Cap 10: Kiss (Mya's Pov)

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Quella stanza profumava di colonia per bimbi, ammorbidente, e di tutte quelle cose che ti riportano indietro nel tempo a quando non conoscevi ancora la differenza tra l'essere maschio o femmina e il tuo unico obiettivo era quello di creare la forma di plastilina più bella e originale di tutti.
Le tende viola e decorate da piccole paillettes svolazzavano, toccando appena il pavimento, rinfrescando l'aria della stanza; ai lati del letto albergavano due comodini in legno ciliegio sui quali erano posati vari oggetti, quali braccialetti di perline, una sveglia, il suo portafoglio, la bretella di un reggiseno, una spilla... Di fronte a me, invece, riuscivo a scorgere nella penombra delle mensole ormai vuote, dal momento che tutti i pupazzi che avrebbero dovuto starci sopra erano a terra e agli angoli della camera, e un grosso armadio in legno chiaro.
Le pareti erano tutte lilla tranne quella alle mie spalle, quasi viola: pensai che, a quanto pareva, la sua insicurezza non riguardava solo determinate cose, ma ogni aspetto della sua vita, anche quello che all'apparenza può sembrare più banale.
Mi voltai su un fianco, chiudendo gli occhi e respirando il suo odore tra i cuscini. Mi sentivo così stanca e assonnata, nei giorni precedenti non ero riuscita a chiudere occhio per paura che Ally mi rispondesse alle chiamate o ai messaggi e che io non la sentissi in tempo, e dopo tutta la lite di quel pomeriggio di certo non mi sentivo meglio.
Ma quando ero uscita dalla porta di camera sua, sorpresa e anche delusa, una sensazione strana - che solo dopo svariate ore riconobbi come gelosia - mi aveva pervaso il petto. Da troppo tempo non avvertivo una cosa simile, e riprovarla sulla mia pelle dopo tutto ciò che avevo dovuto attraversare in quei mesi mi sembrò quasi impossibile.
Invece eccola lì, la gelosia: che starà facendo? Staranno chiacchierando? Lei starà ridendo? Starà bene? E se le fa del male? E se la bacia? E se l'abbraccia? Se la persuade a diventare la sua ragazza? Se lei accetta solo per farmi un dispetto? Se non torna a casa? Se lui la porta a casa sua? Lui che tipo è? E' timido o estroverso? Prende l'iniziativa o non ne è capace? Le piace? Le piace il suo odore? Lo desidera?
Mille domande mi avevano offuscato il cervello, finché, seduta sul sedile anteriore di uno dei bus che portavano fino a casa mia, non avevo volontariamente evitato di prenotare la fermata e avevo lasciato che il bus ricominciasse il suo giro e mi riportasse di fronte al portone di casa sua.
Dovevo sapere, ma soprattutto dovevo continuare la mia discussione con lei. Non poteva finire così, non poteva sostituirmi con altri individui o relegarmi agli angoli quanto c'eravamo aperte l'una nei confronti dell'altra.
E io non potevo davvero permettermi di perdere l'unica persona con la quale, dopo sei mesi d'agonia, fossi riuscita a confidarmi e ad essere me stessa, senza maschere né filtri, nella più totale sincerità. Non potevo permettermi di perdere una cosa che all'apparenza poteva risultare infinitamente piccola, ma che, dentro di me, stava prendendo sempre più spazio fino a diventare indispensabile.

Un rumore improvviso di ruote sul selciato mi ridestò, facendomi drizzare le orecchie: aprii leggermente gli occhi e trattenni il fiato, in completa apnea, ipotizzando che fosse ritornata.
I rumori successivi furono indecifrabili, troppo bassi per essere uditi in maniera limpida da quel lato della casa, poi la porta d'entrata si aprì velocemente e si richiuse con altrettanta rapidità, e i suoi piedi batterono veloci sulle aste in legno della scala principale fino ad arrivare di fronte alla porta di camera sua.
Avrei voluto avere l'ipocrisia di negarlo a me stessa, ma non ci riuscii: il battito del mio cuore diventò irregolare ed improvvisamente non mi sentii più affatto tranquilla.
Aprì la porta ed io la guardai dal mio angolino al buio, sotto le coperte del suo letto già sfatto, nascosta dalle lenzuola e dai cuscini.
Scivolò sul pavimento e si artigliò letteralmente le spalle, alla ricerca di un punto debole per strapparsi via la camicia di dosso; quando riuscii a sfilarla completamente, facendo saltare qualche bottone, scalciò nella penombra fino ad eliminare jeans e scarpe, poi armeggiò coi suoi capelli ed infine si gettò sul letto, quasi del tutto nuda ed esausta.
Deglutii, sentendomi profondamente agitata. Avevo il cuore in subbuglio e lo stomaco sottosopra, ce l'avevo a pochi centimetri di distanza e tutto ciò che volevo fare era... baciarla.

Give me your hands and save meDove le storie prendono vita. Scoprilo ora