Cinquecento di Dani, 3 agosto 2014

28 2 2
                                    

Esco, sono le sette e mezza e Dani è fuori dal cancello che mi aspetta, con la sua Cinquecento antiquata, perfettamente pulita.

Il sole sta tramontando, i contorni si fanno vaghi. I rami si confondono con il cielo, i tetti sono dello stesso colore della notte. I pipistrelli escono dai loro nascondigli e il loro verso stridulo riempie l'aria, mentre evitano abilmente i fianchi delle case. I grilli iniziano il loro canto meccanico, le rane nei fossi accanto alle strade gracidano rumorose, senza preoccuparsi di dare fastidio.

Dani mi aspetta, appoggiato alla macchina, fasciato in un paio di jeans strappati e in una t-shirt scura. Stacca gli occhi dallo schermo del cellulare, che lo illumina debolmente con una luce fredda, e sfodera un sorriso, uno di quei sorrisi che adoro fotografare di nascosto.

-Pronta?-
-Pronta-

Andiamo a cena in una piccolo ristorantino a qualche chilometro da casa nostra, che fa dell'ottimo cibo tipico. Mangiamo, ma soprattutto parliamo, parliamo, parliamo.
Parliamo come non lo facciamo da mesi.
Mi è mancato tanto.
Gli racconto tutto ciò che mi è successo allo studio, di tutte le persone che ho fotografato, tutto quello che mi è successo.

Lui mi racconta quello che ha fatto lui in questi mesi, come ha riallacciato i rapporti con Sara, come hanno iniziato ad uscire assieme. Durante il suo racconto copro il senso di fastidio che mi provoca sentirlo parlare di lei con una felicità artificiale, che lui sembra apprezzare seriamente. Deve piacergli molto, e non sarò certo io a rovinare la loro storia. Daniele merita il meglio, e se per lui il meglio è Sara allora non posso fare altro che appoggiarlo. Finita la cena, ci dirigiamo verso Pordenone, questa sera ci saranno i negozi aperti per la notte bianca e andiamo a farci un giro.

E' passata la mezzanotte quando decidiamo di tornare a casa.
Saliamo in macchina e torniamo a casa ridendo.

Appena accosta davanti al casa mia mi porge un pacchetto, incartato con una carta azzurrina e un fiocco bianco. Sta interamente nel palmo della mia mano.

-Cos'è?- domando curiosa, le mie mani fremono per aprirlo, ma mi trattengo.
-Un regalo. Avevo pensato di dartelo sabato sera, ma non ce n'è stato il tempo..- risponde lui, lasciando in sospeso la frase. Sposto la mia attenzione sul pacchetto e comincio a scartarlo con delicatezza.
-Come mai?-
-Per il tuo compleanno-
-Ma non ci facciamo mai regali, io e te..- affermo, interrompendo quello che sto facendo.
-Ehm.. l'ho visto qualche giorno fa e te l'ho preso-

Il cuore mi martella nel petto furioso. Cosa significa tutto questo?

-Oh.. Ok- rispondo in un soffio, fuggendo dallo sguardo che mi rivolge Dani.

Una scatolina dello stesso colore della carta mi accoglie. Tolgo il coperchio e un braccialetto in argento brilla nella debole luce che ci illumina dentro la macchina.

Guardo meglio il regalo, notando un piccolo infinito fatto di brillanti al centro del bracciale.

-E'... Meraviglioso, Dani. E' bellissimo- lo tolgo dalla scatola e mi faccio aiutare ad indossarlo. Mi sta alla perfezione e, anche se raramente indosso gioielli, questo sono sicura che lo terrò addosso sempre.
-Davvero ti piace?-

Annuisco sorridendo a trentadue denti, guardando in estasi come i piccoli cristalli catturano la luce e la rifrangono in piccoli fasci di luce bianca.

Non mi capita molto spesso di ricevere sorprese o che qualcuno mi faccia regali.

Io e lui ci siamo ripromessi molti anni fa di non farci regali per il compleanno, quindi questo bracciale mi ha stupita e spiazzata.

-Non dovevi..-

Lui scuote la testa sorridendo, prende un grosso respiro e comincia a parlare, con voce sincera e gli occhi fissi nei miei. Inspiegabilmente perdo un battito.

-Volevo... Volevo che avessi qualcosa che ti ricordasse me, anche quando sei lontana. Da quando sei andata a vivere a Udine è tutto diverso. Non ci vediamo spesso, e ogni tanto mi manca parlare con te come facevamo quando eravamo piccoli. E quando ho visto quel bracciale, ti ho pensata subito. Spero che questo ti faccia pensare a me ogni tanto...-

Lo scruto confusa. Lui afferra la mia mano e il suore mi balza in gola.

Fuori la temperatura è scesa, ma sento caldo. Molto caldo.
Anche la sua mano mi sembra bollente.
E' una mano conosciuta, conosco a memoria i tutti i rilievi e gli avvallamenti, le cicatrici e i calli.
E' una mano forte, sicura, tenace, ma allo stesso tempo dolce, delicata e familiare.

Deglutisco piano, sono intenta a calmare la corsa feroce del mio cuore.

Dani si sporge verso di me, la distanza tra di noi si accorcia sempre di più.

Vorrei avvicinarmi anch'io, annullando completamente lo spazio che ci divide, ma non ne ho il coraggio.

Se ora allungassi il braccio potrei carezzargli il viso, far scorrere le mie dita tra i suoi capelli e capire se l'accenno di barba che gli contorna il viso è morbido come sembra.

Ma non ne ho il coraggio, e stringo la scatolina forte tra le mani.

-Non... non dimenticarti di me, d'accordo?-

Sbatto le palpebre, più e più volte.

-Come potrei dimenticarmi di te?-
-La vita è piena di imprevisti. Solo, promettimi che non ti dimenticherai di me-

Un groppo doloroso mi serra la gola.

Lo vorrei baciare, ora. E' un bisogno primordiale, una necessità, come respirare, come il battito del mio cuore.

Lui si sporge e mi abbraccia. Mi irrigidisco, ma poi rispondo, decisa.
Il mio desiderio relegato sotto strati di abbracci fraterni, sotto pennellate familiari di un'amicizia conosciuta.

Questo è ciò che siamo: amici.
Nulla più. E mi devo abituare a questa sensazione strana. Quella che in questo momento mi farebbe riempire di piccoli baci il suo collo, in quel punto sensibile appena sotto l'orecchio che mi ha svelato di avere qualche anno fa.

Spero che non percepisca la mia disperazione per questa presa di coscienza improvvisa.

Spero che non si veda quanto questa nuova scoperta mi ha turbato. Quanto vorrei non averlo capito, quanto vorrei poter tornare indietro.

Devo essere un'ottima attrice, perché lui non cambia espressione, rimane con quel sorriso timido sulle labbra perfette.

Con dei movimenti quasi meccanici lo saluto e scendo dalla macchina.

Sembro un automa mentre salgo in camera mia e mi preparo per andare a letto.

Potrei essere scambiata per una macchina quando mi rigiro per ore nel letto, incapace di addormentarmi.

Intravedo le luci del mattino prima di cadere in un sonno senza sogni, con la mano che stringe il polso in cui il braccialetto di Dani spicca luminoso.

Ti ricordi, Irene?Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora