Capitolo 37.

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Un ronzio fastidioso mi fece svegliare e quando scoprii da dove proveniva, sorrisi.
Durante il sonno ci eravamo sdraiati e metà del mio corpo sovrastava il suo a cui ero ancorata grazie alla presa delle sue braccia che mi avvolgevano la schiena.
Data la posizione strana e scomoda per giunta, tenevo la testa appoggiata alla sua spalla e la sua bocca era distante solo qualche centimetro dal mio orecchio.
Il suo respiro regolare mi solleticava il lobo provocando quel ronzio che aveva causato il mio risveglio.

Non lo svegliai ma rimasi a guardare il suo viso rilassato e le sue labbra leggermente schiuse e ancora rosse per la serata trascorsa. I capelli arruffati e disordinati gli ricadevano sulla fronte, ad eccezione di qualche ciuffo ribelle che rimaneva drizzato. Ricordava tanto la cresta di un gallo.

Cercai di divincolarmi dalla presa, con scarsi risultati, in quanto a causa del mio movimento, Jonathan inconsapevolmente aumentò la presa intorno al mio corpo, tenendomi appiccicata al suo.
«Jonathan» provai.
Sbuffai «Jonh su avanti, tra poco arriverà Clara e-» ad interrompermi furono i suoi versi gutturali.
«Su svegliati, non fare il bambino» improvvisamente aprì gli occhi e capovolse la nostra posizione.
«Chi è il bambino?» si offese.
Cercai di liberarmi dalla sua presa provando a farlo cadere dal divano. «Mi avvalgo della facoltà di non rispondere»
Ghignò divertito ed iniziò a pizzicarmi il fianco facendomi venire da ridere. Tentai di soffocare una risata per non dargliela vinta.
Sorrise beffardo «So che stai soffrendo» negai non riuscendo a parlare «Allora posso continuare» fece più pressione sul mio fianco e a quel punto scoppiai.
«Smettila» urlai tra le risate tentando di togliermelo di dosso. Gli afferrai un calcio sulla coscia e questo lo fece indietreggiare.
In seguito mi catapultai sul suo corpo spingendolo fuori dal divano e in poco tempo, si ritrovò con il culo sul pavimento.
«La regina del divano» proclamai puntando i piedi sui cuscini. «Ti sei fatto sconfiggere da una ragazza?»
Aprì la bocca per protestare, quando il suo cellulare squillò.
Mi sedetti composta sul divano con le gambe incrociate, mentre Jonathan scomparve in cucina per rispondere al telefono. Anche se le due stanze si trovavano attaccate, mi fu impossibile capire di cosa stesse parlando poiché si udivano solo bisbigli incomprensibili.
Pochi secondi dopo torno nel salotto e, senza incrociare i miei occhi, iniziò a prendere le sue cose.
«Che succede?» era visibilmente teso ed io morivo dalla curiosità di sapere chi lo avesse chiamato poco prima.
«Devo risolvere un problema» si infilò il suo giaccone nero, lasciò scivolare il suo cellulare all'interno della tasca e poi uscì, senza salutarmi, senza darmi una minima spiegazione. Era successo tutto così velocemente che mi era difficile capire cosa era appena successo.
Aveva cambiato umore nel giro di un paio di secondi e dallo sguardo, mi sembrò di rivedere il ragazzo di qualche mese fa.

Decisi di non pensarsi e di prepararmi invece per l'arrivo di Clara. Feci una veloce doccia e indossai dei leggins neri leggermente sbiaditi e una felpa bianca. Ordinai il salotto, pulendo il tavolo da alcune macchie di pomodoro e riponendo i cuscini sul divano al centro della stanza.

Il cellulare trillò segnandomi l'arrivo di un nuovo messaggio.
Da Clara:
"Sarò a casa per le dieci, ho con me le mie armi da perdono"

Mancava poco più di mezz'ora all'ora indicata da Clara e di conseguenza al suo arrivo e alla mia colazione.
Usai quel tempo per chiamare mio padre Kelly che volevamo sentirmi ogni giorno per il resto della loro assenza.
Dall'altra parte si sentivano diversi rumori e poi la voce di Kelly più sprizzante che mai «Mark, caro, ti avevo detto che dovevamo spostare quel tavolo e non quello della cucina» immaginai la faccia di mio padre che, dopo tutto il lavoro appena compiuto, l'avrebbe dovuto spostare nuovamente. «Pronto, Abby?»
«Buongiorno, come va la vacanza?»
«Alla grande, stiamo ancora sistemando e pulendo la casa, quest'anno ci sono molte più faccende da fare. Il lavandino del bagno perde, il camino è da ripulire, per non parlare della polvere che c'è ovunque» fu strano, come in quel momento, riuscii ad immaginarmi Kelly, gesticolare con le mani, mentre supervisionava mio padre all'opera. Con il passare degli anni, avevo iniziato a conoscerla e anche molto bene.
Fui risvegliata dalla voce di Kelly dall'altro capo del cellulare e i le immagini svanirono come una nuvola di fumo.

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