L'esame

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Quando finalmente la valigia fu pronta, diedi un'occhiata in giro alla mia casa vuota ed il senso di tristezza mi pervase. Avevo trascorso lì gli ultimi 18 anni della mia vita fatta di menzogne, mi immaginai in cucina a preparare la glassa per i miei dolci preferiti o a rincorrere Coco in giro per il soggiorno. Mio padre veniva a svegliarmi ogni mattina con un tono di voce pacato per rendere il mio risveglio meno traumatico ed in cucina la macchina del caffè messa sul fuoco da mia madre inondava la casa di un'aroma piacevole e confortante. E poi c'era quel divano rosso maestoso, il divano dei litigi per accaparrarsi il posto migliore, quello più vicino al camino, il divano su cui ho trascorso le serate migliori con i miei romanzi preferiti, il divano sul quale mia madre ha tentato il suicidio. Lasciai cadere la mia valigia a terra e in un ultimo moto di disperazione gettai tutti i farmaci che avevamo in casa nel water e nascosi forbici e coltelli taglienti. Mia madre non era una pazza, ma era disperata. Tutte le mie speranze ricadevano sul buon senso di Martina e i miei piedi faticavano a muoversi anche quando il tassista bussò al citofono. Devo trovare mio padre, ripetei a me stessa, e convincerlo a tornare. Questo è adesso il mio compito, non servo a nessuno qui. Trascinai il trolley per le scale e lasciai le chiavi di riserva alla nostra vicina, che mi guardò come si guarda una povera orfanella in viaggio. <<Mia madre sta bene>> Le dissi per ricordarlo a me stessa. <<Tornerà presto a casa.>> La vicina mi sorrise ed un signore grande e grosso mi aiutò a caricare la valigia in auto. 

Arrivai all'aeroporto appena in tempo, al gate non c'era più nessuno in fila e l'aereo sarebbe partito in 20 minuti. Feci i controlli di rito sperando che non ci fossero altri contrattempi e alla fine riuscii a raggiungere il mio posto appena in tempo, per fortuna ero seduta tra le prime file e accanto a me non c'era nessuno. Appoggiai la testa al finestrino e chiusi gli occhi, potendomi almeno permettere di abbassare la guardia e rilassarmi per ben due ore circa. Il collo iniziava a farmi male, avendo dormito con il capo pendente all'indietro e mi voltai alla ricerca di una posizione migliore. Trovai accanto a me qualcosa di soffice su cui appoggiare la testa e mi abbandonai tra le braccia di Morfeo. 

<<Credevo di aver capito che non saresti partita>> Sbattei le ciglia e impiegai qualche secondo a mettere a fuoco il volto di Simone. Cercai i miei occhiali, doveva avermeli tolti mentre dormivo. <<Cerchi questi?>> Li afferrai, accorgendomi del gigno sul suo volto. <<Ma forse devo essermi sbagliato, forse quella ragazza in ospedale era qualcuna che ti assomigliava molto oppure sei tu a non essere lei>> Continuò con quella cantilena dal retrogusto di ramanzina. <<Simone piantala, io sono io e ho cambiato idea, va bene?>> Tentavo ancora di riaddormentarmi, appoggiando la fronte sul sedile anteriore e le mani sotto al mento. <<Non hai cambiato idea, ti sei soltanto resa conto che ti sarei mancato troppo, ammettilo!>> Mi pizzicò la guancia ed io sbuffai di rimando, arrendendomi al fatto che non ci dovesse essere su quell'aereo un posto migliore per dormire, al di fuori della spalla di quello stupido che mi stava tormentando. <<Sarebbe stato più sensato restare lì e non farmene già pentire!>> <<Puoi appoggiarti a me, hai già dormito un'ora sulla mia spalla>> Non mi ero resa conto che quella cosa soffice era lui. <<Davvero?>> <<Certo, ho ancora la tua bava sulla maglietta!>> Rise di gusto, tanto da non accorgersi che proprio in quel momento l'hostess gli stava offrendo qualcosa da bere, guardandolo con imbarazzo. Gli diedi un colpo con la spalla e lui si girò, notando la presenza di quella bella sconosciuta. Le chiese una coca e le fece l'occhiolino, la ragazza si allontanò imbarazzata, dimenticandosi di porgermi la mia bevanda. <<Bene, adesso cosa bevo io?>> fece un lungo sorso, alla fine del quale mi porse la sua lattina. <<Scherzi? Io non bevo la saliva degli altri!>> Nonostante l'orribile sete, dovuta probabilmente al fatto che avevo dormito con la bocca aperta(come mi aveva fatto notare galantemente Simone), non avevo intenzione di bere in quell'intruglio di cola e saliva. Eppure se immaginavo di baciarlo, la sua saliva mi faceva un'altro effetto. Scossi la testa e mi rimproverai per quel pensiero. <<Allora arrangiati, principessa.>> Fece lui, bevendone un altro sorso e rimanendo per un pò con le guance piene della bevanda, che mandò giù a poco a poco. << E va bene, potresti darmela? Ho troppa sete per rifiutare>> <<E secondo te adesso meriti che io te la dia?>> Cercai la mia espressione più innocente possibile e glielo chiesi per favore. Bere quella coca mi ricordò di aver morso lo stesso tappo della penna che aveva morso lui e poi il nostro breve e intenso bacio. Ultimamente mi ero quasi dimenticata di averlo fatto, dopo tutto quello che era successo. Mi imbarazzai e nascosi la mia faccia nel suo petto. Non ero mai stata così fisica con un ragazzo, di solito evitavo del tutto il contatto sia visivo che fisico, ma con lui non ci riuscivo. Mi veniva naturale toccarlo, anzi più lo toccavo e più volevo continuare a farlo. Mi accarezzò i capelli. <<Martina mi ha convinto a partire, lei crede che mio padre mi cercherà. La cosa mi sembra molto strana perché sarebbe più normale aspettarsi che lo faccia nella nostra città e non a Bonn. Ma non so per quale motivo lei crede che lo farà qui ed io non so cosa aspettarmi. Non so se voglio che mi trovi.>> <<Se sei su questo aereo vuol dire che lo vuoi>> Disse, continuando a massaggiarmi dolcemente la nuca. Se qualche anno fa qualcuno mi avesse detto che mi sarei interessata a un tipo come Simone lo avrei deriso, eppure ero lì tra le sue braccia e mi sentivo protetta. Lui dal suo canto non faceva nulla per manifestare un interesse sincero nei mie confronti ed io non ero ancora sicura di quelle che potessi provare per lui e avevo paura di poter rovinare tutto. Forse questa volta la nostra amicizia poteva funzionare senza troppe complicazioni, forse lo volevo solo perché lo voleva Martina. Alzai lo sguardo verso il suo viso ed incrociai i suoi occhi luminosi. Mi sorrise e pensai che non ero lì solamente per mio padre. Ero lì perché volevo esserci. 

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