Do it looking into my eyes.

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Così com'era apparso, Colin scomparì. In un secondo. Decisi di seguirlo.

Lo trovai davanti alla finestra, in cucina. Continuava a fissare dritto avanti a se, lo sguardo perso. Gli posai delicatamente una mano sulla spalla, ma lui non si girò. Iniziò a seguire il percorso di una goccia d'acqua caduta sul vetro.

- Colin – cercai di utilizzare un tono più cauto possibile, fallendo miseramente. Non ero mai stata tipo da queste cose, ma sperai che apprezzasse l'impegno.

- Vorrei stare da solo un momento – affermò senza mezzi termini.

Rimasi male alla sua reazione, ma capii che non potevo pretendere di riuscire ad aiutare tutti. Insomma, neanche lo conoscevo.

- Se hai bisogno sai dove trovarmi – dissi, iniziando ad avviarmi verso le scale in legno.

Avevo appena salito il primo gradino che la voce dell' uomo interruppe i miei movimenti.

- Sophie – sussurrò così piano, che per un attimo temetti di aver sentito male.

- Si? – chiesi, insicura sul da farsi.

- Grazie – non si girò, ma continuò a stare lì, davanti alla finestra, stretto nella sua giacca di pelle nera da "cattivo ragazzo".

Annuii col capo, pur sapendo che lui non potesse vedermi, e tornai dagli altri in camera di Tom. Prima di entrare, però, sentii qualcuno litigare. Sapevo che spiare non sarebbe stato giusto, ma non ero mai stata una di quelle ragazze tutte perfettine che seguono ogni regola alla lettera. Mi nascosi dietro la porta, che essendo socchiusa, riusciva a nascondermi perfettamente. In camera c'erano solo Thomas e Dylan. Mi chiesi dove fosse finita Gwen.

- Ma ti senti? – quasi ringhiò mio fratello a quello che dovrebbe essere il suo migliore amico da praticamente una vita.

- Ti dico che è così – gli rispose a tono Dylan, stringendo i pugni e andando a sedersi sul letto.

Thomas, intanto, continuava a passeggiare avanti e indietro per la stanza con le mani nelle tasche della sua enorme felpa grigia. Continuava a mordersi il labbro inferiore, brutto segno.

- Quindi, secondo te, a mia sorella piacerebbe Colin? Ma dico, sei forse impazzito?! – il volto di Thomas divenne completamente rosso. Iniziò a fare dei piccoli respiri per cercare di calmarsi.

- Andiamo, si vede lontano kilometri quanto gli sbava dietro! – stavo decisamente valutando l'opzione di entrare e prenderlo a schiaffi.

Proprio quando stavo per farlo, mio fratello fece una domanda inaspettata, per entrambi.

- Non è che sei geloso? – domandò tra il serio e il divertito. Si sedette accanto al moro sul letto ed incrociò le braccia.

- Ma chi, io? – iniziò con una voce che avrei potuto definire... stridula? – di quella? Assolutamente no, insomma dai, ci odiamo da quando avevamo 11 anni! – mi sembrava di vivere una sorta di deja vu.

- Chissà perché queste parole non mi risultano affatto nuove – sbuffò Gwen, appena comparsa dalla fine del corridoio.

- Cosa vorresti dir... - non riuscii a finire la frase, perché caddi con un sonoro tonfo a terra, ritrovandomi, poco dopo, il soave peso della mia migliore amica sopra di me. La porta era stata aperta, ed io, essendo appoggiata ad essa, feci una caduta degna di nota, così anche Gwen, che a sua volta era poggiata a me.

- Spiegate, ora. – ci intimò serio mio fratello. Alzai lo sguardo da terra, incrociando quello di Dylan. Distolsi subito il mio. Non sapevo perché, ma le parole dette poco prima da lui, continuavano a girarmi per la mente. Lui sembrò notarlo, e assunse un' espressione confusa.

- Beh... volevo provare quanto fosse comoda tua sorella vale come scusa? – si affrettò a dire Gwen.

- Wow, davvero una bella scusa – mormorai, ma, data la sua occhiataccia, presunsi che mi avesse sentito forte e chiaro.

Dylan si alzò di scatto, passandosi velocemente una mano tra i capelli già spettinati. Cercò un contatto visivo con me, ma che io negai.

- Cosa avete sentito? – semplice e diretto.

Ci alzammo, passando le mani sui pantaloni del pigiama per togliere i residui di polvere. Dovevo seriamente mettermi a pulire casa.

- Niente – risposi, fissando le mie calze a righe bianche e nere.

Lui si avvicinò a me, la seconda volta nell' arco di una giornata, ma stavolta non mi abbracciò; bensì, mi alzò il volto con due dita. Il miei occhi incontrarono i suoi, del medesimo colore.

- Ripetilo – mi disse – ma stavolta, fallo guardandomi negli occhi. –

Sentivo gli sguardi degli altri due puntati contro. Non avevo idea di cosa stessero pensando in quel momento, e sinceramente, non me ne preoccupai.

- Non dovremmo lasciare loro un po' di pri... - tentò di dire mio fratello, prima di essere interrotto da uno – Ssh! – dalla ragazza accanto a lui. Sembrava stesse guardando il suo programma preferito.

- Non ho sentito niente. – provai a dire con convinzione, ma la mia voce uscì più insicura di quanto pensassi.

Lo vidi avvicinare il suo volto al mio. Ci separavano soltanto pochi centimetri.

- Anche adesso non senti niente? – la sua presa era sempre salda sul mio viso. Il suo sguardo non aveva intenzione di abbandonare il mio.

Provavo sentimenti contrastanti. Da una parte, tutt' un tratto provavo un' immensa voglia di baciarlo, ma dall' altra, quella razionale, pensavo a quanto fosse strana quella situazione. Non potevo odiare e poi essere attratta da una persona da un giorno all' altro. Così, dal nulla.

- Magari non lo hai mai odiato veramente – sentii dirmi da una voce lontana nel mio cervello.

Ma in quel momento decisi di non badarci. Non ero mai stata una persona impulsiva, prima di fare una cosa, ci pensavo minimo due volte. Era una caratteristica dei Sangster, me e mio fratello compresi. Forse era una delle poche caratteristiche, ad eccezione di quelle esteriori, che avevamo in comune.

Ripensai a quello che Dylan aveva detto poco prima che la porta venisse aperta. Così, presi una decisione di cui, magari, in futuro, sapevo mi sarei pentita. Mi allontanai.

Lui spalancò gli occhi, probabilmente non aspettandosi una reazione del genere. Solitamente tutte le ragazze cadevano ai suoi piedi, e stavo iniziando a capire il perché. Ci sapeva fare.

- " Insomma dai, ci odiamo da quando avevamo 11 anni! " – citai le sue stesse parole, già usate da me in precedenza.

Di colpo sembrò capire il perché del mio gesto. E, a quanto pare, anche quanto fossi riuscita a sentire della sua conversazione con Tom.

Si passò una mano sul viso, con fare stanco.

- Ragazzi, non per interrompere il momento – si scusò la riccia – ma, Soph, Tom, vostro padre è tornato. –

Corremmo tutti verso la finestra, dove Gwen ci indicò l'uomo che attraversava la strada tranquillamente, diretto verso casa, ignaro di tutto ciò che era successo in nemmeno due ore.

- Come faremo per la storia del vetro? – mi chiese Thomas frettolosamente, con fare agitato.

- Io e Gwen lo distraiamo, voi intanto pensate ad una soluzione – disse Dylan, avviandosi subito dopo di sotto e seguito qualche secondo dopo dalla mia migliore amica, che non si risparmiò uno sbadiglio e una veloce occhiata al letto, prima di uscire dalla porta.


Descendants [Dylan O'Brien / Thomas Sangster]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora