Capitolo 5

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Eva uscì all'aria aperta.
Prima di uscire avevano aspettato che tutti giungessero il vestibolo, la sala d'ingresso. Poi Aléxandra aveva chiesto di non divulgarsi sulla scuola e di salutare semplicemente per l'ultima volta i parenti.
Alla parola ultima volta, Eva ingoiò un nodo in gola.
Trovò Erika vestita diversamente, con un vestitino comodo bianco, e sopra un giacchetto da lavoro.
Lei appena la vide, le andò in contro.
-Ciao. Stai benissimo! Disse Erika con la sua vocina dolce.
-Grazie, anche tu.
-Allora chi viene a trovarti? Chiese la ragazza sorridendo, la tristezza di Eva era scomparsa dal suo viso.
-Mia nonna, mio fratello e qualche amico magari. Invece tu?
-Credo che la mia famiglia abbia sparso la voce in tutta la mia scuola, ci sarà tutta la mia città probabile.
Disse quella con una smorfia buffa.
-Andiamo? Chiese Erika chiaramente felice.
Eva annuì e fu subito trascinata fuori con forza; quella piccolina era robusta ed eccessivamente espansiva.
Eccoli là, sua nonna e suo fratello, parlavano vivamente con una combriccola di persone; erano venuto tutti per Eva; poi vide Erika.
Vide la famiglia di Erika e le venne quasi un colpo, erano una trentina di persone.Erika la salutò di fretta ed andò dal suo pubblico.
Eva con più calma, andò dai suoi parenti.
La nonna le venne in contro, abbracciandola, aveva le lacrime agli occhi.
Matis, invece la guardava sorridente aspettando il suo turno.
La abbracciò stritolandola e alzandola dal terreno, le fece fare una trottola e poi l'appoggiò delicatamente.
Dietro di loro c'erano alcuni amici di Evalin.
C'erano i due suoi ex-colleghi cuochi, Teocle un suo vecchio compagno di classe e la sua amica Lassadia. Tutti l'abbracciarono e le fecero complimenti.
-Allora com'è la scuola? Chiese l'amica.
-Non posso raccontare niente. Ammise Eva creando del malcontento fra gli amici.
Rimase a parlare della scuola, delle loro emozioni a riguardo. Erano tutti felici con le lacrime agli occhi.
Poi Stephan urlò che il tempo stava per scadere, i gruppi creati tutt'attorno ai dominatori si agitarono.
Eva salutò gli amici; poi guardò suo fratello.
-Promettimi che non farai cavolate. Gli disse, seria.
-Io, guarda che qui sei tu la sbadata. Rispose quello scompigliandole i capelli. Le lacrime scendevano calde, Eva le asciugò frettolosamente.
Era triste ed emozionata nello stesso istante.
Guardò la nonna, lei era rimasta per un momento a guardare Galatea di sottecchi, con occhiate malinconiche.
Le donne rimasero da sole, in piedi sul prato; fuori dal cancello vi era il caos, persone che spingevano e urlavano per poter entrare; ma grazie alla quantità di guardie e alla robustezza ogni spintone era vano.
Trovò le parole e chiese alla nonna.
-Come è potuto accadere?
La nonna le sorrise, era tornata la donna saggia e gentile di sempre.
-Molti miracoli accadono ultimamente.
-Nonna, non è normale. Continuò la ragazza, sussurrando, con le mani fra quelle della signora.
-Non ti preoccupare- disse lei accarezzandole una guancia- Non dirlo a nessuno però, Eva sono seria ora- disse, prendendole il mento fra l'indice e il pollice, guardandola negli occhi- teniamolo segreto.
La ragazza annuì, sconsolata.
Abbracciò la nonna e si avviò verso il suo insegnante.
Erika le venne incontro con le lacrime agli occhi, era triste ma anche calma.
-Facciamo il giro. Annunciò Galatea.
Ben presto Eva si ritrovò dentro l'accademia, affiancata da tutti i suoi compagni.
-Partiremo dal vestibolo e arriveremo fino al gineceo ora. Almeno noi donne.
Annunciò la madre continuando a parlare delle stanze e delle proprie storie.
Eva soprappensiero non si accorse di aver schiacciato il piede a qualcuno.
-Attenta. Sentì una voce affianco a lei.
Si girò e vide un ragazzo, era quello più grande fra tutti.
-Scusa. Farfugliò
-Allora tu sei la ragazza magica! Disse con enfasi quello.
-Cosa? Chiese Eva stupita.
-Ma si sai, la gente è rimasta colpita dal tuo spettacolino in piazza.
Disse quello, camminando lentamente, con nella voce un pizzico di gelosia.
Eva si sentì glorificata e questo non le piacque.
-Non è vero. Il ragazzo le sorrise, non era ostile, pareva molto semplice come persona.
Eva si guardò attorno, Erika da dietro le fece l'occhiolino.
Eva subito guardò avanti, rossa in volto.
-Allora ti chiami Iael?
-Si ma non si pronuncia così? Disse il ragazzo con un gentile sorriso sulle labbra.
-E come? Camminavano ora per ultimi, perdendosi tutte le spiegazioni inutili.
Il ragazzo affianco a lei aveva un profilo affascinante, con i capelli scuri e schiacciati al viso, fronte alta, pelle rosea; aveva il viso ovale, gli occhi scuri e i lineamenti fini,le labbra erano lievi ed aveva anche un accenno di barba.
Era alto e robusto, con le spalle grandi e la camminata rigida.
-Si pronuncia IàĒl. Spiegò quello.
-Iael. Ripeta la ragazza, scandendo bene tutte le vocali.
-Esatto. Disse il ragazzo, congratulandosi.
-Oddio la tua lingua è strana. Non ci sono vocali scritte, a quanto so. Cosa vuol dire? La ragazza lo guardò divertita.
-Vuol dire, cuore di leone. Disse Iael con una scrollata di spalle.
-Comunque te la cavi bene con la lingua ellenica. Le disse lei colpita.
-Grazie. Be' come ligua internazionale devo saperla parlare bene, non credi?
-Già.
Fra i due cadde il silenzio, Eva si guardò i piedi, mentre il ragazzo si finse interessato a due statue di nudo. Erano giunti in una grande palestra interna, priva di alcun attrezzo.
-Allora, cosa si dice di me? Chiese curiosa Evalin, dopo che la spiegazione dell'aula terminò.
-Niente di che, solo che probabilmente sarai l'allieva più promettente di tutti. Sai cose così. Disse il ragazzo con sarcasmo.
-Ah allora si! Può andare come nomina.
Il ragazzo rise, con una risata nasale.
Il gruppo si fermò al primo piano, davanti alla scalinata principale.
-Ci siamo persi tutta la spiegazione. Disse sconsolata la ragazza.
-Tranquilla, dopo ci danno la mappa.-Poi continuò, notando lo sguardo di Eva.- l'ha appena detto la signora.
Un brusio si sollevò dal gruppo.
-Perché non prestate attenzione, avrete anni a disposizione per conoscervi. Disse Stephan, apparso dal nulla.
-Forza, capra -disse sottolineando la parola capra a Iael- la tua maestra ti aspetta.
Appoggiando una mano sulla sua spalla e indicò l'anziana signora.
Stephan aveva portato il silenzio, appena Iael si incamminò con la testa bassa, la giovane ragazza si sentì in obbligo di spiegare la situazione.
-Non dovevi chiamarlo capra, parlavano e basta.
-È ciò che significa davvero il suo nome, bambina. Si limitò a dire lui, sorridendo.
Guardandolo sbalordita, Eva decise di andare via, mettersi in coda e prestare ascolto alle parole di Alèssandra.
Dopo svariati minuti arrivarono in una sala grande nell'ala Est piano terra; era ampia e d'orata, allestita da due lunghi tavoli di legno, le sedie erano comode e molto larghe, simili a tronetti, con sopra scritto il nome dell'elemento.
Dal soffitto cadevano tre candelabri lunghi, di luce chiara, che ricadevano come cascate.
- Questa è la sala da pranzo. Presentatevi qui fra un ora e domani- continuò Stephan guardando tutti gli allievi in viso- inizia la scuola.

La cena fu gustosa e silenziosa, gli allievi sedevano in un tavolo nell'altro c'erano i professori. Fu una cena a più pietanze, con antipasti marini, primi, secondi e dolci invitanti.
Eva si era seduta sulla sua sedia, dove vi era scritto Aria, nel mezzo della fila.
Sulla sua destra vi era Përseide, la dominatrice dell'Acqua, a sinistra sedeva Iael; Erika era invece alla destra di Përseide.
-Ciao io sono Pëi. Si presentò la giovane
Era davvero bella, la pelle era pallidissima, chiaro segno che provenisse dal nord. Aveva le mani lunghe e nodose, agilissime, correvamo da una parte all'altra del tavolo.
-Evalin, ma puoi chiamarmi Eva.
-Allora che ne pensi di tutto questo? Chiese Eva, intenta a mangiare un antipasto.
-A dir la verità, è spaventoso. Decretò la ragazza.
-Si è vero. Si intromise Iael. I quattro iniziarono a parlare sotto voce.
Eva si sentì alquanto accolta, finalmente l'ipotesi di rimanere sola si era scoperta impossibile.
Si comportavano tutti con timore, tranne Nicolas, dominatore della luce, che sembrava nato per i banchetti e il suo amico affianco che sbirciava sempre verso Evalin, la ragazza si irrigidì anche di più, notandolo.
Parlarono tutto il tempo, chiedendosi domande della vita precedente.
-Cosa studiavi? Chiese Eva a Pëi, soprannome della ragazza- prima di oggi studiavo medicina. Volevo diventare dotta.
-Seriamente? Chiese Iael.
La ragazza dopo aver ingoiato un boccone di carne dorata, chiese.
-Si perché? Era molto composta come ragazza.
-Non ti avrei mai immaginata, vestita di grigio, rasata e senza vita sociale. Rispose l'altro sorridente.
-Ma dai, non sono tutti così.
-La maggior parte. Ribatté Eva.
Si divertiva, sentirli parlare del più e del meno li faceva apparire adolescenti normali, ragazzi che non stavano per intromettersi in una organizzazione così importante. Fra un piatto e l'altro servitori portavano porzioni di cibo, inchinandosi e senza parlare.
Eva li guardò per un po'.
-Non li fissare, dovrai abituarti. La riprese Pandora, una ragazza vicina a Erika, che parlando proprio con quest'ultima aveva notato gli sguardi di studio di Evalin.
La cena finì e tutti dovettero tornare ai priori alloggi, Eva salutò gli altri e segui Stephan verso la sua stanza.
Quell'uomo è così passivo, pensò, vergognandosi subito.
Non riuscì a dormire. Rimase distesa nel letto. Pianse per la nonna. Pianse per sé stessa e infine rise istericamente.
Sotto lo stesso tetto, qualche stanza più in basso sua madre stava dormendo, e questo pensiero non permise ad Evalin di rilassarsi, quasi si aspettava che aprisse la porta e la riconoscesse, ma nulla di ciò sarebbe successo e il dolore della realtà le faceva troppo male per rilassarsi. Nelle ore più buie della notte alla fine cedette e cadde in un sogno profondo, finalmente ferma senza rughe sulla fronte.
Il domani sarebbe stato complesso ed emozionante, lo sentiva.

Ciao, che ve ne pare? Si inizia a raccontare dell'allenamento.
Ringrazio tutti coloro che leggono.

Accademia elementi  Libro 1. AriaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora