Rio terrà delle botteghe, 2 agosto 2014

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Il pranzo trascorre veloce, la pasta alle vongole che ordino è squisita e il vino che Massimiliano ci porta è ottimo.

Alla fine del pranzo, Marco esce personalmente per portarci fuori il dolce, un gelato al mango fatto in casa accompagnato da lingue di gatto ancora calde.

Anche questa volta non manca di tenermi puntati addosso i suoi maliziosi occhi scuri, che mi scrutano attenti da sotto le lunghe ciglia.

-Pensavo che stasera potevamo... divertirci assieme come una volta, eh Lorenzo?- domanda Marco, senza togliermi gli occhi di dosso.

Il cucchiaino di gelato di Lorenzo, rimane fermo a metà strada tra il piatto e la bocca, mentre sul suo volto passano quasi un centinaio di emozioni. I suoi occhi guizzano verso i miei, e la strana sensazione che il divertimento implichi anche me si fa solo largo tra i miei pensieri. Ma è solo un'attimo, poi il cucchiaino finisce di percorrere la sua orbita.

-Non credo che sia il caso- risponde secco, la titubanza di poco fa solo un lontano ricordo sepolto sotto sapienti strati di sicurezza.

-Oh, avanti, Lorenzo... Una volta ti piaceva come ci divertivamo io e te!- Marco mi fa l'occhiolino, e io pronta sposto lo sguardo confusa verso Lorenzo, che per tutta risposta evita di guardarmi.

-E' passato parecchio tempo, Marco. Non sono più il ragazzino che ricordi-

-So che non è vero, Dema. Lo so. Quindi perché non mi accontenti e ci divertiamo, stasera?-

Dema? Che vuol dire? Ora mi sento a disagio. Un lungo scambio di sguardi tra i due mi serra la bocca dello stomaco.

Marco alla fine cede, alza le mani in aria.

-D'accordo, non vuoi condividere. Peccato. Ci saremo fatti delle belle risate stasera, noi tre- la sensazione di prima mi avvolge come acqua ghiacciata, e spalanco gli occhi per la sorpresa. Ma per chi mi ha preso? Per una puttana? Chi si crede di essere per trattarmi in questo modo? Mi guardo attorno confusa, poi recupero la mia borsetta dalla sedia accanto alla mia e mi alzo in fretta, tirando fuori il portafoglio e sbattendo sul tavolo una banconota da 50 euro.

-Per il disturbo- sibilo infuriata e me ne esco dal ristorante, sotto lo sguardo sbalordito di Lorenzo e Marco.

Svolto l'angolo e mi metto a correre verso il lungomare, desiderosa di mettere quanta più strada tra me e quei due bastardi. L'idea che poteva succedermi qualcosa... rabbrividisco per l'ennesima volta, anche se il sole è alto in cielo e l'aria che prima fuori dal ristorante teneva la temperatura ideale sembra scomparsa.

La camminata sul lungomare è affollata, forse riuscirò a confondermi abbastanza a lungo per chiamare qualcuno e farmi venire a prendere.

Lacrime di frustrazione minacciano di uscire, ma le ricaccio indietro furiosa.

-Irene!- sento la voce di Lorenzo che ora corre verso di me.

Accidenti.

Non ti girare, Ire, magari non ti ha vista, continua a camminare.

-Irene, ti prego!-

Noto con imbarazzo che tutti sulla camminata stanno guardando straniti l'uomo che urla e che corre.

Accelero un po' il passo, svoltando appena possibile dietro alla chiesetta in fondo alla camminata che dà sulle spiagge e mi dirigo verso il centro città. Conosco bene Caorle, da piccola ci venivo sempre con mamma e papà e conosco parecchie scorciatoie, alcune di queste le ho fatte assieme a Daniele.

Sono sulla strada che porta in centro, le case colorate mi avvolgono e la folla è scomparsa. Mi guardo indietro cercando tracce di Lorenzo, ma per fortuna di lui non c'è traccia. Tiro fuori il cellulare dalla borsa e cerco il numero di Daniele, lo chiamo ma non risponde, quindi gli lascio un messaggio dicendogli di richiamarmi non appena possibile.

Ti ricordi, Irene?Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora