Capitolo 4

1.2K 77 0
                                    

Era la cosa più bella del mondo.
Le voci erano vere.
I migliori architetti avevano progettato quella scuola ed era un posto meraviglioso.
Incomparabile.
La sala principale era enorme, larga quanto la piazza precedente, ampia, luminosa; era una stanza rettangolare.
Il colonnato, la porta di fuori davano solo una leggera idea a cosa si potesse trovare dietro.
Nessuno fiatò.
La stanza era fatta di marmo; il pavimento era a scacchiera, bianco e nero, lucido e levigato, le pareti era rivestite da marmo variopinto, di mille sfumature della terra, lo strato di colore sopra invece era un tenue rosa.
Poi, la parete fatta di mattoni, ricoperta di vernice bianca, divideva il marmo salmone tenue da quello azzurro cielo.
Oltre ai quadri posti affianco ad ogni candelabro, oltre alle colonnine, inghiottite alle pareti, quadrate dello stesso colore acceso, oltre alle porte di ottone poste regolarmente in tutta la sala, davanti alla porta, c'era una scala.
La scala era larga, grossa, interamente bianca. Spiccava per la semplicità, era una scala fatta con i gradini stretti ma comodi e accompagnata da due larghi scorri-mani.
Eva guardò il soffitto, posto davvero in alto rispetto a lei. Era di marmo chiaro, semplice, da dove penzolavano dei bellissimi lampadari a goccia, con gocce di cristalli che scendevano illuminando ogni dove.
Era rimasta schiacciata da tanta bellezza.
"Oh per gli dei! È tutto per me" Pensò emozionata.
-E questa è solo la prima stanza. Le sussurrò Stephan affianco.
-È bellissimo. Sussurrò una ragazza al suo fianco, era la dominatrice del teletrasporto Erika.
-Concordo. Disse Evalin guardandola di sfuggita.
Stavano entrambe sorridendo, meravigliate, sconcertate anzi.
-Sono Evalin. Si presentò la ragazza.
-Erika. Rispose la ragazzina, allungando il braccio sinistro.
Eva le strinse il gomito, e tornò a guardarsi intorno, intimorita.
La ragazzina era completamente spaventata.
-Stai bene? Le chiese Evalin distrattamente.
-Si. È solo che...-non trovava le parole per esprimersi- è troppo credo.
Sembrava una bambina spaurita. Eva le posò una mano su quella della ragazza, fredda.
-Già. Acconsentì Evalin, che non riusciva a concentrarsi su nulla in particolare, perché ogni volta che qualcosa attirava il suo sguardo, qualcos'altro subito catturava la sua attenzione.
-Ragazzi seguitemi per favore.
Annunciò Alèssandra ancora in testa a tutti, diretta verso le scale.
Arrivata al primo gradino si girò.
-Allora, ogni dominatore di uno stoicheio, hai i propri alloggi.
"Allo che? " Ripeté Evalin, che addirittura non conosceva il significato della parola.
-La scuola è molto grande ed è facile perdersi. Non vi dovete preoccupare. Non vi sono pericoli qui.
Vi annuncio che la sala Nord- Disse indicando dietro di lei con una mano- appartiene agli elementi dell'Aria, Fuoco, Acqua e Terra. La sala Ovest- disse indicando verso sinistra- appartiene agli elementi Fauna, Flora e Spazio.
A Sud vi sono gli alloggi di Barriera, Mente, Luce ed Emozioni. Per finire ad Est vi sono gli alloggi per i dominatori del Energia, Tempo e dell'Umanità.
Vi invito ad arrivarci, il resto della scuola la vedrete alle 16 di oggi, ritrovatevi qui per quell'ora.
Disse, salutandoli con un sorriso freddo.
-I nostri cari quando li vedremo? Chiese un ragazzo del sud con la pelle scura.
Eva tremò, non aveva più pensato ai suoi parenti, li aveva letteralmente cancellati dalla mente.
-Verranno a trovarvi fra due ore, fuori nel cortile. Vi chiameremo, ora andate.
Disse salendo le scale.
-Vieni. Disse il dominatore del Fuoco a Erika. La ragazza salutò la nuova amica con uno sguardo di intesa e seguì il suo insegnante.
Eva si guardò attorno, tutti seguivano i propri insegnanti.
"Ma dov'è?" Non lo trovava.
Si guardò attorno, poi qualcosa le tocco una spalla.
-Hai intenzione di seguirmi o no? Chiese l'uomo stizzito.
-Certo. Rispose Eva leggermente arrossata.
Salirono le scale ed attraversarono un corridoi abbellito con armature, ce n'erano di tutti i tipi: di ferro, di cuoio, con le peggiori armi affianco.
Come corridoio era abbastanza angusto.
Poi girarono improvvisamente in un altro corridoio, sembravano tutti uguali eppure diversi.
Il muro era sempre bianco ornato con marmo d'oro, ma era tappezzato di quadri paesaggistici.
Poi svoltarono varie volte, salirono altre scale a chiocciola bianche ed arrivarono al secondo piano.
Eva si stava stancando, non voleva darlo a vedere, cercava di trattenere il respiro e camminare a testa alta, ma stava morendo di stanchezza. Stepahn davanti a lei invece non proferì parola, stava sulle sue.
Era strano quell'uomo, apparentemente annoiato, si muoveva con una certa lemma. Non moriva dalla voglia di essere lì, questo gli si leggeva in viso.
Salirono altre scale.
Giunti al penultimo piano, Evalin si ricordò di non ricordare minimamente la strada fatta.
Andò nel panico. Dopo sarebbe dovuta uscire da sola in quel labirinto sontuoso e andare verso il cortile. Non capiva neanche dov'era il Nord, figurarsi trovare l'uscita.
Arrivarono all'ultimo piano ed Evalin aveva già il fiatone.
Il loro appartamentino, era all'ultimo piano.
Non riusciva più a camminare.
Finalmente giunsero in un corridoio orizzontale, da dove si affacciavano due porte ai lati opposti.
-Quella è la tua casetta. Disse Stephan indicando la porta di sinistra.
"Finalmente. "
-Entra. Ci vediamo dopo. Disse quello scomparendo nei suoi alloggi.
-Grazie. - Gli disse, mentre lui sbatteva la porta- Entra cara, spero che ti piaccia, abbiamo solo rubato tutto l'oro del mondo per farti sentire a tuo agio. Disse, ironicamente, cercando copiosamente di imitare la voce grave di Stephan.
Sul legno c'era inciso uno strano segno, con l'indice tremante seguì i lati del triangolo contemplandolo. Era il suo segno: un triangolo sormontato da una linea orizzontale. Quando il dito ritrovò il legno grezzo e liscio della porta, il simbolo si illuminò leggermente, facendo scattare un suono meccanico, la porta si aprì cigolando.
"Oh santo cielo....ora posso morire."
L'alloggio era grande il doppio di casa sua.
L'entrata dava sul salotto, salotto grande quanto uno stadio, era davvero ampio. Il pavimento era liscio, fatto di vetro oscurato.
Nel salotto c'erano due divano lunghi, di pelle bianca, posti sopra un tappeto marrone, fantasioso e pregiatissimo.
Le pareti erano fatte di marmo azzurro cielo, ma non erano quelle che avevano commosso Eva, piuttosto la vetrata.
Davanti a lei c'era una vetrata grandissima che dava sulla foresta e sul giardino.
Aveva sempre sognato una finestra del genere.
Andò dritta verso i divani, davanti a loro c'era un tavolino con sopra un bicchiere di spumante. Eva inducendo lo prese e lo bevve. Davanti a lei sulla parete c'era uno schermo, affianco sulla sinistra dei divani c'era una scrivania enorme, di legno di mogano. Affianco c'era una libreria personale, stracolma di volumi e di quaderni.
Nel mezzo della stanza, dietro i divani, c'era un incantevole scala a chiocciola, come sospesa in aria, che dava sul tetto.
Andò verso una porta scura. L'aprì e dietro si ritrovo nel suo bagno.
Era fantastico, dello tesso colore del salotto, con una vasca da bagno grande, posiziona all'angolo; c'erano il water, di coccio come la vasca e il bidè nella parete affianco.
Davanti alla porta si presentava un lavandino enorme, dove milioni di saponette facevano la propria comparsa. Sopra poi c'era uno specchio enorme e altri più piccoli appoggiati sul lavabo.
-Non ci credo.
Andò verso la parete di sinistra, tocco una statua posata lì per bellezza, ma appena la tocco la parete si mosse e una porticina invisibile si aprì portandola nella sala da letto.
Ed eccolo lì, il suo letto a baldacchino, enorme e rotondo. Affianco aveva una finestra a forma di guglia, dove erano appoggiati vari cuscini per potersi sdraiare ammirando l'esterno.
Il pavimento era soffice, coperto da un lungo tappeto peloso chiaro.
Affianco alla camera da letto, c'era la cabina armadio. Eva non ci entrò era troppo sorpresa.
Preferì buttarsi sul letto, a peso morto.
Presto sarebbe dovuta scendere per rivedere i suoi familiari. Forse sarebbe stata la sua ultima volta che l'avrebbe visti.
Andò in bagno e si lavò. Poi andò reso la cabina e scelse degli indumenti comodi ma molto pregiati.
Stephan le bussò alla porta e lei uscì, sorridente.
Nuova vita, nuova casa.

Accademia elementi  Libro 1. AriaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora