Chapter 10

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Rimasi come bloccata, le orecchie ancora mi fischiavano e i miei muscoli erano immobili, non riuscivo a muoverli. In quell'istante nemmeno il mio cervello riusciva più a ragionare: solo un vuoto.

Vidi quella scena e la ripetei più e più volte nella mia mente in quei pochi secondi che mi erano rimasti, prima di tornare alla realtà.

Mia sorella era caduta a terra, urlante di dolore si teneva la gola per non fare uscire più sangue. Mi girai a guardare quello che era il mio vero padre e vidi la pistola ancora salda nelle sue mani.

«Che hai fatto?» Borbottai.

«Ho messo fine alle sofferenze di tutti.» Rispose chiudendo gli occhi.

Paulo, che si era slegato, era corso verso di me e mi aveva abbracciato talmente tanto forte da rompermi le costole, ma che mi importava? Era stato uno degli abbracci più belli che mi avesse mai dato.

«Chiamo un'ambulanza.» Si offrì Max Allegri.

«Stai bene?» Mi sussurrò Paulo all'orecchio.

«Si, credo.» Sospirai. «Ti ha fatto del male?» Eravamo ancora appiccicati.

«No, non mi ha fatto nulla.»

Ci staccammo e ci guardammo negli occhi per alcuni secondi, poi, il suono della sirena, ci riportò alla realtà.

Portarono via mia sorella e ci dissero che non avrebbe avuto molte speranze di farcela. L'investigatore, ovvero mio padre, venne portato via da una pattuglia per essere interrogato.
Lui lo aveva fatto solo per proteggerci e a causa mia rischiava di finire in carcere.

Guardammo la macchina della polizia sparire, con Carlos all'interno.

«Amore tutto ok?» Mio padre mi abbracciò; piansi sulla sua spalla.

«Si papà. Tu stai bene? Ti ha fatto del male?»

«No, no, tutto ok. Tranquilla, non piangere. È tutto finito adesso.»

Era inutile: non riuscivo a smettere.

«Adesso ci chiameranno per testimoniare e tutte le stronzate varie, no?» Disse Paulo.

«Credo proprio di sì, ma lo faranno domani. Adesso andiamo a casa..» Mio padre ci prese e ci portò a casa sua, come se nulla fosse successo.

[...]

L'odore del caffè mi svegliò. Erano le 8:30 del mattino e io avevo ancora sono, era stata una notte pesante per me e sentivo il bisogno di riposare ancora. Nonostante questo, però, mi alzai e andai in cucina dove Paulo stava cucinando la colazione.

«Che fai?» Dissi prendendo un pezzo di pane.

«Preparo la colazione!»

«Non è da te. Che succede?» Sorrisi mentre mi sedevo al tavolo.

«Non mi hai ancora risposto alla proposta di ieri...»

«Non hai nemmeno da chiedermelo.» Risi.

«Quindi è un no?»

«Stai scherzando?» Risi. «Certo che sì! Voglio che tu sia mio marito, che sia il padre dei miei figli, che sarai al mio fianco quando invecchierò.»

Mi lasciò un bacio e andò a sedersi.

«Ti amo, non sai quanto.»

«Anche io.» La mia voce si spense piano piano, guardavo per terra.

«Non sei convita?»

«Di cosa?» Chiesi.

«Del fatto che mi ami...l'hai detto in un modo..»

«No no» Sospirai. «È solo che ieri stavi per morire a causa mia o poteva portarti via per sempre da me. Oggi siamo qui a dirci quanto ci amiamo, ma non possiamo evitare la cosa.»

«Cerco solo di cominciare a dimenticare. So che non è facile, ma siamo ancora qui, insieme, e questo è l'importante.»

«Si lo so, ma...»

«Niente ma.» Mi interruppe.

Il silenzio regnò tra di noi per qualche istante, si sentiva solo il rumore dei cucchiaini sbattere contro le tazze.
Poi io riaccesi la conversazione.

«L'investigatore è il mio vero padre.» Dissi.

Paulo per poco non sputò tutto il latte per terra.

«Dici davvero?»

«Si.»

«Oh cazzo...e adesso? Voglio dire con Allegri?»

«Non lo chiamare per cognome! È pur sempre mio padre! Porto il suo cognome, non dimenticarlo.»

«Lo so, lo so, ma dai...non puoi ignorare la cosa.»

«"Allegri" come lo chiami tu...è il mio unico e vero padre. Lui sembrava quello che era scappato, ma invece non è mai stato così. Ho il suo cognome e terrò questo per sempre; sono orgogliosa di lui e Carlos sarà solo il mio padre biologico. Spesso non importa il legame di sangue.»

«Gli vuoi davvero bene a Max allora...»

«Si, tantissimo. Non dimenticherò mai quello che ha fatto per me. Si è lasciato con la sua fidanzata per me, ha pagato un sacco di soldi per me e per mia madre, mi ha fatto conoscere te....in fondo non sono mai stata una sua responsabilità fin dall'inizio, ma lui si è preso cura di me nonostante tutto. Dire che gli voglio bene è poco.»

«Sei fortunata, Leah.» Paulo abbassò lo sguardo. Mi dispiaceva davvero tanto per lui.

«Ehi...mio padre è come se fosse anche il tuo, lo sai benissimo.» Sorrisi prendendogli la mano.

«Non sarà mai la stessa cosa....»

Non sapevo cosa dire, perché in queste occasioni è difficile trovare qualcosa da dire, trovare qualcosa per tirare su il morale dell'altra persona. Hai sempre paura di dire qualcosa di sbagliato.

Il cellulare di Paulo squillò.

«Chi è?» Gli chiesi.

«Un messaggio da Paul.» Mi rispose. «Dice che tra 30 minuti iniziano gli allenamenti.»

«Ma se io sono qui» Risi.

«Che ti devo dire? Forse è convinto che non abitiamo più insieme...è un testone e si dimentica le cose.»

Ridendo, uscimmo di casa: destinazione Vinovo.

[...]

Spazio autrice
Ecco qui...solo per voi...il 10 capitolo! Mi dispiaceva lasciarvi sulle spine così ho deciso di aggiornare stasera visto che avevo un po' di tempo. Spero vi piaccia! Buona notte.

He saved me ↠sequel of 21 grammi di felicità •Paulo Dybala•Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora