Capitolo 11

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Avevano pranzato chiacchierando; ogni tanto i discepoli venivano zittiti dai maestri.
Appena entrata nella sala, Eva si sedette e notò un livido sul viso di Iael.
-Cosa ti è successo? Chiese lei sorpresa.
-Niente. Rispose lui con una scrollata di spalle.
-A me non sembra insignificante. Si espresse Pëi con lo stesso tono con cui poteva esprimere una condizione meteo.
Ma il dialogo cadde su un altro punto.
-Hai sempre avuto gli occhi azzurri? Chiese Iael, sviando la conversazione, ad una spanna dal viso di Eva, aveva il viso contratto, come se cercasse di ricordare.
Eva scostandosi leggermente per quell'eccessivo accostamento, scosse il capo.
-È una novità. Disse in un soffio.
-Mi chiedo quando se ne andranno. Rispose Erika seccata.
-Hai fatto un cambiamento così drastico? Le chiese Pëi, posando la forchetta sul piatto e guardando l'amica con molto stupore, e scetticismo.
Lei scrollò le spalle, e rimase immobile cercando di trovare le parole giuste.
-Mi sto gonfiando! Sbottò in fine.
-Gonfiando?
-Si gonfiando! Ed ho sempre fame. Disse trafiggendo con la forchetta la carne di maiale cotta allo spiedo.
Eva smise di mangiare.
"Se ne andranno davvero?" Si chiese preoccupata.
-Inizio ad essere perfino dolorante.
Nel lamentarsi la ragazza era portata.
-Ho le mani palmate se ricordi bene.
Disse Pëi, la quale ogni volta che toccava un oggetto con le mani era ben attenta a non sfiorare la parte lucida che spuntava tra un dito e l'altro; Eva evitava sempre di guardale, la disgustavano e come lei molti altri evitavano di sfiorarle, tutti tranne Atena ovviamente, la quale affascinata le aveva chiesto di analizzarle. Perseide aveva rifiutato, a lei segretamente piacevano ma non voleva che fossero oggetto di studi di un invasata.
-A te succede qualcosa di nuovo? Chiese Pëi al ragazzo, quella sera seduto davanti a lei, fra Atena, semidea della mente e un ragazzo chiaramente preso da Pandora.
-No, niente di che.
Pëi girò subito la testa, pensando a quanto fosse fortunato, d'altra parte Eva aveva capito che mentiva, quindi rimase a fissarlo per pochi secondi, poi sospirò e girò il capo.
-E poi la mia pelle diventa scura!  Insomma sembra io debba cambiar pelle! Tornò all'attacco Erika.
Solo allora Atena sollevò il capo e disse.
-Dobbiamo adeguare il nostro corpo ai poteri, non ci arrivate? È così semplice.
Abbassò il capo, quasi ridendo per la loro ingenuità senza più scambiarsi una parola.
Pëi rimase a guardarla con il bicchiere di bronzo in mano, non pareva arrabbiata, piuttosto stava meditando sulle sue parole.
Evalin invece da parte sua, classificò la ragazza come noiosa.

A fine pasto, se ne andarono tutti a lezione individuale,
Eva raggiunse la palestra e lì nel mezzo vi trovò Stephan pronto ad aspettarla, già seduto.
La ragazza camminò a passo veloce e si sedette.
-Caire. Salutò quella.
-Sei in ritardo. Sappi che odio il ritardo.
-Mi scuso. Disse Eva quasi in modo balbuziente.
-Vedo che oggi ti hanno ben agitata. Affermò guardandola.
Lì per lì Eva rimase ferma, con le spalle chine e la fronte aggrottata. Lui passò una mano fra i suoi lunghi capelli d'oro, togliendo qualche ciocca dal viso.
-Quando un semidio dell'Aria cambia colore degli occhi è segno del suo umore. Spiegò. Si scaldò i palmi sulle ginocchia e poi li portò dietro la schiena, appoggiandosi al pavimento.
-Quindi succede a tutti? Chiese Eva tirando un sospiro di sollievo.
E pensare che si era immaginata fosse un suo difetto.
-Si e no. Puoi riscontrare questo cambiamento  più di tutti gli altri dominatori, a causa del blocco. Finì la frase in fretta, quasi a voler evitare quell'argomento.
-Perché questo succede? Insomma, come lo fermo? Rimarrà per sempre? Anche tu, maestro, ce l'hai? Le domande sgorgarono da sole.
-Non essere così formale, tendiamo ad evitarlo noi.
-Ma ogni dominatore del proprio potere è uguale al suo maestro?
-Si. C'è uno studio su questo. «I semidei e la loro psiche».
-Non hai risposto alle domande. Gli fece notare la discepola.
-Quando ero piccolo mi succedeva spesso, si. Ammise.
-Ed ora? Lo interruppe.
-So gestirlo- continuò con calma, agitando una mano nell'aria- Ma rimane e rimarrà sempre. Si suppone accada per il contatto con la luce.
-Cosa intendi? Lo rincalzò.
-Perché non vai nella biblioteca e lo leggi tu? Così ora facciamo lezione. Si alzò velocemente da terra  e si stiracchiò le braccia.
Eva lo imitò.
-Aspetta quanti colori posso avere?
Continuò lei.
-Domande,domande, domande. Ora non ci pensare.
Eva chinò il volto da una parte e guardò il pavimento. Non voleva risultare sgarbata.
-Oggi faremo la stessa cosa di ieri.
-Di nuovo? Chiese lei con un tono tutt'altro che felice.
-Esatto. Lui fece finta di non accorgersene.
-Per quanto?
-Oh ma per sempre. So che odi annoiarti, ma non mi pare tu sia molto vivace. O forse mi sbaglio?
Non si sbagliava e questo lui lo sapeva; Eva odiava finire per annoiarsi, si sentiva sempre arrabbiata quando succedeva, non sapeva perché ma era come se abbandonasse tutte le sue energie e le sue belle visioni.
-Allora sdraiamoci se vuoi, oppure restiamo in piedi.
-In piedi. Decise lei, toccando il marmo freddo con i piedi nudi.
-Apri le gambe, così. Brava ora piega un po' le gambe non essere rigida.
Adesso che sei in una posizione comoda. Respira.
Eva lo guardò quasi annoiata.
-E chiudi gli occhi.
Obbedì; la mano di Stephan le portò il braccio sulla pancia, avvicinandosi sempre di più alla discepola.
-Ora devi imparare come si respira.
-Ma io so respirare. Eva lo guardò come si guarda un uomo delirante.
-Non nel modo giusto. Ribatté lui - non essere così piegata. Ora chiudi gli occhi e fai come me. E guidò l'altra mano della ragazza questa volta sulla sua pancia.
Eva era leggermente imbarazzata da tutta quell'intimità.
Poi lui respirò, inspirando per tre secondi dal naso, ed la parte inferiore della sua pancia, sotto l'ombelico, si alzò. Poi gettò l'aria fuori dalla bocca, nel doppio dei tempi.
-Devi farlo, così il sangue circola meglio e non affatichi il cuore.
Eva ci provò la prima volta, però per metà respirava dai polmoni, li poteva sentir comprimere quasi.
Quando parlò a Stephan di ciò lui la incitò a riprovare.
-In questo modo l'aria arriva fino al fondo dei polmoni.
Eva inspirò, sforzando la sua pancia di alzarsi; in quel momento la mano di Stephan posata sopra la sua, spinse come una forza avversa.
Il fiato uscì rotto dalla bocca di Eva, che si era sgonfiata come un palloncino.
-Devi essere in grado di controllare il fiato, e spingere la pancia. Spiegò ad Eva, che nel frattempo lo guardava torva riprendendo il fiato.
-Forza. Riprova.
Si ricongiunsero, nella stessa posizione.
Eva respirò, il fiato scese sulla pancia e sotto la spinta di Stephan uscì con calma.
-Perfetto è questo. Rifallo.
Eva respirò così una, due cento volte fino alla fine della lezione.
-Ogni giorno faremo questo esercizio, in tempi più brevi, dovrai essere capace di respirare in questo modo e di dimenticare che lo applichi, poi passeremo di nuovo si sensi.
-Perché devo farlo?
-Perché concentra, ti libera la mente, nella rima lezione ti ho spiegato quanto l'aria ti sia vicina, ogni oscillazione la puoi percepire, ma rompersi un timpano è una cosa da evitare, se ti concentri su troppe cose, possono succederti cose spiacevoli.
A questo serve la respirazione.
Mentre ad Eva le si gelavano i piedi e le si intorpidivano le gambe, Stephan le parlava con voce calda.
-Respira. Com'è l'aria? Come fumo? Inconsistente? Non rispondere immaginala. Quando vuoi allontanarti da ciò che ti circonda devi focalizzarti sulla metà.
Di che colore è? Gialla? Blu?
Brava respira. Dimmi se ti gira la testa.
Eva da parte sua non si mosse, immaginò un aria quasi trasparente, azzurrina.
-Immagina il percorso che compie, vedila scendere nella trachea fino alla pancia. Ora esce dalla bocca.
E così via, per un ora. Alla fine Stephan fece sedere la discepola con le gambe molli.
-Com'era la tua famiglia? Le chiese.
Evalin che era sdraiata sul materassino lo guardò sulla difesa.
" Perché vuole saperlo?"
Poi pensò che fosse una domanda di cortesia, quindi rispose veritiera.
-Non era perfetta. Non ho mai conosciuto i miei genitori.
Led la guardò con compassione? Amore? Eva non riuscì a capirlo, in verità era semplice affetto sepolto da tempo.
-Con chi vivevi?
-I miei nonni e mio fratello, anche se non era consanguineo; una sacerdotessa di Flora ci consigliò di tenerlo.
-Com'erano i tuoi nonni? Eva si bloccò troppe domande per un giorno, e non erano facili, suo nonno aveva rovinato la famiglia e sua nonna.
Era quel tipo di matrimonio da cui Eva voleva scappare, uno basato su un contratto, di dominatori e dominati.
La picchiava davanti ad Eva e aveva giurato ad Eva di rapirla pur di non mandarla all'Accademia. Poi era morto e tutta la famiglia aveva tirato un sospiro di sollievo.
-Mia nonna è una donna buona, mio nonno è morto anni fa.
-Mi dispiace, dev'essere stato difficile vivere senza un uomo sotto un tetto.
-Non esserlo avevo mio fratello maggiore ed era molto meglio, è una persona pragmatica. Senza di lui sarebbe stato un problema.
-Andiamo. L'ora è finita. Avvertì Stephan, notando i suoi occhi farsi verde scuro, segno di tristezza.
-Preparati e fra un ora scendi nell'aula del trono.
La ragazza annuì.
Andarono ai loro alloggi.
Appena entrata Evalin incontrò Elena, la sua serva, che sistemava il letto; appena vide in salotto la padrona, davanti a quella finestra orientale, si fermò, la raggiunse ed abbassò il capo.
Era una donna matura, con capelli neri folti e crespi, pelle abbronzata; vestiva una tunica bianca lunga, semplice.
Aveva le mani grandi e continuava a torturarsi le dita.
-Salve mia padrona. Disse quasi indecisa, con lo sguardo fisso sul pavimento.
Eva non aveva mai avuto una schiava personale, la sua famiglia poteva permettersi solo una schiava addetta ai panni e alla pulizia della casa, si potevano ritenere fortunati.
-Alza il viso. La serva obbedì. Aveva occhi piccoli ed infossati, naso lungo, labbra strette e viso quadrato. Era una bella donna slanciata, più alta di Evalin.
La ragazza non sapeva come comportarsi, così iniziò a parlarle con distacco, con aveva visto fare sua nonna.
-Come ti chiami? Chiese anche se sapeva la risposta.
-Mi chiamo Elena, signora.
-Quanti anni hai?
-Ho vissuto 6 olimpiadi.
-Da quanto tempo lavori qui?
- Il primo giorno dopo le Giacinzie, il suo maestro venne al mercato di schiavi della città sotto scorta. Scelse me ed un altro ragazzo.
-Da pochi mesi quindi. Perché avrebbe scelto due schiavi?
-Uno personale al futuro discepolo, l'altro o l'altra avrebbe svolto lavoro nella casa.
-Quanti servi ci sono? Chiese Eva, calcolò due schiavi per quattordici persone, altri 28 per i suoi maestri.
-Tanti, più di ottanta, ma non bastano.
-Ottanta? Chiese Eva sbalordita.
-Ventotto per i dominatori, altri ventotto divisi per fisico e sesso, le donne puliscono le stanze gli uomini lavorano nelle stalle per esempio.
Però vi è una gerarchia anche negli schiavi, uno anziano che decide i lavori con i suoi due vice, quindi quei cinquantasei diventano di più grazie agli schiavi che hanno un compito fisso, come il guardiano della stalla, un lavoro con quelle creature non può essere assegnato a chiunque.
Spiegò lei, ripetendo alla lettera quello che le era stato detto, Eva lo capì da come ripeteva quei numeri molto precisi.
"probabilmente non sa contare" pensò tristemente.
-Come mai sei qui?
Lei divenne subito rossa.
-Mi scuso, ma mi hanno detto che dovevo pulire la stanza ora. Scandiva lettera per lettera, era leggermente irritante ma Eva non badò a riprenderla.
-È l'orario delle lezioni. Continuò lasciando le mani cadere, dopo averle strette e strofinate.
Continuava a guardare in basso.
-La mia è finita. Guardò fuori il giorno stava quasi per terminare, poteva vedere benissimo Astro scendere piano verso gli alberi, ma il cielo era ancora tinto di azzurro chiaro.
-Non sapevo. Scusi.
-Non scusarti così spesso. Mi dà fastidio. Disse di getto superandola e andando verso la finestra. Adorava stare lì e guardare, gli elleni non erano bravi a manovrare il vetro, infatti quasi tutte le finestre erano strette e coperte da due persiane di legno.
-Devo prepararmi sai dov'è la stanza del trono?
-Si la accompagno se vuole.
Si girò e la guardò, sulla schiena aveva una cicatrice che partiva dalla spalla fino alla base del collo, il taglio di una lama, il quale era mal coperto da uno straccio.
Eva lo toccò appena ed Elena tremò sotto il suo tocco, senza però sottrarsi.
-Sai cosa ci diranno?
-Vi è concesso avere un animale. Disse infine la serva.
" Non ho mai avuto un animale!"

Accademia elementi  Libro 1. AriaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora