Capitolo 34

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Evalin aveva dormito male per una settimana.
Quando era tornata, dopo l'iniziazione, non aveva sentito nulla se non dolore al corpo, poi improvvisamente dopo essersi assopita un secondo di pomeriggio, dopo che la madre e l'amica se n'erano andate, brutti pensieri l'avevano assillata.
-Essere un dominatore vuol dire correre dei rischi, Evalin. Inizierai a stare male. Le aveva detto Stephan quando avevano discusso.
-Che genere di dolore?
-Per ognuno è diverso. Gli aveva risposto lui, dispiaciuto. Quella conversazione le aveva destato molto sospetti.
Lui era entrato quella mattina, aveva spiegato quanto ora le cose fossero diverse e le aveva proibito ogni relazione con Denys, facendola arrabbiare.
"Cosa crede? Che quello che è successo per deve valere qualcosa?" Ciò che più la faceva infuriare era che qualcosa sentiva e quindi si sentiva soffocare da Stephan e da tutte quelle regole. Gli aveva allora chiesto se fra lui e Xenios fosse mai successo qualcosa, dicendo cose cattive sul suo comportamento e sulle imposizioni che gli stava dando.
Non uscire. Non parlare troppo. Non stare con lui più del dovuto. Il tuo potere ti cambierà.
Evalin si era chiesta fino a che punto la sua magia si potesse spingere, fu per diletto che si era avvicinata alla vetrata, decisa a testarsi. Aveva un nuovo potere. Per lei il potere era qualcosa che non aveva mai posseduto, e sentirlo scorrere sotto le vene la faceva sentire migliore, come non si era mai sentita. Si era concentrata ed era uscita sul balcone, aprendo la porta senza toccarla, limitandosi a muovere la mano, creando una reazione a catena, muovendo tutti gli atomi gassosi tra lei e quell'oggetto. La porta si era aperta con un lieve rumore, facendo sentire Evalin come la donna più felice di tutti.
Aveva trasgredito agli ordini di Stephan, e allora? Era solo uno stupido esperimento!
Sul balcone poi era uscita con passo incerto e si era messa in ascolto. Improvvisamente le era iniziata a girare la testa, ma non si era data per vinta. Testò le sue orecchie andando sempre più in fondo, alla ricerca di qualcosa. Aveva sentito i ragazzi ridere nello stadio mentre si preparavano, aveva sentito gli uccelli cinguettato assieme. Le orecchie iniziarono a fischiarle a poco a poco, pensando di aver esagerato, restrinse il campo uditivo lentamente, senza lasciare del tutto la connessione, Stephan le aveva ricordato più volte di evitarlo, perché, se no, le avrebbe provocato un grande dolore alle orecchie. Si concentrò per ridurre il cerchio al minimo, sempre meno, incurante delle orecchie che fischiavano. Stephan le aveva detto che non sarebbe riuscita più a governare l'aria come aveva fatto fino a pochi giorni fa, ma lei non  aveva voluto credergli. Adesso aveva in gola l'amaro. L'ultima cosa che finalmente aveva conquistato si stava indebolendo e la stava indebolendo.
Adesso riusciva a sentire fino al cortile ed alcune voci nel palazzo. Fu nel
Boschetto della scuola che sentì quella voce. La differenza fra le voci normali ed i sussurri era che le prime non sapevano di essere ascoltate da terzi, mentre i secondi erano rivolti proprio a lei. Quel sussurro la spaventò, le ricordò improvvisamente della prova e della paura provata. Un senso di terrore le schiacciò il petto. Attribuiva a quei sussurri le sue azioni durante l'iniziazione, che ancora non riusciva ad accettare. Quei sussurri erano cose primitive e sinistre, le sentiva solo lei, ne aveva avuto la conferma quando Denys l'aveva guardata a quel modo, come se fosse spaventato. Aveva spaventato il suo compagno più forte, aveva superato il limite del fantastico. Stephan le aveva detto che c'erano segreti nel cielo, ma non pensava intendesse quelli. Durante l'iniziazione aveva seguito i sussurri di una sola voce, mentre le altre le avevano urlato contro.
Focalizzati su di me. Ci sono io. Le aveva detto e in modo inspiegabile lei aveva obbedito. Ma quel sussurro era stato molto diverso da tutti gli altri, era una voce di donna melodica e profonda, in secondo luogo non proveniva da quella montagna come tutte le altre voci delle Pleadi e delle Nefele, le ninfe del cielo.  No, quella voce era venuta dall'alto, in un punto indefinito del cielo.
Ma quell'urlo che aveva sentito sul balcone non aveva nulla in comune con quella voce melodica. Erano gemiti terribili, che spaventarono Evalin a tal punto che la ragazza ruppe la connessione e creò un'onda d'aria invisibile che si schiantò contro la vetrata fino al muro del salotto.
Evalin cadde a terra inerme con il sangue che colava dai suoi lobi, svenuta. Quando si risvegliò stava malissimo, aveva le gambe, che già erano diventate doloranti dopo l'iniziazione, molli, perfino i polsi le pulsavano, per non parlare della testa. Era strisciata fino al letto e si era coricata; con stupore aveva notato che la vetrata non si era rotta, ma i mobili avevano cambiato posizione come se fossero stati spostati da qualcuno. Cercò di controllarsi, dicendosi che non era successo nulla di male.
L'unica persona che aveva avvertito quello spostamento d'aria in tutta la città era stato Stephan. Era stato lo stesso Stephan ad aver sistemato tutti i mobili, richiesto una torta zuccherosa per confortarla e raccogliere il cadavere di Netea. L'immagine faceva male ad Evalin. I suoi alloggi erano stati fatti apposta per contenere ondate come quella, ma Netea, la piccola cucula di Evalin, non aveva questa capacità. Durante il colpo si era schiantata ed era semplicemente morta per il contraccolpo. Quel piccolo corpicino aveva rattristato tantissimo Evalin, che si era sentita in colpa, aveva pianto più per il terrore che altro: era riuscita a perdere il controllo, come aveva ipotizzato Stephan, e per questo aveva ucciso un animale innocente e ciò che le dispiaceva di più era stato non accorgersi di averla uccisa, sul letto aveva pensato a tutto quello che Stephan le aveva detto, ma non si era curata minimamente del silenzio improvviso nella stanza, anche perché il fischio alle orecchie non era mai passato.
Per una settimana era andata incontro un problema esistenziale, evitando Dafne e Perseide, aveva trascorso tutto il tempo o in cucina o in camera, posto dove poteva pensare senza che nessuno cercasse di convincerla. Aveva bisogno di trovare una risposta da sola.
Cambiamento di ossa. Sarà molto doloroso.
Stephan aveva avuto ragione, il dolore l'aveva completamente cambiata.
Il maestro si era accordato con gli altri maestri di esonerare Evalin per un po', fino a che non si calmasse e sentisse meglio. Il maestro Glauco si era proposto di aiutarla ma per quella trasformazione c'era ben poco da fare.
Evalin non era ancora rassicurata mentre camminava verso la porta della palestra, ma Evalin aveva insistito e perciò eccola camminare tra i corridoi con la sua tutina grigia.
Aveva i capelli acconciati in una treccia. I suoi occhi erano color nocciola: colore della paura. Stephan, vedendola le strinse una spalla e la confortò.
-Andrà tutto bene. Evalin prese un paraorecchie grigio, che sarebbe servito poco dopo per proteggersi dai rumori fastidiosi.
-L'hai trovata? La ninfa? Gli chiese speranzosa, fermandosi prima di entrare.
L'uomo scosse la testa. -Non c'era nessuno. Ho controllato personalmente.
Lei lo guardò fisso negli occhi con una luce sinistra e gli occhi arrossati. Gli aveva chiesto di trovarla, non appena si era ripresa. Erano giorni che desiderava parlarci, ma il fatto che fosse scomparsa, aveva destato in Evalin ancora più sospetti.
-So cosa ho sentito.
-Se mi dicessi cosa ti ha urlato? Riprovò Stephan per l'ennesima volta ma la discepola, senza lasciargli aggiungere altro, si infilò il paraorecchie e aprì la porta.

Accademia elementi  Libro 1. AriaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora