Capitolo 34.

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Era appena finito il mio turno di lavoro alla caffetteria e un altro giorno di vacanza era volato via. Non avevo programmato nulla per quelle settimane e mi entusiasmava l'idea di vivere la giornata, anche se ancora non avevo fatto nulla di entusiasmante.

«Cosa farai oggi?» mi chiese Clara mentre digitava qualcosa sul cellulare.
'Resterò a mangiare schifezze e vedere qualche film d'amore pensando a cosa mi sta facendo quel ragazzo, fino all'ora di cena e tu?'
«Non lo so» risposi infine. «E tu?»
Ripose il cellulare nella borsa per poi rispondermi: «Ci sarà una festa di fine trimestre nel mio istituto se non trovi nulla da fare, potresti venire con me.»
Arricciai il naso contrariata, piuttosto che andare ad una festa preferivo rimanere a casa seguendo i pieni che mi ero prefissata almeno per quella sera.
«Va bene, va bene. Almeno fammi sapere come andrà con Jonathan.»
«Cosa ti fa pensare che oggi starò con Jonathan?» le chiesi ponendomi davanti a lei bloccando i suoi passi.
«Il mio sesto senso o l'intuito, chiamalo come vuoi»
«Allora mi dispiace avvisarti che il tuo sesto senso» imitai il suo tono di voce a quelle due parole, «non è per niente affidabile»
«Staremo a vedere» replicò proseguendo per la sua strada salutandomi con un gesto veloce.

Entrai in casa e sentii un leggere bisbigliare. Proseguii verso il salotto dove trovai la televisione accesa su un canale pubblicitario. Spostai l'attenzione sul divano dove si trovava Jet appisolato con il telecomando sotto una guancia. Era incredibile come riuscisse a dormire anche nelle posizioni più scomode. Cercando di non far rumore per non svegliarlo, andai in cucina per prendere qualcosa da mangiare.
Purtroppo non trovai molto se non fosse per un succo ai frutti misti, alcuni biscotti con le gocce di cioccolato e qualche marshmallow superstite.
Mi balenò un'idea alquanto golosa e non ci pensai due volte prima di concretizzarla.
Presi alcuni biscotti dalla confezione e i marshmallow rimasti, formando una specie di panino. Inserii i miei capolavori all'interno del microonde per qualche secondo affinché la caramella si sciogliesse.
Il suono trillante mi avvertii che era pronto e lo maledii sottovoce sperando che non avesse disturbato il sonno di Jet. Fortunatamente non si era svegliato e aveva semplicemente cambiato posizione facendo cadere il telecomando sul tappeto che attutì la caduta.
Tornai in cucina dove il profumo di cioccolato e marshmallow si stava diffondendo.
Presi le mie delizie appena pronte, il succo e anche la confezione di biscotti che avrei mangiato in caso non mi fossero bastati i primi.
Una volta giunta in camera, preparai la mia postazione da serie TV con computer, coperta in pile e due cuscini posti per bene dietro la schiena.

Andai avanti così per diverse ore e dalla finestra vidi il sole calare. Chiusi il computer e mi avvicinai ad essa per osservare il tramonto invernale.
Mi persi ad ammirare quelle sfumature chiare e delicate che viravano dal rosso all'arancione.
A distrarmi da quella bellezza unica fu il trillare incessante del mio telefono che inizialmente avevo deciso di ignorare.
Vidi il nome comparso sullo schermo riflettendo sul da farsi.
"Rispondo o non rispondo?" Istintivamente accettai la chiamata portando il cellulare all'orecchio.
«Abby? Mi senti?» disse la voce del mittente dall'altro capo.
«Si dimmi» risposi sedendomi sul bordo del letto giocherellando con un filo fuori posto della coperta.
Sentii un sospiro avvilito seguito subito dopo da una frase che mi fece pietrificare fermando ogni mio gesto: «Ho bisogno del tuo aiuto»

Uscii di casa velocemente avvisando mio padre che forse non sarei tornata in tempo per l'ora di cena. Non mi fece molte domande, mi raccomandò di stare attenta e mi lasciò andare.
Lungo la strada riflettei sulla conversazione avuta al telefono poco prima  sperando che non fosse successo nulla di grave.

Arrivai a destinazione con il fiato corto a causa della corsa e con il cuore che mi esplodeva nel petto.
Prima che potessi bussare la porta di aprì lasciandomi con il pugno sospeso.
«Ciao»
Risposi a mia volta a quel saluto nascondendo il fatto che avessi corso per più di dieci chilometri senza fermarmi per un secondo.
«Scusa se ti ho fatto venire qui a piedi ma ho bisogno del tuo aiuto»
Mi fece entrare portandomi davanti la porta di una stanza da letto.
«Succede che...»
All'interno della stanza semichiusa un miagolio interruppe la nostra conversazione «Jonathan ti ho già ripetuto che non voglio vedere nessuno»
«Non so più cosa fare con lui. È chiuso in camera dal giorno della festa e non è più uscito se non per prendere qualcosa da bere.»
Non pensavo che la rottura con Becky lo avesse portato a questo.
«Per questo ti ho chiamata, spero che almeno tu possa fare qualcosa» si percepiva la preoccupazione di Jonathan per il fratello e, dai suoi occhi stanchi e spenti ne potevo avere la conferma.

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