Casa, 31 luglio 2014

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-Dani! Dobbiamo andare dove sei finito? Sei tardi come al solito!

Dall'altro capo del telefono la sua voce assonnata mi arriva flemmatica, senza nessuna fretta. Non si smentisce mai, Daniele.

-Arrivo Ire. Sto arrivando, che fretta c'è?-

-Sai che odio quando arrivi in ritardo!-

-Sì Ire lo so. Mi sono appena vestito, un minuto e sono lì!-

-Ti conviene! O vengo a prenderti con le cattive!-

E butta giù. Odio quando mi riattacca il telefono in faccia.

Prendo la borsa ed esco di casa, il vento caldo estivo mi investe e il profumo di non so che fiore mi riempie i polmoni, rilassandomi in un attimo. Stasera io e Daniele, il mio migliore amico, dobbiamo andare al Papi, una discoteca all'aperto.

Il vestitino nero che indosso contrasta con la mia carnagione chiara e mi fascia alla perfezione, le scarpe con il tacco slanciano la mia figura esile. I capelli non credo siano mai stati così lisci e il trucco nero sfumato aggiunge ombre drammatiche al mio volto.

Mi sembra di essere tornata una ragazzina del liceo. Ma devo ricordarmi che oggi compio ventotto anni, anche se tutti mi dicono che non li dimostro. Faccio palestra, corro, mi tengo in forma insomma. Non sto mai ferma, odio l'ozio. E in questo Daniele è il mio esatto opposto.

Parlando del diavolo, eccolo sbucare dalla porta della casa attaccata alla casa dei miei.

Io e lui ci conosciamo da sempre.

Lui al traguardo dei trenta è arrivato l'anno scorso, e devo dire che non è per niente cambiato negli anni, sotto nessun aspetto. E' rimasto lo stesso ragazzino pigro e scapestrato delle medie.

Mi saluta con un bacio sulla guancia a cui io rispondo con un sorriso a trentadue denti. Sono mesi che non ci vediamo e ora finalmente possiamo passare una serata insieme. Mi è mancato davvero moltissimo.

-Allora, pannocchia. Come stai? Come si vive a Udine?-

Quel nomignolo. Non me lo tolgo dalla quinta elementare, quando per un compito a scuola a posto di scrivere 'parrocchia' ho scritto 'pannocchia'. Non me l'ha mai lasciata correre, e ogni volta che ci vediamo mi chiama così. Ormai è diventato il mio soprannome, ma permetto solo a lui di chiamarmi così.

-Ah.Ah.Ah. Ancora con quella storia? Comunque benissimo direi, lo studio è magnifico e i colleghi sono abbastanza simpatici. Credo che la segretaria ti piacerebbe..-

-Naaa. Troppo serie. Piuttosto, una delle modelle del tuo ultimo servizio su quel giornale di moda..-

-No. Le modelle sono noiose. Parlano tutto il tempo di diete e trucchi, non resisteresti cinque minuti con una di loro-

Lui mi tira una leggera gomitata e mi fa l'occhiolino.

-Non ti preoccupare, non devono dire nulla. Possono anche non fiatare tutto il tempo. Ma potrebbero..-

Lo interrompo. Di certo non voglio sentire tutte le schifezze che farebbe con quegli stecchini di modelle che mi ritrovo a fotografare.

La fotografia. Il mio pensiero corre alla mia decisione di intraprendere la carriera di fotografa. Ho fatto il liceo, ma dopo la maturità mi sono ritrovata a chiedermi cosa avrei voluto fare nella vita. La fotografia era sempre stata una mia grande passione e, anche se i miei genitori avrebbero preferito che studiassi giurisprudenza, ho deciso di seguire un corso di fotografia. A cui ne sono seguiti molti altri. E infine ho frequentato un corso di laurea in fotografia. Ora lavoro in uno studio fotografico a Udine. Fotografo per lo più modelle scheletriche dentro abiti su misura, ma la mia passione sono i paesaggi. Il mio sogno è quello di aprire una mostra fotografica dove esporre tutte le mie foto delle colline udinesi, dei campi dietro casa mia, delle montagne che vedo dalla finestra della mia grande casa degli anni trenta.

-Pronta?- dice porgendomi il braccio e trascinandomi dietro di lui verso la macchina. La sua sgangherata Cinquecento del '65 bianco perla, piena di botte e con i sedili consumati. La prima volta che ho guidato l'ho fatto su questa macchina. Per quanto il tempo stia cominciando ad avere la meglio su di lei, io la adoro.

-Pronta!- esclamo, abbassando il finestrino e la piccola Cinquecento parte tossendo. La campagna scivola via, le stelle ammiccano in un cielo blu senza luna e le strade come al solito sono deserte. Abito in un piccolo paese vicino a Pordenone, in Friuli Venezia Giulia. Grazie al mio lavoro sono riuscita a viaggiare parecchio, e di luoghi magnifici ne ho visti parecchi, ma nulla è minimamente comparabile alla mia terra, ai suoi tramonti, alla sua anima. Tornare a casa mi dà sempre quella sensazione di completezza che non ho mai trovato in nessun altro posto.

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