L'altra faccia del tradimento

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Corsi via piangendo, non sapevo dove andare. All'uscita Fabio mi vide, vide il mio sguardo spaventato, il mascara colato sulle guance, la mia espressione vuota. Pagò un taxi e mi accompagnò in camera. <<Non voglio che Federica mi veda.>> <<Resta da me.>> Mi propose lui. Mi avvolse in un plaid  e preparò una cioccolata calda per entrambi. << Mi dici cosa ti è successo?>> Si pulì le labbra con il pollice. <<Ho  quasi baciato Simone.>> Posò la tazza sul comodino e senza girarci tanto intorno mi chiese il motivo. <<Credo che mi piaccia. Non era chiaro?>> << No, tesoro. Tu lo tratti di merda!>> Quell'affermazione mi fece tornare il sorriso. <<Comunque volevo sapere perché l'hai quasi baciato.>> << Non lo so cosa mi è preso. Gli ho detto che lo avrei fatto per vendetta e a pensarci bene, sarebbe proprio una cosa da me. Invece sono solo una stupida, Ho appoggiato le mia labbra alle sue e poi le ho tolte quasi subito. Volevo farlo, lo volevo, ma lui mi aveva appena detto che Martina per lui era importante.>> Mi fissai le unghie delle mani, trattenendo l'imbarazzo.<<Hai fatto quello che ti sentivi di fare, ma a volte è bello cedere all'istinto, Rebecca.>> Era così bello non sentirmi giudicata da lui! Mi giudicavo abbastanza duramente già da sola. << È inutile che io ci provi, alla fine vince sempre lei.>> Ripresi a piangere e me ne vergognai. << Se l'avesse amata non l'avrebbe tradita e soprattutto non avrebbe baciato te.>> Gli sorrisi, gli ero davvero grata. <<Quasi baciata. Ma cambiamo discorso, come procede la storia con il tuo coinquilino?>>

In quel momento bussarono alla porta, doveva essere Miguel. Il mio amico andò ad aprire a torso nudo e si trovò un Simone furioso ad un palmo dal naso. <<Lei dov'è?>> Fabio si fece di lato aprendogli la visuale. Io avevo ancora la bocca sporca di cioccolato e rimasi aggomitolata sul letto. <<Sei venuta in camera sua?Dopo aver baciato me, sei venuta qui con lui?>> <<Cosa avrei dovuto fare?>> Ero praticamente incollata alla parete. <<Chiama Martina!>> Si sedette sul letto e mi porse il suo telefono. << Cosa?>> <<Non vuoi avere la soddisfazione di raccontarle quello che è successo?>> Insistette lui. <<No, per niente. Quello che ho fatto è stato un errore e non c'è bisogno che lei lo sappia!>> Mi alzai in piedi, questa volta in preda alla rabbia. << Che vendetta è se lei non lo sa?>> Non risposi, non sapendo cosa potessi ribattere. Non c'era una spiegazione logica. Uscii dalla stanza e mi chiusi a chiave nella mia. Mi sentivo terribilmente sola. I miei genitori non sembravano preoccuparsi per me e io e Martina ci facevamo la guerra da anni. Non avevo una famiglia, un posto dove andare. Certo, sarei potuta rimanere in quel campus per tre anni e poi? Cosa ne avrei fatto della mia vita? Credevo di essere innamorata di Michele, ma l'ho dimenticato troppo facilmente. Baciarlo non mi ha dato le stesse emozioni del bacio a stampo con Simone.

Ho veramente baciato il ragazzo di mia sorella? Sono scesa davvero così in basso? E per cosa? Questo mi ripagherà del tempo che ho perso chiusa in casa, sentendomi inadeguata? Mi risarcirà delle prese in giro subite a causa del mio peso, della mia scarsa autostima e delle false notizie che Martina diffondeva sul mio conto? Tutto quello che sapevo era soltanto che non l'avevo fatto per lei, ma per me. L'avevo baciato perché lo volevo e dovevo accettare il fatto che lui non era mio. Una situazione che avevo già vissuto, evidentemente mi piaceva essere la seconda. Federica irruppe nella stanza barcollando, appena mi vide si fermò per un istante e poi riprese a camminare. <<Hai davvero baciato Simone o l'ho sognato?>> Cavolo, se ne erano accorti tutti. << Che differenza fa, domani non ricorderai niente!>> Rise ed io la spinsi sul letto. Conversammo per un pò insieme, prima di cadere in un sonno profondo.

La mattina seguente per un attimo ebbi l'illusione di aver sognato tutto, bastò incrociare lo sguardo accigliato di Simone in ascensore per ritornare alla realtà. Maria urtò la mia spalla entrando nell'aula e non mi salutò. Quello che lei pensasse di me era l'ultimo dei miei problemi. Non ero brava a farmi degli amici, nemmeno se mia sorella non era in giro a screditarmi. Le avevo sempre dato la colpa della mia reputazione, senza aver mai pensato di aver in parte contribuito ad essa. Non ero estroversa, non mi piacevano i rapporti di circostanza e le finte carinerie. Non ero diplomatica, avevo l'obbligo morale di dover dire sempre la verità. Ma a Simone l'avevo detta? Durante la lezione non mi rivolse la parola. Mi aiutò ad incollare il cartellone alla parete senza incrociare il mio sguardo e a mensa non lo vidi. Che fine aveva fatto? Andai a cercarlo in palestra e lo vidi appeso a delle travi con le braccia. Si portava le gambe al petto e poi le allontanava lentamente, ripetendo l'esercizio più volte. Restai fermo a guardarlo con le braccia conserte. Una ragazza gli sorrise e lui le guardò il sedere. Non avrei dovuto parlarci, non più. Con un salto toccò di nuovo il pavimento. << Devo parlarti.>> Contraddissi i miei pensieri nel giro di tre secondi <<Peccato, io no.>>Fece secco lui. Prese un dei pesi e iniziò a piegare le braccia, guardando un punto fisso nella parete. << Ti aspetto nella tua camera.>> Urlai per farmi sentire e andai via, camminando a passo svelto e deciso.

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