Dodici chiamate perse nel giro di quattro giorni, una media di tre chiamate al giorno e, di conseguenza, di tre messaggi in segreteria:
Messaggio numero uno: Vorrei parlarti. So che non vuoi rivolgermi la parola, ma devo davvero parlarti, quindi... se puoi, rispondi alle mie chiamate, così ci organizziamo per vederci da qualche parte.
Messaggio numero due: Ehm... ciao. Ho pensato che forse non avevi ricevuto il mio primo messaggio, anche se mi sembra un po' improbabile, ma ecco... Ci provo. Avrei bisogno di parlarti, per favore rispondi alle mie chiamate. Non ti ruberò molto tempo.
Messaggio numero tre: Ti costa tanto prendere questo stramaledetto telefono e rispondermi anche un solo "fottiti, non ti voglio parlare"? Almeno saprei che sei viva e che mi ignori volutamente, invece di preoccuparmi così!
Messaggio numero quattro: Ally... Lo so che ascolti i miei messaggi e che non mi rispondi di proposito... Manda anche un solo messaggio, non devi richiamarmi per forza se non ti va di sentire la mia voce, mi accontento...
Messaggio numero cinque: Buongiorno, Nana. Spero di averti svegliato, almeno ti farei un dispetto esattamente come tu ne stai facendo uno a me evitando di rispondermi. E non mi interessa di essere ingiusta, non stavolta. Ti ho chiesto soltanto due chiacchiere e me le stai negando neanche ti avessi chiesto di passeggiare nuda al centro del CountMetral Park! Non sai nemmeno cos'ho da dirti e a prescindere mi spingi fuori dalla tua vita. Concedimi almeno di scambiare due parole e poi potrai mandarmi a fanculo per sempre, se vorrai.
Messaggio numero sei: Sei a scuola? Posso venire anche a scuola, se ti va... All'ora di pranzo sarei libera.
Messaggio numero sette: Non ti ho trovata all'ora di pranzo... Ho chiesto di Eric, il ragazzo di cui mi parlavi, e ne ho trovati quindici in tutto l'istituto, ma solo uno ha detto di conoscerti. Mi ha riferito che sei scappata via dopo la quarta ora e che ti sei fatta fare un permesso perché non ti sentivi bene. Spero che tu non stia male... tra le due, spero che ti sia fatta fare il permesso solo per evitare di incontrarmi.
Messaggio numero otto: Non... non so quanto ho bevuto stasera... Vedo una bottiglia di Vodka quasi del tutto vuota accanto a me sul letto, ma non ho idea di quanti bicchieri abbia mandato giù... E non vedo nemmeno la marca della bottiglia sull'etichetta... Mi gira la testa... Credo che vomiterò, ma non è lo stesso senza qualcuno che si prende cura di te...
Messaggio numero nove: Ti ho persa per sempre, vero...?
Messaggio numero dieci: Vengo a casa tua se vuoi, possiamo vederci dove dici tu, al mare, al bar, al parco, nella tua scuola, in discoteca, in università, a casa mia, a casa tua, dove vuoi... Ma ti prego, lascia che ti spieghi...
Messaggio numero undici: Vaffanculo, cazzo, vaffanculo! Sono soltanto un'idiota, ti sto dietro continuando a mandarti questi insulsi messaggi solo per farmi ignorare, e tu non hai nemmeno idea di tutto quello che ho passato! Non mi lasci spiegare, ti comporti come se io ti abbia fatto soffrire chissà quante volte! Lasciami spiegare invece di spingermi a calci in culo fuori dal tuo mondo!
Messaggio numero dodici: Mi manchi, cazzo...
Ogni volta che lo schermo del mio cellulare si era illuminato ero stata quasi sul punto di afferrarlo, pigiare il tasto verde sullo schermo e risponderle, ma alla fine la paura e l'orgoglio mi avevano frenata.
Per quattro giorni interi mi ero sentita così in collera, arrabbiata, triste, nervosa, agitata e sensibile alla qualsiasi cosa da avere mal di stomaco in continuazione e da non riuscire a stare attenta a nemmeno una lezione del mio orario scolastico. Come se i professori avessero un radar speciale per chi non sta bene e non ha la forza né la concentrazione necessaria per studiare, poi, tutti e quattro i giorni fui chiamata alla lavagna per eseguire diversi esercizi e il massimo voto che riuscii a conseguire fu sei e mezzo.
Il mio umore peggiorò in vista di un abbassamento della media e questa consapevolezza si unì a tutte le altre emozioni negative provate in precedenza, creando dentro di me una forma di crisi nervosa che collimò in un pianto isterico, durato una notte intera e due ore del mattino precedente.
La verità è che stavo realmente esagerando: per qualche strano motivo mi sentivo ferita, ma non ne capivo realmente la ragione e ciò mi portava a pensare che fossi una stupida sentimentalista del cavolo che non sapeva scindere un'amicizia da qualcosa di più forte, così come non sapeva classificare i propri sentimenti.
Ma nonostante tutto eccomi lì, blindata in camera mia, sdraiata sotto le coperte fino ad averle sopra la testa, il telefonino in mano e il suo ultimo messaggio che risuonava nelle mie orecchie attraverso le cuffiette: mi manchi, cazzo... mi manchi, cazzo...
Perché dovevo darle la possibilità di vederci? Cosa doveva spiegarmi di tanto importante? Era andata a letto con una ragazza, si era divertita, e quindi? Non aveva nessun obbligo verso di me, non stavamo insieme... Eppure il mio stupido cuore e la mia stupida mente si erano affezionati a lei, cominciandola a considerare una sorta di piccola proprietà privata su cui nessun altro poteva mettere le mani, e scoprire così da una come Scarlett che in realtà aveva avuto un rapporto sessuale con qualcun altro che non rientrasse nel "gioco" della nostra piccola bolla privata mi aveva ferito.
Ma forse la colpa era stata la mia. Avevo chiuso me e lei in mondo di cui eravamo le uniche protagoniste senza considerare che Mya in realtà non intratteneva nessuna relazione personale con me e che avrebbe potuto andarsene da un momento all'altro.
Ma nonostante tutto, cosa doveva dirmi di così urgente? Voleva raccontarmi i dettagli più piccanti? Non mi interessavano affatto.
Mi sentivo una stupida per aver creduto che potesse starsene buona e cara solo perché aveva a che fare con me, e mi sentivo ancora più stupida per averla considerata come di mia proprietà nonostante non fossimo nulla e tra di noi non incorresse nessun tipo di relazione, stabile o meno. In sintesi, ero stata una gran cogliona perché mi ero lasciata ferire, perché non avevo tenuto gli occhi aperti, perché avevo abbassato la guardia e perché le avevo permesso di entrarmi nel cuore... Ma allo stesso tempo, sebbene pensassi fosse colpa mia, mi sentivo tradita da lei perché l'avevo accudita, curata, coccolata, accompagnata fino alla porta di casa per assicurarmi che stesse bene e l'attimo dopo lei si era infilata tra le gambe di qualcun altro come se non fosse successo nulla durante le ultime dodici ore.
Doveva essersi sentita in gran forma, per riprendere la sua vita sessuale con così tanta fretta.
Ma poi, cosa mi importava? In fondo tutto quello che le avevo chiesto era di aiutarmi a capire me stessa, ciò non implicava che diventasse una figura importante per me, no?
Perché era sbagliato oltretutto, giusto?
Perché era una donna...
Che ipocrisia del cazzo, e che gran confusione. Stavo per rimettere in discussione tutto ciò che ero riuscita a conquistare un passo alla volta, rischiando di perderlo definitivamente.
Mi strappai le cuffie dalle orecchie ed emersi dal mio stato comatoso, sgusciando fuori dalle coperte e fissando un punto del soffitto: era giusto darle questa possibilità? Semmai avesse detto qualcosa che non volevo sentirmi dire avrei sempre potuto girare i tacchi ed andarmene, no? Cos'avevo da perdere, oltre qualche altra ora di sonno?
Afferrai il telefono ed osservai indecisa lo schermo: erano passati quattro giorni, quattro giorni in cui ero completamente scomparsa dalla sua vita, quattro giorni in cui aveva dato di matto cercando di mettersi in contatto con me senza alcun risultato... forse, dopo questa punizione, potevo concederle di vederci per parlare? Al massimo sarei andata via senza dirle nemmeno il perché e il dove.
Pigiai sulla casellina dei messaggi, ancora con titubanza, poi cominciai a battere qualche parola, sperando di trovare quelle giuste:
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Give me your hands and save me
RomanceAlly era un uccellino chiuso in gabbia che sbatteva le ali frenetico, smanioso di uscir fuori e godersi i raggi del sole e l'aria fresca sulle piume. Avrebbe tanto voluto possedere le chiavi della sua gabbia, ma nessuno, tranne sua madre, le aveva i...