto. «Conoscendolo, non ci saranno molte persone e se nell'ipotesi dovessi annoiarti, ti riporterò subito a casa»
«Non voglio essere un peso»
«Infatti non lo sarai»
La proposta di Jonathan, mi allettava molto ma qualcosa mi impediva di accettare. Sesto senso?
Mi morsi l'interno della bocca, incontrando i suoi occhi ansiosi di ricevere la risposta finale.
Sospirai «Va bene»
«Perfetto» sorrise.

I Need You. /#Wattys2017/Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora