Quando ci sedemmo a mensa, Lucy non era ancora arrivata. Temevamo che ci avesse detto una bugia solo per liquidarci, quella mattina, ma continuammo ad aspettarla. Jack era seduto davanti a me, ma sembrava non farci caso.
Poi, all'improvviso, eccola con aria da superiore. Come sempre. Ti pareva.
Si avvicinò al nostro tavolo con gli occhi delle sue amiche addosso, ma non se ne curò.
- Ciao - disse fredda.
Prese una sedia dal tavolo vicino e si mise a capotavola.
Silenzio.
L'imbarazzo ci stava invadendo.
Ancora non riuscivo a credere a come fosse cambiata con quei vestiti, con quel trucco leggero: sembrava più innocente, e forse anche più normale. Il tipo perfetto per Jack, che con mio grande stupore la stava fissando. Un lampo di gelosia mi invase. Un tempo mi disse che non gli sarebbe mai piaciuta, ma se le cose cambiassero?
Ma che mi prende?
Tossii.
Jack si poggiò allo schienale della sua sedia.
- Come va? - chiesi a Lucy.
Mi guardò facendomi capire di arrivare al punto. Niente, nemmeno una normale conversazione vuole fare!
Gli altri rimasero in silenzio.
Abbassai lo sguardo, poi ripresi:
- Nel tuo periodo di assenza siamo stati a Cornflower.
- Lo so - mi interruppe.
- E giorni fa - annuii - io e Dave abbiamo trovato una cosa.
Le raccontammo della botola, della chiave falsa e della mappa.
- Vedi? - le dissi mostrandole la mappa - dobbiamo arrivare qui.
La scrutò attentamente e poi concluse:
- Va bene. Ci sto.
- Ci fa piacere che venga anche tu - le disse Vanessa.
- A me no - rispose secca - ma è per Cornflower, quindi devo accettare - mi guardò - giusto, capo?
Non risposi.
Sgranò gli occhi in un secondo, poi disse:
- Ci vediamo!
Si alzò e fece per andarsene.
- Si, Lucy! - alzai la voce - ci vediamo dopo alle 17.00!
Le feci un sorriso tirato. Lei mi fulminò. Pensai che andasse a sedersi con le altre viziate delle sue amiche, ma quando passò vicino al loro tavolo, non le guardò nemmeno e loro erano già partite con commenti e risatine infantili.
- Andremo oggi? - chiese Fanny.
- Si - risposi - ha accettato. Prima andiamo e meglio è.
Le cose dovevano cambiare con le buone o con le cattive.***
All'uscita di scuola, ormai buio, Lucy ci stava aspettando al cancello. Per fortuna non ritardò.
Anche Greg era arrivato, dopo che aveva riaccompagnato Ily sulla soglia di Cornflower. Lei si era opposta ripetutamemente, ma Greg non ne voleva sapere: sarebbe stato pericoloso stavolta, soprattutto perché non sapevamo cosa ci attendesse.
Non sarebbe stato semplice non tanto per trovare la chiave, quanto cercare di non essere visti.
Le amiche di Lucy ci osservavano in continuazione e temevamo di essere visti o seguiti. Anche gli altri se ne erano accorti.
- Non per farmi gli affari tuoi, Lucy - disse Walter.
- Allora non farteli - gli rispose Lucy.
- Ma cosa hai detto agli altri di tutta questa storia? - la ignorò.
- Niente, tranquilli - disse con un tono ovvio - non svelerei mai il segreto. Ho capito ciò che mi ha detto Lady Lit, non sono così stupida.
Fanny e Laurie ridacchiarono tra loro, ma Lucy le sentì.
- Vi fa ridere? - disse - potevate andare da soli...
- Basta, dannazione! - esclamai.
Ci fu silenzio assoluto.
- Quante volte andremo avanti così? - ripresi alterata - Smettetela! È vero ci sono stati dei precedenti spiacevoli tra noi, ma ora Lucy fa parte della nostra squadra: dobbiamo restare uniti. E anche tu, Lucy, smettila! Rassegnati, dobbiamo cercare di andare d'accordo. Basta con queste cose infantili: lo dico per tutti!
Gli occhi di Lucy erano furiosi che mi fissavano, ma non disse nulla.
In silenzio, dopo alcuni minuti di tensione, presi la mappa e ci mettemmo in cerchio.
- Noi siamo qui? - disse Greg indicando un punto della mappa.
- Si - rispose Jack - dovremmo andare in questa direzione.
Lucy a volte lanciava occhiate a Jack, che svegliavano la mia gelosia, ma lui sembrava non curarsi di lei.
La mappa mostrava chiaramente tutta la città, o almeno fino ai limiti della carta. Il pallino rosso che indicava la chiave era su un punto di New York che non conoscevo e era vicino al cimitero di Green Wood.
- Siamo sicuri che vogliamo andare al cimitero di Green Wood? - disse Greg.
- Oh, andiamo fifone! - dissi.
- Lo facevo per dire...
Sorrisi tra me e me. Jack era scostante e io non feci niente per avvicinarlo: dovevo avere la mente lucida e priva di altre emozioni. Gli avrei parlato in seguito se ci fosse stata l'occasione.
Essere in 10 che camminavamo sospetti non era un buon modo per passare inosservati. Chissà dove si trovava Moror in quel momento. Doveva essere in un posto in cui nessuno l'avrebbe potuto vedere. Sapeva del nostro ritorno? Ci stava cercando? Pregai solo di no.
Il cielo era già scuro e lampi e tuoni lo illuminavano.
Camminammo tra le vie di New York senza dire una parola. La tensione era alta in ognuno di noi. Io camminavo più indietro di loro, solo Lucy, dopo un'ora del nostro cammino, si avvicinò e mi chiese:
- Cosa faremo, dopo ciò?
- Torneremo a Cornflower.
- Ed io? - chiese con superiorità.
- Verrai anche tu.
Annuì.
- Che passaggio hai? - le chiesi.
- La scrivania.
- Cosa?!
Abbassai la voce quando alcuni dei ragazzi si voltarono lievemente.
- Beh, che c'è?! - mi chiese.
- Quello è il mio passaggio.
- Beh, lo è anche il mio.
Si scostò i capelli con superbia.
Scusa se te l'ho detto, perfettina di merda. Basta, Debby. Collaborazione. Giusto.
Rimase accanto a me a camminare con le mani in tasca. Chissà perché mai avesse cambiato il suo abbigliamento, perché aveva lasciato il suo lavoro in discoteca. E cosa strana era che avevamo lo stesso passaggio per Cornflower: non pensavo che ce ne fosse la possibilità.
Erano le 19.00 quando arrivammo davanti il cancello del cimitero di Green Wood. Ma nella casetta che vedemmo al suo interno, una figura si muoveva. Spalancammo gli occhi quando allo specchio vedemmo rispecchiarsi Moror. E la pioggia iniziò a cadere. Il sangue mi si gelò nelle vene. Che cosa ci faceva lì?
Era quello il suo nascondiglio segreto. Ecco dove era. In un luogo dove nessuno sarebbe mai andato. La casetta del cimitero non era abitata e per lui quello era il nascondiglio perfetto, anche per controllare i movimenti dei comuni morali di New York. Ma era da solo. Treb non c'era.
Ci nascondemmo per non essere visti e la ricerca della chiave fu all'improvviso più terrificante del previsto. Il panico ci invase e il fiato ci si bloccò in gola.
Guardammo la mappa e sembrava che la chiave fosse a poca distanza della casetta.
- Non possiamo andare tutti - disse Lucy - ci vedrà.
- Hai ragione - disse Jack con un mezzo sorriso.
La voglia di urlare per quella risposta c'era in me, ma non era abbastanza motivante e forte in quella situazione.
- Andrò io - dissi infine.
Ero io il capo, avrei dovuto avere più responsabilità degli altri.
- Tu non vai da nessuna parte! - rispose Jack serrando i pugni.
- Hai qualcosa di diverso da proporrere?
- Non puoi andare da sola! Verrò io con te!
- Tu resterai qui!
Il solo pensiero che potesse succedergli qualcosa mi faceva impazzire.
- Ma per favore! - esclamò Lucy - mi fate vomitare. Non da sola, ci sono io con te! - ci canzonò.
Stronza invidiosa.
- Andrò io! - disse infine.
- Ma dove vai, che non hai mai fatto una lezione di pratica?! Non sapresti nemmeno cosa fare! - sbottai.
- Posso provarci!
- Forse non hai capito bene come funziona, qui...
- Mi sembrava di aver capito di poter venire anche io! Facevo meglio a restare a casa, allora, no?!
- Non avendo considerato che c'era Moror, Lucy! Restate qui con lei.
- Deborah...
- Lucy! - sentenziai - attieniti a ciò che ha detto il tuo capo.
- Sei ridicola! - rise.
- Lady Lit saprà di questa tua condotta.
- Non glielo dirai!
- Credo proprio di si.
Rimase zitta. Finalmente!
Dopo un'occhiata veloce, mi voltai verso il cancello. Eravamo ben nascosti, ma l'idea di essere visti mi terrorizzava.
- Debby, non andare... - disse Greg.
- Non abbiamo altra scelta - risposi.
- Ma sei sicura? - disse Laurie.
- Si.
- Ti guarderemo le spalle - disse Walter.
- Non possiamo andare insieme...
- Ma controllarti da lontano possiamo farlo - concluse.
Guardai Jack e gli altri, e annuirono.
Presi coraggio e mi arrampicai sul muro vicino il cancello. La mia invisibilità mi avrebbe aiutato, ma dovevo assolutamente stare attenta a non farmi sentire. Camminavo piano e cercavo di non lasciare orme nel fango che si era formato a terra con la pioggia. La mappa doveva restare nella mia tasca, protetta da me, altrimenti si sarebbe vista sospesa in aria e sarei stata catturata da Moror in meno di cinque secondi.
Merda.
Lui era lì, immobile a fare non so cosa. Forse guardava la tv. Avanzai ancora un po', cercando di avere mentalmente davanti la mappa, ma dopo alcuni secondi, sentii dei passi e vidi delle orme avanzare verso di me. Mi sentii avvampare, ma quando sentii la sua voce, allora mi tranquillizzai.
- Ma che ci fai qui?! - gli sussurrai.
- Te l'ho detto: non potevo lasciarti andare da sola!
- Jack, mi hai fatto morire di paura!
- Sh!
Guardammo alla finestra e Moror non era più lì.
Oh, merda!
Sebbene fossimo invisibili, Jack riuscì a prendere la mia mano e rimanemmo immobili, quasi senza respirare, quando vedemmo Moror in giardino, vicino ad una pianta. Stava raccogliendo forse del rosmarino per la cena. Sembrava non essersi accorto di noi e Jack ormai mi stava stritolando la mano. Poi si voltò verso la nostra direzione e mi sentii mancare. Rientrò in casa e lanciammo un sospiro di sollievo. La nostra invisibilità stava funzionando bene.
- Dov'è la mappa? - sussurrò Jack.
- Non possiamo tirarla fuori, si vedrebbe...
- Non se ci uniamo.
- In che senso?
- Avvicinati a me e uniamo i giacchetti. Io li tengo uniti e tu leggi la mappa nascosta all'interno tra noi: così non si vedrebbe, perché la staremmo comunque coprendo con noi stessi.
Geniale!
E così facemmo. Mentre io leggevo la mappa, lui mi stringeva a sé e il suo profumo e il suo sguardo su di me mi distraevano.
Tossii e cercai di concentrarmi in che direzione dovevamo andare. Mi baciò sulla fronte.
- Sono ancora arrabbiata...
- E a me non interessa.
Lo guardai storto.
- Non possiamo litigare per tutto, non l'abbiamo mai fatto, ma che ti prende? - mi chiese.
- Forse perché le cose cambiano, Jack.
- Che vuoi dire?
- Niente.
- Io ti amo, lo sai?
Annuii. E anche io lo amavo. A quel punto della nostra vita avevo solo tanta paura di perderlo.
- Cosa vedi sulla mappa? - mi chiese infine.
Mi si gelò il sangue. La chiave era lì, a pochi passi da noi, ma non capivo bene... Poi, un deja vu. Per un lampo di secondo la vidi e tornai quindi con gli occhi fissi all'oggetto appeso che stavo vedendo.
L'avevo già avuta quella scena.
La chiave era appesa in alto vicino alla porta della casetta in cui era Moror. In un punto semi nascosto, ma la mia vista acuta l'aveva vista. Era quella la chiave.
- Eccola! - dissi a Jack.
- Vai dagli altri! - mi rispose - arrivo tra poco.
- Non se ne parla! Io non ti lascio qui.
- Accidenti, Deb! - disse tra i denti.
In un attimo fui davanti al portone e l'attimo successivo lui era lì con me. Moror era dentro.
- La chiave falsa? - mi chiese Jack.
La tirai fuori e lui tese la mano per prenderla.
- Ok - disse - mentre tu prendi questa, io metto quella falsa al suo posto.
In assoluto silenzio scambiammo le chiavi. La chiave vera era identica a quella falsa che avevamo noi. Era quella giusta. Jack posizionò la chiave falsa perfettamente ferma e in quel momento la porta si aprì di scatto.
Sgranai gli occhi, ma Moror non poteva vederci. Jack mi tappò la bocca con la mano, mi strinse a sé per non farmi cadere e smise di respirare mentre Moror guardava nella nostra direzione. Quello sguardo rimase impresso sempre nella mia mente. Spostò gli occhi sulla chiave falsa che avevamo appena appeso e che fortunatamente era immobile.
- Chi c'è là? - gridò.
Ma un gatto sfrecciò davanti a noi.
- Maledetto gatto! - gridò.
E rientrò in casa chiudendosi la porta alle spalle.
Eravamo salvi. Jack mi strinse e tornammo dagli altri, continuando a fare la stessa attenzione di quando eravamo entrati.
Quando raggiungemmo gli altri dissi un veloce via e corremmo il più lontano possibile. Arrivammo davanti il negozio di Tiffany e scoppiai in un pianto di sfogo. Quella sera io e Jack avevamo rischiato davvero tanto e avevo avuto paura.
- Dai, Deb - mi consolarono gli altri - siete stati grandi! Ora abbiamo quella chiave!
Ero ancora tra le braccia di Jack e Lucy stava guardando la scena. Forse stava capendo davvero cosa significasse essere i Prescelti.
Guardai l'orologio. Le 21.45. Dovevo iniziare il lavoro da Starbucks quella sera ed ero già in ritardo.
Quando salutai gli altri, Lucy mi prese un braccio.
- Davvero vai a lavorare per quei 200 dollari per comprare il vetro? - mi chiese.
- Non ho scelta.
Rise.
Girai i tacchi e continuai la strada, ma lei continuò:
- Te li do io i soldi.
Mi fermai incredula.
- Si, insomma - disse - sapevo che eri povera, ma non fino a questo punto!
- Non li voglio i tuoi soldi, Lucy!
- Ma mica lo faccio per te, figurati! So che dobbiamo affrettarci a tornare a Cornflower, quindi risparmiamoci perdite di tempo!
Ed effettivamente era così.
- Ma se non vuoi, fa pure! - disse.
Fece per andarsene.
- I soldi in cambio del mio silenzio con Lady Lit? - tentai.
Rimase sorpresa, poi rispose con un timido va bene, sorprendendo me.
Accettai la sua proposta e tornammo dagli altri.
Nella strada del ritorno decidemmo che saremmo tornati a Cornflower la mattina dopo, quando avrei consegnato i soldi al preside concludendo quella storia una volta per tutte.
#spazioautore
E sembra che ce l'abbiano fatta...cosa ne pensate? E della Jabby? Vedrete che più avanti ci saranno novità interessanti...
Vi aspetto😄 vi amo😙
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IRIS - I'm supernatural
ParanormalSECONDO CAPITOLO DELLA TRILOGIA------ È passato un anno da quando Cornflower è tornata come era un tempo. Ma il regno è ancora in pericolo perchè Moror tornerà a breve e non da solo. Quel Treb presenta davvero una minaccia. E chi sarà il decimo Pres...