Capitolo 35

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Evalin sentiva una vertigine ogni volta che si sporgeva dal balcone. Quando aveva volato sul jet, invece, lo stomaco aveva iniziato a combattere contro di lei, risentendo dell'altitudine, in aggiunta poi a peggiorare il suo umore era stato il terrore di precipitare in un ammasso di ferro senza alcuna via di fuga.
Aveva sempre fantasticato sul volo: si era immaginata di aprire le braccia come un uccello e volare agitando le braccia e le gambe, come quando nuotava; aveva sentito il vento che le soffiava sul viso,  ricreato nella sua testa la bellissima vista dei monti erbosi dell'isola a pochi metri dalla sua mano, e nella sua visione sembrava che nulla potesse essere negativo.
Ma volare come faceva adesso, volare come se fosse aria, volare come facevano le ninfe dell'aria, era anche meglio di ciò che si era immaginata. Stephan le aveva anche raccontato una volta come fosse volare, ma il significato di qualcosa ancora non sperimentato non può essere mai capito.
Lei non sentiva il vento sul viso, lei era il vento sul viso degli altri.
Lei non vedeva il panorama solito di sé con gli occhi sgranati e lacrimanti, infatti non avendo occhi umani, riusciva a seguire il profilo di tutto il paesaggio e ammirarne i dettagli.
Lei non stava volando come un pesce, lei stava fluttuando, muovendosi senza capacitarsi come: pensava dove andare e andava e basta. Se Stephan le avesse potuto parlare, le avrebbe spiegato che il suo corpo si riscaldava per farla salire e raffreddava per farla scendere di quota, mentre il movimento orizzontale era dovuto alla semplice forza cinetica e alla pressione esercitata in cielo. Ma Stephan non riuscì a dirle molto; essere rapito e trasportato per il cielo, chiuso in un pugno d'aria fermo, era qualcosa a cui non aveva minimamente pensato, invece si dovette ricredere quando iniziarono a salire di un metro da terra, poi due, poi tre, poi sette, sorvolando il boschetto della scuola dove Evalin aveva sentito quella ninfa urlarle.
Stephan si bloccò totalmente, incapace di pensare e di ribellarsi.
Gli alberi erano tutti capovolti, sembravano trottole verdeggianti mossi dal vento sottostante, il quale era provocato da Evalin.
La curva del monte sembrava raggiungerli sempre più velocemente, Evalin vedeva gli uccellini svolazzare timidamente a un metro dal ramo, poi il sottobosco abitato, e all'ultimo, provocando un moto di nausea a Stephan, virò a destra, facendo la giravolta, una, due e tre volte, godendosi la sensazione di libertà.

Finalmente anche Stephan smise di urlare, forse perché privo di ossigeno nei polmoni, ma solo una volta che si rilassò definitivamente, Evalin iniziò a rallentare e portarsi all'altezza delle nuvole. Le nuvole da vicino erano più grandi di quanto avesse potuto aspettarsi, così leggere da scomparire con un gesto. Toccarle equivaleva a distruggerle, perciò si curò di non scontrarsi più del dovuto, ma ormai anche il tetto di nuvole era diventato un pavimento coprente. L'aria era più rarefatta lì, ma lei non poteva accorgersene, così felice com'era. 

Non si era mai resa conto che l'Astro fosse così splendente, riusciva a vederlo nella sua interezza, così rosso e vivo. Sentiva il viso riscaldarsi dalla stella ma con i piedi era certa di toccare la terra. La sua mente non era capace di comprendere tutte quelle meraviglie né il suo cuore che le batteva in petto come un motore riscaldato. Rimasero in silenzio per un attimo ad ammirare il mare limpido e verde che si estendeva a perdita d'occhio, e lassù, lontano dalla vita terrena, pareva come se il meteo e il tempo si fosse fermato per sempre soltanto per loro due.

Sentiva le voci, ma non la spaventavano più, sapeva cosa fossero e che potere avessero sulle persone, eppure non poteva sconnettersi, anzi le ascoltava entusiasta, felice di non sentire più quel dolore alle orecchie. Per la maggior parte i sussurri erano parole privi di significato; morti, vivi e non umani che sussurravano tutto ciò che volevano senza badare di dar fastidio, diversamente dalla prova però erano suoni più tenui, meno ruggenti. Vi era qualche lamento ogni tanto, ma non si riusciva a cogliere un sussurro intero che si mescolava agli altri mille. Neppure con l'eternità al suo fianco sarebbe stata capace di focalizzarsi. I miliardi di sussurri crearono una melodia, così unica. 

Accademia elementi  Libro 1. AriaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora