CAPITOLO 16: NOVITÀ

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Dicembre era appena arrivato.
Treb era nel castello già da alcuni giorni e fu abbastanza difficile avere a che fare con lui. Minacciò più volte Lady Lit di scappare, ma mai che avrebbe avvertito suo padre per dispetto. E il motivo era venuto fuori il giorno dopo che lo portammo via dalla botola. Dopo i suoi inutili e infantili silenzi nella speranza che Lady Lit si decidesse a liberarlo, Treb alla fine raccontò ciò che dovevamo sapere.
- Allora? - ripeteva Lady Lit nella soffitta.
Eravamo intorno a lei e Treb, legato ad una sedia. Dopo un sospiro rabbioso, cominciò:
- Dopo il nostro ritorno dall'ultima battaglia, io e mio padre litigammo. Non volevo più far parte di questa storia. Il regno sarebbe stato solo suo e la profezia aveva detto che la battaglia sarebbe stata tra voi e lui. Non ha aggiunto altre persone, quindi non capivo perché dovevo fare una guerra che non era la mia e per di più da cui non avrei ricevuto nessun premio o vantaggio in caso di vittoria. Si infuriò molto a quel mio rifiuto, dicendo che se volevo ritirarmi non ero degno di essere suo figlio. Quelle sue parole mi spiazzarono... Insomma, è mio padre, non fa mai piacere sentirsi dire una cosa del genere. Ma ero stufo del suo atteggiamento, dovevo badare a me stesso e lui me lo impediva sempre. Non potevo fare mai niente, non potevo nemmeno uscire per fatti miei...
- Questa è una bugia! - lo interruppi.
Gli altri volsero il loro sguardo su di me.
- Ti ho riconosciuto, Treb! - continuai - tu sei il cameriere che ci servì quel giorno al bar, a New York. A me ed Ily.
- Quella fu l'unica volta che mi permise di uscire - mi rispose scorbutico.
- Per fare cosa, per spiarci?
- Si, Braun. Per spiarti. Sapevo che quella inutile della tua amica mi sarebbe stata d'intralcio...
- Bada a come parli, stronzo - si intromise Greg facendosi avanti verso Treb - perché l'inutile, come tu la chiami, è mia moglie!
- Sai che me ne frega... - rise Treb.
E Greg scattò in avanti con occhi pieni di fuoco e la mano stretta sul collo di quell'insulso essere, mentre noi altri eravamo sobbalzati e pronti a far tornare il senno al mio migliore amico.
- Greg, lascialo! - disse Lady Lit.
E così fece. Treb, legato ancora perfettamente sulla sedia, tossì, rosso in viso e Fanny gli portò un bicchiere d'acqua per farlo riprendere a parlare. Quando smise di bere scattò in avanti con un rapido movimento della testa, facendo cadere il bicchiere a Fanny. Gli occhi di fuoco di Treb erano su di lei, poi su di Lady Lit che lo strattonò.
Andai vicino a Greg e lo invitai a calmarsi, perché perdere la ragione non era la cosa giusta da fare con Treb lì davanti. Era cattivo, sprezzante. Mai una parola detta con il cuore, era freddo e scolpito come il marmo, un ragazzo di 20 anni dal passato che sembrava oscuro, di quelli che non andrebbero mai rivelati. All'aria aperta aveva occhi dal colore azzurro chiaro come il gelo, ma con lo sguardo di fuoco quando ti guardava. Nei luoghi chiusi i suoi occhi diventavano verdi come la speranza di essere apprezzato da suo padre, quando raccontava di lui.
- Tu sei pazzo! - disse a Greg. Ma per fortuna lui mantené la calma.
Quando si riprese completamente, Lady Lit ruppe il silenzio:
- Vai avanti.
- Mio padre mi aveva detto di tenere d'occhio la Braun perché è lei il capo e quindi sarebbe stata anche la più forte.
Si voltò verso di me.
- E... lo sei davvero - mi squadrò con un ghigno.
Il disgusto nella mia faccia lo fece ridere e Jack si fece sentire:
- Forse la stretta della mano di prima al collo non ti è bastata!
Stava per fiondarsi verso di lui, ma lo fermai.
- No, Jack! - lo presi dalle spalle, ma il ghigno di Treb non era svanito. Voleva essere colpito... era quello il suo scopo: farci arrabbiare per far perdere noi stessi, per divertirsi un po'.
Così trascinai Jack fuori dalla stanza spiegandogli la cosa.
- Lasciami! - mi disse.
- Smettila! Tu non sei così - gli dissi infine.
Mi guardò negli occhi. Io mi riflettevo nei suoi. Occhi blu come il mare, calorosi come una casa, come il posto giusto, occhi complici di ogni singola cosa che mi apparteneva.
- Non so cosa farei senza di lei, futura-signora-Tennison.
Posò la fronte sulla mia e sentii il suo respiro sulla mia pelle. Mi baciò tirandomi di più a sé. Non volevo essere in nessun altro posto che non fosse quello. Lui era davvero la mia casa.
Tornammo dentro e Treb riprese parola:
- Ma dopo la nostra lite decise di rinchiudermi nella caverna fino a quando mi sarei deciso a cambiare idea. Fui tanto deluso da quell'atteggiamento che la cambiai davvero: cercai di creare degli indizi per il nemico... per voi. Sono stato io a nascondere quel quadro con la mappa e la chiave. Sono stato io ad avervi portati alla botola. Volevo vendetta.
Cosa?
Rimanemmo spiazzati da quella confessione. Ma non potevamo non credergli: Treb aveva messo a rischio la sua vita, ci aveva dato una sorta di vantaggio con Moror. Ci stava dicendo la verità, altrimenti non avrebbe rischiato così tanto.
- Credetemi - disse - questa non è la mia guerra. E mio padre ha fatto lo stronzo.
Nessuno si accanì su nessuno; rimanemmo in silenzio a riflettere su quella inaspettata verità.
Poi Lady Lit fece quella domanda, forse la più importante.
- Perché non abbiamo mai saputo di te?
- Mah... non lo so - rispose con strafottenza.
Fu Lady Lit stavolta a prenderlo per il colletto del maglione.
- Bada a come parli. Non ti rendi conto dei guai che subirai se non mi dici la verità!
Era diventata furiosa, di nuovo quella Alia che non avevamo visto se non in quei giorni. E Treb si ricompose.
- Non lo so, te lo giuro!
- E tua madre chi è?
- Non l'ho mai conosciuta! - scattò in avanti arrabbiato e Lady Lit lo bloccò di nuovo, provocandogli un urlo di dolore.
- Se non mi stai dicendo la verità...
- Te lo giuro. Non lo so! Pensavo che tutti voi sareste stati al corrente della mia presenza.
Lady Lit lasciò bruscamente la sua presa.
Voleva dire qualcosa, ma era troppo tesa e agitata per farlo. Si limitò a superarci e ad uscire dalla soffitta.

IRIS - I'm supernaturalDove le storie prendono vita. Scoprilo ora