Capitolo 16

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La sera stessa come prestabilito dai maestri durante un concilio, non appena il sole era sceso e un nuovo giorno sorto, si decise di svolgere delle iniziazioni.
Per prima cosa chiesero a Cassandra la maestra della luce, chi fare iniziare per primo.
-Dopo aver interpellato il dio Astri, sono venuta a conoscenza della risposta alla vostra domanda: i primi saranno Flora, Astri, Fauna, Sogni ed Acqua. I primi due si svolgeranno questa sera, gli altri tre domani.
Dopo che tutti sciamarono via dalla sala dei troni, Xenios con il suo passo fermo e solenne si avvicinò a Stephan.
-Sembri rattristato.
-Evalin mi assilla.
-Puoi gestire una sedicenne. Parliamo piuttosto del tuo viaggio.
Il cugino andava sempre e subito al punto.
-Penso di partire nel mese Pianepsione.
Xenios si incupì.
-Cioè fra due mesi, se non più? Scandì parola per parola quello, era collerico.
Stephan guardò il suolo, quasi colpevole di un reato.
-È urgente. Ne abbiamo già parlato! Partirai fra una luna piena con una nave mercantile.
-Dovevi badartene tu! L'accusò l'altro.
Stephan cercava sempre di non arrabbiarsi, sapeva che se sfociava nella rabbia si calmava dopo tanto tempo.
-Non alzare la voce!
-Tu non arrabbiarti con me! Tu avresti dovuto accertartene anni fa- gli puntò un dito contro- io non posso saltare lezioni così.
-È tua sorella. Disse Xenios indignato.
Stephan lo guardò truce. Senza badare troppo se ne andò, lasciandolo lì da solo.
Entrò nella sua stanza, aprendo le porte co forza; trovò il suo pavone addormentato sulla sua coperta, lo superò ed andò in bagno a sciacquarsi per poi provare a dormire.
Non ci riuscì, così finì per uscire arrabbiato, non sapeva che fare o dove andare, ma invece di rimanere nel corridoio entrò nella stanza della discepola.
Aveva appena socchiuso la porta e la guardava sul letto abbracciare il cuscino.
"Da dove vieni?" Si domandava. Ma non aveva risposta.

Nel frattempo Cloe stava organizzando l'iniziazione, così come Cassandra.
Dafne dormiva profondamente nel suo letto, ma a causa di alcune percosse fu subito svegliata.
Davanti a lei c'era un sacerdote, aveva la testa calva, gli occhi spiritati e una lunga tunica porpora.
Dafne sobbalzò, tirò le coperte su fino al mento e con voce tremante chiese chi fosse.
Lui non rispose rimase a guardarla.
-Scendi, oh discepola, sono il mistagogo, un sacerdote che accompagna gli iniziandi nei misteri. Aveva la voce così grave da far drizzare i peli.
Dafne fece subito come richiesto, scese dal letto e senza opporre resistenza lasciò che quello la bendasse.
Era bastata la parola iniziandi a farla comprendere; era agitatissima ma nonostante non avesse né scarpe né un giacchetto non tremava solo per il freddo.
Non osò sbirciare; si lasciò guidare dalla mano del sacerdote.
Quando sentì l'erba sotto i piedi capì che erano usciti fuori all'aperto, dell'acqua scorreva poco distante.
-Ferma. Dafne ubbidì.
Sentì dei passi in lontananza.
-Per diventare devota alla dea non puoi usare magia senza la sua veglia- spiegò Cleo alla sua sinistra, sussurrandole all'orecchio- devi perciò conoscere i misteri e le preghiere. Prima di partecipare ai Misteri minori e maggiori fino ad arrivare a quelli Epoptici, devi essere purificata con l'acqua del fiume.
Il ruscello artificiale sprizzava a poca distanza più rumorosamente; Dafne non poteva vedere ma aveva la netta sensazione che ci fossero altre persone all'infuori di loro tre.
-I misteri di svolgono nel mese di Antesterione. Perciò stasera condurremo un'iniziazione più veloce.
Dovrai lavarti nel fiume, poi uscirai e andremo verso il tempio sacrificherai un animale alla dea e berrai la sua bevanda. Spiegò.
La situazione era divenuta sacrale. Anche eccessivamente.
-Vai. Con calma Dafne arrivò sulla sponda del fiume.
Si accovacciò e con un unico gesto dopo aver espirato rumorosamente si tolse la vestaglia ed entrò nell'acqua.
Tremava dal freddo, l'acqua le bagnava le ginocchia rendendo difficili i suoi passi, inoltre non poteva vedere dove metteva i piedi.
-Sdraiati.  E Dafne ancora obbedì.
-Ripeti dopo di me.
Flora dalle belle chiome, dea, veneranda, io comincio a cantare,
E con lei la figlia dalle belle caviglie, che Aidone rapì;
Lo conduceva Enegia dal tuono profondo, che vede lontano,
eludendo Flora dalla spada d'oro, dea delle splendidi messi
mentre giocava con le fanciulle dal florido seno, figlie degli abissi,
e coglieva fiori: rose, croco e le belle viole,
sul tenero prato; e le iridi e il giacinto;
E il narciso, che aveva generato, insidia per la fanciulla dal roseo volto,
La Terra, però volere di Fuoco compiacendo il suo che molti uomini accoglie.
Recitando così tutto l'inno omerico alla dea, Dafne non sentiva né freddo né l'acqua sulla pelle. Era una cantilena bella e ugualmente lunga.
Ripeteva verso dopo verso, finché non conclusero dicendo -e io mi ricorderò di te e di un'altro ancora.
Uscì dall'acqua e subito fu avvolta da una coperta pesante dal sacerdote.
Cleo le fece togliere la benda e lasciandosi dietro le spalle la scuola andarono verso il monte.
Il tempio non era così lontano, ma pareva la sua una salita interminabile.
Arrivati il sacerdote la aiutò a sedersi nel vestibolo e cambiarsi, vestì un lungo vestito di fiori elegante; poi entrarono insieme e lì Dafne trovò un piccolo maiale sull'altare, per un momento esitò, non amava i sacrifici, ma non poté evitarlo perciò prese il coltello in mano e disse come richiesto.
-Questo sacrificio è per allietare la dea. E affondò la lama lasciando scordare un po' di sangue.
-Vai avanti! La spronò Cleo.
Allora Dafne prese la gemma di perla verde sul tavolo fra le mani, era così piccola eppure conteneva così tanta magia. Molto ironico.
Con voce strozzata iniziò a parlare, la gemma si illuminò, i capelli le si alzarono mossi da un vento, il vestito divenne più splendente e la sua pelle per un secondo sembrò verdastra.
-Io Dafne, figlia di Cadmo, sono la futura dominatrice della flora.
Appena le parole uscirono dalla sua bocca un boato si fece eco attorno, tanto da spaventarla.
Cleo le sorrideva.
Il maiale era rinvenuto dalla morte ed iniziò a correre fuori dal tempio, inciampando nel suo stesso sangue
-È solo la natura, ricorda il nostro potere è il mondo vegetale che crede nel ciclo delle cose. Accendi la fiamma.
Il sacerdote che era momentaneamente scomparso ricomparve dall'altra parte dell'altare con una fiaccola in mano, la ragazza si avvicinò, lo prese e lo lasciò aderire su un calice che teneva la fiamma.
Era così spaventata, eccitata e confusa che vedeva le cose come se fosse chiusa in una bolla di vetro.
Cleo le pose delle mani sulle spalle girata.
-Ora va fatto vedere.
Dafne non se lo fece ripetere due volte.
Uscì dal tempio e quasi le enne un colpo.
Davanti a lei vi erano varie creature, alcune sembravano ninfe, altre erano più piccole e bitorzolute.
" E io che pensavo non esistessero!"
Si inchinarono davanti a lei mettendola in imbarazzo.
-Regina. Disse insieme.
Un satiro la prese per il braccio e la condusse verso uno spiazzale sulla collina abbastanza orizzontale.
Si aspettavano qualcosa da lei, solo dopo un po' quella capì che aspettavano una manifestazione del potere e stringendo le mani cercò di ricordarsi l'unica cosa imparata finora.
Distese le braccia, chiuse gli occhi e si concentrò: accadde dopo pochi secondi, dal terreno saliva un lieve tronco verdognolo con una chioma ridotta, era come se una parte di lei accelerasse la vita: pensava a creare un ramo e questo cresceva, poi un altro, poi una foglia, conoscere la pianta era la chiave. Tutti i suoi muscoli erano tirati. Impegnandosi lo rese sempre più grande facendolo arrivare all'altezza del suo ginocchio, poi sorvolando dal calore in volto per lo sforzo e da dei piccoli spasmi sulle gambe, l'albero prese la forma di un normale faggio. Stremata Dafne osservò rapita la sua opera. Aveva fatto l'impossibile.
Riaprì gli occhi titubante, gli spettatori le sorrisero e la issarono sulle braccia sostenendola, quella di muoveva da una creatura all'altra.
Dafne spruzzava di gioia.
Si sentiva a contatto con qualcosa di molto più grande.
Appena rimise i piedi per terra sentì due mani applaudire dietro di lei; si girò e rimase basita nel vedere Nicolas, vestito con un completo elegante, con un panciotto d'oro e giacca lunga della medesima sfumatura.
-Bello spettacolino.
-Che ci fai tu qui?
Lui sorrise in un modo così egocentrico da far sentire stupida Dafne. Si avvicinò a lei trascinando i piedi, ogni suo gesto era perfetto ed elegante; arrivato davanti a lei le accostò la mano chiusa a pugno vicino alla guancia.
Quella iniziò a brillare di luce chiara, illuminando tutt'attorno risplendendo con la luna.
Sotto di loro vi era il prato bagnato; attorno gli alberi alti ancora verdi, le creature del cosiddetto monte rimasero abbagliate.
La luce illuminava anche i fiori sparsi e le persone. Sopra di loro c'era il cielo stellato.
Sembrava una di quelle serate romantiche, perfetta de solo non ci fossero così tanti noiosi intrusi.
-Vedo che vi siete già incontrati. Questa volta a parlare era stata Cassandra, Cloe poco più dietro li stava ancora raggiungendo.
-Siete i primi dominatori ufficiali.
I due si scambiarono uno sguardo di contesa.
-Ma non potete parlare a nessuno di ciò che avete compiuto. Li avvisò Cloe.
I due annuirono, ma si vedeva che non prestavano attenzione, erano elettrizzati. Avevano una strana luce negli occhi e continuamente usavano i suoi poteri per creare o piccoli ramoscelli o illuminare un oggetto.
-Andiamo ora. Domani la scuola inizia per davvero! Li ammonì Cassandra.
-Chi arriva prima. Nicolas corse dietro a Dafne la quale era scappata come una saetta verso la scuola. Correva veloce ridendo dalla gioia, il suo compagno le stava attaccata e le illuminava la strada davanti oppure di lato, solo per il gusto di provare il suo potere.
Arrivarono all'entrata secondaria e senza salutare i rispettivi sacerdoti andarono nelle proprie stanze.
Inutile dire che nessuno dei due riuscì a dormire. Nicolas era rimasto nel suo letto a creare una piccola palla di luce dorata fra le mani, si sentiva finalmente appagato. Aveva un potere, e non uno qualunque Nicolas sarebbe stato il portatore di pesti colui che anche di notte avrebbe illuminato il mondo.
Dafne invece non riusciva a rimanere sdraiata, continuava ad alzarsi, girare in tondo, divertendosi a creare rami verdi dal suo indice.
Fantasticava sulla sua vita, sognava di poter un giorno vivere con le driadi, di darsi al vagabondaggio e coccolare qualcuno. Non voleva nemmeno togliersi il vestito!
E così divenne mattina...

Accademia elementi  Libro 1. AriaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora