Phone call from...

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Era una tipica giornata autunnale.

Le foglie sparse lungo il sentiero del parco, gli alberi spogli, il cielo incerto. La maggior parte delle persone portava sottobraccio un ombrello, forse per sicurezza.

Essendo domenica mattina, il parco era pieno di persone, soprattutto genitori e bambini, che correvano ovunque, trasmettendo allegria.

E poi c'ero io.

Sdraiata, sofferente, su una panchina.

- Eddai Soph! -

Dylan mi raggiunse, continuando a correre leggermente sul posto.

- Ricordami... - provai a dire, ispirai profondamente - ricordami, per quale, assurdo motivo, ho accettato questa cosa. -

Mi portai una mano sulla fronte, asciugandomi il sudore con la manica della felpa grigia.

Lui non era intenzionato a smettere di muoversi, anzi, aumentò la velocità dei movimenti, per niente stanco. Alcuni bambini passarono davanti a noi, indicandomi e sussurrando qualcosa alla madri, che si girarono con sguardo preoccupato verso di me.

Rivolsi un sorriso incerto a tutte. Le figuracce, a quanto pare, per me, erano all' ordine del giorno. Piegai le gambe.

- Forse perché se no avrei detto a Tom di come tu abbia incendiato "per sbaglio" la sua camicia preferita? Ricordi, quella a fiori? - il suo sorrisetto mi mise in soggezione.

- Oh, non oseresti - risposi, a denti stretti. Le guance mi divennero rosse.

- Andiamo - si fermò e si sedette sul piccolo spazio rimasto sulla panchina, spostando poi poco delicatamente i miei piedi in modo da sedersi meglio - sai che lo farei - alzò le sopracciglia.

Rivolsi lo sguardo verso il cielo. Eccome se lo sapevo.

- Sophie - mi picchiettò Dylan sul ginocchio con un dito, affacciandosi da sopra di esso per potermi vedere in faccia - quando ci troveremo in una situazione di pericolo, tu come farai? -

- Mi trasporterai tu, no? - gli rivolsi un sorriso innocente.

Lui si mise a ridere, attirando l'attenzione di qualche persona accanto a noi, pensando fosse una battuta. Poi si accorse del mio sguardo, e smise all' istante. Notai qualcosa cambiare nei suoi occhi.

- Vedo che stai iniziando a sopportarmi di più - ancora quel sorrisetto. Non sapevo come interpretarlo.

Mi misi a sedere a gambe incrociate, sempre rivolta verso di lui.

- Non contarci troppo - cercai di imitare il suo stesso sorriso, fallendo miseramente. Come potevo imitare un sorriso talmente perfetto? Un momento, i miei pensieri stavano perdendo il controllo.

- Sono inimitabile, ragazza - avvicinò il suo volto al mio, dandomi un buffetto giocoso sulla guancia, ma non si allontanò. Anzi, rimase lì. Fermo, immobile. Ancora una volta, i suoi occhi puntati nei miei.

Stavolta, però, fui io a sfidarlo. Spostai il capo leggermente in avanti. Ora pochi centimetri ci separavano. I nostri nasi quasi si sfioravano. Mi venne la pelle d'oca, ma cercai di non darlo a vedere. Era come se il mondo intorno a noi fosse scomparso; in quel momento, c'eravamo soltanto io e lui. E fu quando lo vidi iniziare ad avvicinarsi maggiormente che...

Mi squillò il cellulare.

Sentii il ragazzo davanti a me emettere una specie di ringhio, esasperato. Presi velocemente il telefono dalla tasca esterna del marsupio e vidi il mittente: Tyler.

Dylan appoggiò il mento sulla mia spalla, per poter vedere anche lui. Dopo aver letto il nome, alzò gli occhi al cielo.

- Dovresti rispondere - disse con tono freddo, non spostandosi, però, dalla posizione appena assunta.

Appena risposi, sembrò drizzare le orecchie.

- Ehi Ty - Dylan mi fece il verso, imitando la mia voce in maniera un po' troppo stridula.

- Ehi Soph, ti chiamavo per le ripetizioni di diritto... - potetti notare il suo imbarazzo da dietro la cornetta.

- Certo, quando vuoi. -

- Che ne dici di domani pomeriggio? -

- Sarebbe perfetto - il moro si spostò dalla mia spalla, non allontanandosi troppo per poter comunque continuare a sentire.

- Facciamo a casa mia? -

- Va benissi... - non riuscii a finire la frase, perché Dylan mi prese il telefono e staccò la chiamata.

Mi alzai di scatto dalla panchina.

- Mi spieghi che diavolo ti prende?! - gli chiesi, furiosa. Cercai di riprendermi il telefono, ma lui non aveva intenzione di lasciarlo andare. Si alzò in piedi anche lui, sovrastandomi con la sua altezza.

- Qual è il codice? -

- Credi davvero che te lo dica? - inarcai un sopracciglio. Sarebbe rimasto sempre il solito idiota.

- Mi riguarda? -

- Non tutto il mondo gira intorno a te Dylan - incrociai le braccia al petto, sostenendo il suo sguardo.

Provò a mettere varie password, fino a bloccare il telefono.

- Dylan, restituiscimelo - gli dissi, autoritaria. Lui alzò sempre di più la mano. Il mio telefono divenne sempre più irraggiungibile. Ecco uno dei motivi per cui avevo sempre odiato essere bassa, o almeno, non essere troppo alta.

- Sei adorabile - mi prese in giro, ridacchiando.

Con l'altra mano mi prese per un fianco, avvicinandomi nuovamente a lui di scatto. Intorno a noi tutto si svolgeva tranquillamente, nessuno sembrava accorgersi della nostra presenza.

- Sai, di solito, nei film, in questo momento, i due protagonisti si ba... - ad interromperlo, fu lo squillo del mio cellulare. Di nuovo.

Lo abbassò per poter leggere il mittente, e ne approfittai per prenderglielo di mano.

- Pronto - risposi velocemente.

- Ehi Soph - rispose Tyler dall' altro capo - penso che prima sia caduta la linea.. -

- Si si, esattamente. Stavo giusto per richiamarti io - inventai lì, sul momento. Il moro mi rivolse un' occhiataccia.

- Beh, allora facciamo a casa mia? -

- Certo - mi spostai una ciocca di capelli dietro l'orecchio - facciamo alle quattro? -

- Perfetto, a domani Soph! - e mi sembrò di sentirlo sorridere. Mi appuntai di chiamare Gwen più tardi, avevo assolutamente bisogno di un suo consiglio.

- A domani! - chiusi la chiamata, per poi posare il telefono nel marsupio.

Rivolsi uno sguardo a Dylan, che non aveva smesso di guardarmi male dall' inizio della telefonata.

- Succede anche questo nei film, sai? - e dopo essermi sistemata il marsupio e la felpa, cominciai a correre.

Lui mi superò velocemente, iniziando a correre all' indietro e rallentando leggermente in modo da trovarsi di fronte a me.

- I due protagonisti alla fine però, si mettono sempre insieme, sai? - mi rivolse una strana occhiata, prima di girarsi e ricominciare a correre più velocemente, cosa che io, ovviamente, non avrei fatto.

Descendants [Dylan O'Brien / Thomas Sangster]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora