Sulla soglia di casa, un uomo alto e dai pochi capelli brizzolati, piuttosto robusto, continuava ad osservare la scena ad occhi spalancati. Poggiò le buste della spesa che teneva tra le mani al lato del divano e riportò lo sguardo su di noi.
- Ma voi due – si sedette sulla prima sedia che trovò – non vi odiavate? –
- Mi sa che è rimasto un po' indietro signor Sangster – non riuscì a trattenersi Dylan.
Mio padre inarcò un sopracciglio.
- Lo vedo. –
- Va beene – sospirai. Mi passai una mano tra i capelli – direi che non c'è bisogno di spiegazioni, sai come funziona. –
- Sai come funziona, davvero? – il moro non riuscì a trattenere una risata – non sei riuscita a dire di meglio? –
Iniziammo a battibeccare per qualche secondo, quando mio padre ci interruppe poggiandomi una mano sulla spalla.
- Io vado a salutare tuo fratello – nella sua voce si poteva percepire una nota di esasperazione. Appena arrivato all'ultimo scalino, però, fece un piccolo passo indietro – e si Soph, so come funziona. Chi credi che ti abbia messo al mondo, solo tua madre? – e dopo aver alzato gli occhi al cielo, sparì completamente dalla nostra visuale.
Mi voltai lentamente verso Dylan, come se fossimo in una di quelle scene a rallentatore, e lo vidi ridere sotto i baffi.
Gli puntai un dito contro – questa conversazione non è mai avvenuta. –
- Andiamo è fantast... -
- Mai avvenuta – ah, se gli sguardi potessero uccidere.
- Va bene, va bene – alzò le mani in segno di resa, continuando a ridere.
Mi allontanai, andando verso la cucina. Tutt'un tratto, mi era venuta una fame tremenda. Non che fosse una novità. Mentre ero intenta a tagliare il pane, due mani delicate si posarono sui miei fianchi. Sobbalzai.
- Sono così brutto? – soffiò sul mio collo.
Posai il coltello sul bancone, girandomi e facendo incontrare i nostri sguardi. Circondai il suo busto con le braccia.
- Dyl – i nostri nasi si sfioravano – ma noi, cioè io e te... cosa siamo? –
In quel momento, il silenzio venne spezzato soltanto dallo spostarsi della lancetta dell'orologio.
- In che senso? – rispose stranito.
"O andiamo" pensai, leggermente spazientita "quanto può essere idiota".
- Cosa sono io per te? –
- C'è davvero bisogno di dirlo? – il suo sguardo divenne sempre più confuso – pensavo fosse scontato. –
Mi passai una mano sugli occhi. Forse la mia era una reazione esagerata, ma non sapevo cosa ne pensasse veramente lui di tutta quella situazione. Volevo chiarire le cose una volta per tutte.
Notato il mio silenzio, iniziò ad accarezzarmi la guancia. Sotto il suo tocco, mi rilassai immediatamente. Chiusi gli occhi per qualche secondo.
Sospirò – vuoi davvero sapere cosa ne penso di tutto questo? – chiese, come se mi avesse letto nel pensiero.
Annuii semplicemente.
- Beh – si schiarì la voce, puntando ancora una volta lo sguardo nel mio – io penso che... -
- Ti dico di no! – urlò mio fratello al telefono, entrando nella stanza e iniziando a rovistare nel frigo come se niente fosse – non ci ha visto nessuno uscire da quella casa, o dovrei dire villa? – arricciò le labbra. Degli strani rumori provennero dall'altra parte della cornetta.
Dopo aver svuotato il frigo, Thomas si girò con un cartone di latte in una mano e il telefono nell'altra.
- Dio che spavento! – emise un urlo davvero poco virile, facendo cadere il latte per terra e portandosi poi una mano sul cuore. Il latte, intanto, iniziò ad espandersi sul tutto il pavimento.
- Tom, tutto bene? – sentii chiedere dall' interlocutore, Colin. La sua voce era distinguibile facilmente persino per telefono.
- Diciamo – borbottò – i due fidanzatini hanno deciso di farmi prendere un infarto. –
A quel commento arrossii fino alle punte dei piedi. Dylan mise su un sorrisetto divertito. Eravamo ancora nella stessa posizione.
- Certo che voi Sangster avete tutti un tempismo perfetto – esclamò il ragazzo davanti a me, tra il nervoso e il divertito.
Thomas, accortasi che la frase del suo migliore amico fosse riferita a lui, alzò gli occhi al cielo. Prese una pila di tovaglioli ed iniziò ad asciugare il pavimento.
- Quindi voi due state insieme? – inizialmente non capii se stesse ancora parlando al telefono, ma dopo averlo visto sul bancone, arrossii ancora di più.
- E' un po' complicato da spiegar... -
- Si – la voce di Dylan si sovrappose alla mia – direi di si. –
Mi girai di scatto nella sua direzione.
- Tutto questo, esattamente, quando è accaduto? – dire che fossi stordita, era poco.
Lui in risposta mi diede un veloce bacio a stampo – per una volta, potresti semplicemente annuire e non dire niente? –
Gli tirai un pugno giocoso sul braccio, il quale sembrò non toccarlo minimamente, anzi, strinse ancora di più la presa.
- Mi farete venire il diabete – Thomas interruppe il momento, per poi assumere un'aria seria – dobbiamo andare da Colin. –
- Mi devo preoccupare? – anche la voce di Dylan cambiò tonalità.
- Non troppo. A quanto pare qualcuno ci ha visti uscire dalla villa di tuo zio. –
- Ed è un problema così grave perché...? –
Incrociai le braccia al petto – secondo te, è normale vedere qualcuno uscire da una villa per metà distrutta, e nelle condizioni in cui eravamo? –
- Diciamo che non lo vedo un problema poi così grande – continuò, convinto della sua idea.
- Tu cosa avresti fatto al loro posto? –
- Avrei denunciato il fatto alla... - finalmente si accorse di ciò che volevo fargli capire, così lo spronai a continuare – polizia – sussurrò.
Io e Tom iniziammo a battere le mani.
- E' una cosa da gemelli essere così simpatici o voi due siete proprio nati così? – ci guardò male.
- Noi siamo speciali – finse di vantarsi Thomas – facciamo anche parte di una gerarchia, sai? –
Mi misi in mezzo ai due.
- Andiamo smettetela – mi spostai una ciocca di capelli dietro l'orecchio – Colin cosa ne pensa? –
- Anche lui non si preoccupa poi così tanto. Dice che coloro che non fanno parte del nostro mondo non riescono a vedere ciò che vediamo noi, o almeno, lo vedono, ma la loro mente lo trasforma in qualcosa di più, come dire, "possibile"? – mimò le virgolette con le mani.
- Non pensavo che appartenessimo ad un altro mondo – quante altre cose non sapevo riguardo a me stessa?
Mio fratello si avvicinò a me e iniziò a darmi dei colpetti sulla testa, come se fossi un cane.
- Ah sorellina, lo vedi a non leggere ciò che il tuo adorato fratello ti suggerisce? – mi disse, con fare da sapientone.
Dylan non stava capendo niente di tutto ciò.
- Forza, vatti a preparare – mi intimò, dopo aver buttato tutti i tovaglioli usati nella spazzatura.
- Dove andiamo? –
Guardai Dylan esasperata.
- Da Colin. -
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Descendants [Dylan O'Brien / Thomas Sangster]
SonstigesE se una vecchia leggenda, non fosse soltanto tale?