Capitolo 28.

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Erano trascorsi solo pochi minuti da quando avevo messo piede all'interno dell'istituto e questo valeva a dire che erano passati altrettanti minuti da quando Jonathan mi aveva salutata augurandomi una buona giornata.
Avevamo passato un' intera notte fuori, su quella panchina, senza cellulari, senza neanche accorgersi del tempo che passava ad ogni nostro racconto. Avevo corso un grande rischio ad aprirmi con lui ma non ero stata la sola a farlo. Per quanto potesse sembrare menefreghista, stronzo ed insensibile, era l'unica persona che era riuscita a comprendermi senza l'uso di troppe parole.

Il suono della prima campanella della giornata mi riportò con i piedi a terra, segnalandomi l'inizio della prima sessione di lezione per quella giornata.
Chimica: se fossi riuscita a superare quell'ora senza addormentarmi per la stanchezza, allora potevo automaticamente decretarmi fenomeno dell'anno.
Purtroppo quel premio non aspettava a me, infatti, dopo neanche cinque minuti, mi ritrovai con la testa appoggiata su una mano e gli occhi chiusi. Mi risvegliai solo al suono della seconda campanella e fortunatamente nessuno si era accorto della mia "assenza".
Le lezioni a seguire furono una continua lotta contro me stessa per far sì che non mi addormentassi.

«Abby» Tory mi richiamò e, con la lentezza di una lumaca, voltai la testa nella sua direzione. Da un' espressione di pura gioia, la sua, diventò una smorfia contorta tra il confuso e il divertito.
«Qui c'è qualcuno che ha fatto serata» esclamò sorridendo.
«Non proprio» sbadigliai.
«Fammi indovinare» disse «C'entra qualcosa Jonathan Matthison?»
Non so che faccia feci però fu sicuramente comica dato che Tory iniziò a ridere ed esultare allo stesso tempo.
«Sono un genio» continuò fiera di se.
«Dobbiamo andare in biblioteca per fare uno degli ultimi argomenti che devi rivedere e poi faremo la prova d'esam-»
«No, no, di queste faccende burocratiche ne parliamo dopo» mi interruppe e il mio tentativo di cambiare discorso si sgretolò all'istante.

Un'altra caratteristica di Tory, che avevo imparato a conoscere, era la sua determinazione usata per sapere tutto di tutti. Se voleva conoscere qualche segreto niente e nessuno poteva impedirle di scoprirlo.

«Dai raccontami» mi supplicò facendomi il labbruccio. Ero sicura che di lei mi potevo fidare perché, anche se voleva sempre essere a conoscenza di tutto, era la persona più affidabile del mondo e sapeva mantenere un segreto.

«...E infine mi ha accompagnato a lezione» finii di raccontarle l'accaduto della sera precedente e mi accorsi che, nel momento in cui lo raccontavo, provavo delle strane sensazioni all'interno dello stomaco.
«Lo sapevo. L'ho sempre detto che siete fatti per stare insieme» esultò beccandosi un ammonizione dalla anziana bibliotecaria di turno.
«Non credo, siamo troppo diversi» replicai.
«Ne sei sicura? Io non vedo così tante differenze dopotutto»
«Abbiamo diverse abitudini e diversi interessi. Sembriamo vivere in due mondi differenti»
«Potreste vivere in due mondi diversi o anche in due universi distinti, però ricordati che non si è mai troppo lontani quando si ha voglia di raggiungersi» disse.

Rimasi a bocca aperta perché, in fondo, a quelle parole credevo anche io. Non si parlava ne di destino ne di attrazione, ma semplicemente di amore. Da piccola mi avevamo sempre detto che, se due persone vogliono stare insieme, niente le potrà mai separare.
«Iniziamo con il ripasso?» mi sorrise Tory.
«S-Si» avevo tanto su cui ragionare...

Finalmente la giornata all'istituto era finita e, una volta salutata Tory, mi recai verso l'uscita. Respirai l'aria fresca a pieni polmoni e allo stesso tempo mi avvolsi intorno alla stoffa calda del mio maglione. Come sempre, in quei momenti, speravo solo che l'estate arrivasse in fretta con le sue giornata più lingue e le temperature decisamente più alte.

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