Il parchetto dove mi aspetta Daniele è deserto. E' il classico parchetto per famiglie con qualche gioco per bambini, tra cui uno scivolo, un'altalena e qualcuno di quegli animali con la molla sotto che si muovono avanti e indietro. Un sentiero ricoperto di sassi attraversa l'erba, il bianco in contrasto con il verde dell'erba ancora rigogliosa di settembre, anche se qua e là qualche foglia comincia a ricoprire la base degli alberi e a macchiare il sentiero di giallo. In fondo al parco c'è un fiumiciattolo, dove in primavera nuotano piccole trote e dove sguazzano anatroccoli con le loro mamme. Erano anni che non venivo qui. L'ultima volta ci sono stata con Dani. Spazzo via il pensiero velocemente.
Le panchine che si affacciano sul laghetto sono tutte vuote, tranne una. Come attratta dal canto di una sirena mi dirigo verso quell'unica panchina occupata e sono praticamente certa che il mio cuore non batta più. Perché so quello che mi aspetta. Una pacca sulla spalla e un addio dalla persona più importante della mia vita.
I passi che mi fanno avvicinare a lui sono sempre più difficili da fare. Trovo faticoso alzare i piedi da terra e metterli uno davanti all'altro per avanzare. Daniele è girato, non si è ancora accorto di me. Potrei fuggire, sono ancora in tempo. Ma proprio mentre formulo questo pensiero, ecco i suoi occhi che incontrano i miei e il mio cuore ritorna a palpitare. Le mie guance si infiammano e il suo sguardo si indurisce.
Copro la distanza che mi separa da lui in un tempo interminabile. E il suo sguardo è ancora lì, inchiodato al mio, sempre più indecifrabile.
-Ire- lo sento sussurrare, quando sono a un passo da lui e intanto abbassa gli occhi. La sua voce è la stessa di sempre? Non lo so più.
Non parlo, non riesco, non voglio farlo. Mi costerebbe troppo.
-Grazie di essere qui. Puoi... vuoi sederti?
Senza dire nulla mi siedo accanto a lui sulla panchina, l'unica panchina occupata del parco. Lui non si muove.
Il sole è alto e riscalda l'aria, ma io sento solo freddo. Un freddo intenso, che parte da dentro, dalle ossa.
Raccolgo le gambe al petto e le abbraccio, appoggiando il mento sulle ginocchia. Non lo guardo nemmeno. Anche questo costerebbe troppo. Fisso l'acqua che si increspa sotto il peso di una foglia caduta.
Il silenzio è opprimente. E' una sensazione aliena, che non ho mai provato con Dani. Con lui anche il silenzio è sempre stato fantastico.
Lo sento rigirarsi agitato e nel farlo mi sfiora un braccio. La scia del suo tocco brucia sulla mia pelle, potrei tracciarne i contorni.
Mi mordo un labbro per impedirmi di urlare. O scoppiare a piangere. O entrambe.
-Ti ricordi quando abbiamo fatto questo?- mi domanda all'improvviso, rompendo il silenzio. Sobbalzo nel sentire la sua voce. La mia decisione di non guardarlo vacilla giusto per il tempo di farmi voltare verso di lui, e sono perduta. I suoi occhi. Quelli che ho fotografato migliaia di volte sono lì, e sono sempre gli stessi, anche se sono completamente diversi. Seguo il suo sguardo che si abbassa e noto le sue dita puntate ad indicare le nostre iniziali, I & D, incise sul legno della panchina. Eravamo alle medie quando lo abbiamo fatto.
Annuisco. Passo con la punta delle dita il contorno di quelle lettere. Deglutisco mentre sento il suo sguardo di fuoco che brucia la mia pelle mentre guarda il percorso delle mie dita sul legno.
La sua mano si posa sulla mia, come a volerla fermare, come se gli stessi facendo male. In un attimo le sue dita si intrecciano alle mie e la confusione mi annebbia la mente.
-Dani...- il suo nome scivola fuori dalla mia gola quasi come una supplica.
-No, Ire, voglio spiegarti. Devo spiegarti. E ti prego, lasciami parlare o non riuscirò a dirti quello che voglio, mentre ne ho davvero bisogno. Quindi per favore, lasciami dire quello che devo dirti-
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Ti ricordi, Irene?
RomanceSono Irene. Sono una fotografa. Sono una vent'ottenne single. Sono la migliore amica di Daniele. Sono sua amica da sempre. Io e lui ci conosciamo a memoria. Siamo sempre insieme, qualsiasi cosa accada. Ma ho bisogno di un suo bacio, ora. Senza qu...