Camminava con passo lento verso qualche destinazione dandomi l'impressione che neanche lui sapesse dove andare. Però continuai a seguirlo senza troppe domande con la mano legata alla sua.
Se non fosse stato per qualche macchina di passaggio non si sarebbe sentito alcun rumore al di fuori dello scricchiolare delle foglie ad ogni nostro passo.
«Non sopporto più questa situazione ti avverto» ruppi il silenzio.
«Allora inizia un discorso»
«E cosa dovrei dirti?» gli chiesi piantando i piedi al suolo costringendolo a fermare.
«Sorprendimi» sussurrò aggrottando le sopracciglia.Mi aveva appena dato la possibilità di chiedergli qualunque cosa?
«Allora...domanda numero uno: dove stiamo andando?» iniziai mentre ripresi a camminare.
«Pensavo che fossi più furba. Non ti ricordi minimamente di questa strada?» mi guardai intorno cercando di captare qualche segno che mi facesse ricordare qualcosa. Ma non c'era nient'altro di case, case su case che si susseguivano ai lati della strada.
«Emh...no»
«Allora dovrai aspettare ancora un po'»Ancora una volta rimanemmo in silenzio ed io stavo iniziando a provare un leggero imbarazzo. Camminavamo uno al fianco dell'altro con la testa china. O meglio io continuavo a tenere lo sguardo in basso per non incontrare il suo limitandomi ad osservare i nostri passi che proseguivano allo stesso ritmo.
«Hai già finito con le domande?» essendo soprappensiero, sussultai cosa che lui percepì.
«Perché sei così tesa?»
«B-beh...io non lo son... non saprei» balbettai. Fantastico. Strizzai gli occhi preparandomi a subire una delle sue patetiche battute.
«Non pensavo che ti facessi questo effetto» disse vicino al mio orecchio.
«Quale effetto?» arrossii e lui si mise a ridere visibilmente soddisfatto.Non sapevo quanto tempo fosse passato dal nostro allontanamento e non avere alcun strumento per scoprirlo mi metteva ancora più ansia. I nostri cellulari erano rimasti nella veranda e nessuno dei due possedeva un orologio. In altre situazioni non avrei gradito questo "vivere la vita ad ogni secondo", per me che ero una ragazza super organizzata. Ma lui aveva questo strano potere di riuscire a trasformare le cose più noiose in vere e proprie avventure.
«Conosco questo posto» pensai ad alta voce.
«Hai fin-» Jonathan smise di parlare non appena una seconda voce maschile riecheggiò per la strada.
«Adesso andiamo a divertirci e poi vedremo come andrà a finire» disse. Nel frattempo Jonathan mi tirò per un braccio dietro una siepe in modo da non farci vedere dai due ragazzi.
«No non può essere» risi amaramente alternando lo sguardo tra i due elementi distanti e Jonthan che aveva assunto un'espressione di completa meraviglia.
«Faremo tardi se non ti muovi» disse la ragazza affrettandosi a raggiungere l'auto.
«Jason apri questa portiera» fece come richiesto e pochi secondi dopo partirono.«Tu» feci rivolgendomi a Jonathan spintonandolo di poco vista la notevole differenza sia di forza che di statura.
«Tu lo sapevi. Mi odi così tanto da mostrarmi quanto sono stupida...una ragazzina infantile e convinta che esistano le storie da fiaba.» ironizzai assumendo un tono di voce più basso per imitarlo.
«Abby»
«Però hai ragione perché dopo tutto quello che mi ha fatto io non riesco ancora a superarlo. Ora sarai soddisfatto di sapere che è tutto come avevi detto tu. Cerco di essere la dura della situazione quando invece sono solo una bambina piagnuco-»
«Abby» assunse un tono autoritario e quasi preoccupato dalla mia reazione. Mi bloccò il viso con le mani e mi guardava negli occhi senza dire una parola. Solo in quel momento mi accorsi di star respirando affannosamente, forse per la rabbia o forse per il troppo farneticare senza concedermi un attimo di respiro.«Calmati. Ti assicuro che non ne sapevo nulla e inoltre...» sospirò spostando le sue mani dietro la nuca in modo tale da non permettermi di abbassare lo sguardo.
«Quelle cose non le pensò veramente»
Provai a dire qualcosa anche una semplice sillaba sarebbe stata sufficiente ma la confusione di emozioni mi impediva di spiccicare qualche parola.
Mi vergognavo per come avevo reagito e per avergli fatto scoprire quel lato di me che solo Kelly aveva avuto modo di conoscere.
Ero così arrabbiata per la situazione in se che, essendo così carica di tensione, ero finita per esplodere.
Ero sorpresa, dal comportamento di Jonathan che si stava rivelando sempre più comprensibile.
Ero stanca sia fisicamente che mentalmente perché quell'incontro fu come un fulmine a ciel sereno che mi aveva colta alla sprovvista ed improvvisamente sentivo un peso irremovibile sulle mie spalle.«A volte mi ritrovo anche io a giocare la carta del duro. Dello stronzo, come mi definisci tu stessa.» iniziò aspettando un mio qualche segnale per avere il permesso di continuare.
«Anche se mi costa molto ammetterlo, hai ragione a definirmi come tale perché lo sono e lo sono sempre stato con tutti...anche con mia madre»Posò lo sguardo su una panchina poco distante da noi e senza mai lasciarmi mi condusse su essa visto che le mie gambe avevamo deciso improvvisamente di non collaborare.
«Subito dopo aver iniziato la scuola superiore si presentarono i primi problemi. Non che prima non li avessi, ma diciamo che questi andavano ben oltre a una scazzottata e in centrale mi conoscevano sempre meglio»
«Problemi con la legge?» chiesi anche se la risposta fosse più che ovvia.
«Detto da te risulta anche peggio di un'omicidio. Comunque...si, furono le prime volte che mi beccarono con qualche tipo di sostanza nelle tasche» sospirò.
«Mia madre trovandosi da sola a mantenere due bambini e a pagare gli studi, la casa e le spese, fu costretta a portar avanti più lavori rischiando di non tornare a casa neanche per cena. Non avevo nessun punto di riferimento e mi sono perso scegliendo la strada che sembrava all'apparenza più semplice ma che in realtà mi ha portato solo numerosi problemi.»
«Ma Joelin non ne ha alcuna colpa» lo interruppi.
«Con il tempo l'ho capito ma inizialmente non la consideravo neanche come una madre vista la sua assenza. Pensavo di sapere tutto e di essere forte abbastanza per affrontare la mia vita quando in realtà non sapevo cosa stessi facendo o il perché l'assenza di mia madre. Le davo solo la colpa per tutto»
«Ma poi le cose sono cambiate. Tu sei cambiato e lo hai capito da solo questo è l'importante»
«Si forse hai ragione» disse sorridendomi.
«Tu invece?» aggiunse.
«Anche io ho rischiato di perdermi ma fortunatamente Kayl ha sempre cercato di indirizzarmi per quanto possibile verso la direzione più corretta.» gli spiegai.
«Mia madre se ne era andata e mio padre aveva perso il senno, se non ci fosse stato Kayl forse io non sarei qui» una lacrima sfuggì al mio controllo e mi maledii per non essere stata in grado di trattenerla.«Perché me ne hai parlato?» gli chiesi rivolgendo la piena attenzione ai suoi occhi grigi che risaltavano alla luce del lampione sopra le nostre teste.
«Non lo so»
«È la prima volta che ne parli con qualcuno?»
«Si» rispose secco «Ed è questa la cosa che mi sorprende»
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I Need You. /#Wattys2017/
Fiksi Remaja"Cambiare vita" era quello il desiderio più grande di Abby Taylor. Una semplice ragazza che fu costretta a crescere velocemente pur di sopravvivere alla strana piega che aveva preso la sua vita. Amore, Gioia, Rabbia, Delusione, Invidia... Tutte em...