Calò il silenzio.
Vidi chiaramente quanto i due poco credessero alla mia constatazione, ma decisi di non perdermi d'animo. Non era il momento giusto per farlo.
- E sentiamo, cosa significherebbero tutti quei disegni? – Tom non usò un tono arrabbiato, ma, pur non vedendolo, sapevo a cosa stesse pensando: continuava a non credermi.
- Thomas – iniziai, cercando di mantenere la calma – ti fidi di me, no? –
Lui non si trattene dall' emettere un verso spazientito dalla bocca, cercando poi di mascherarlo con un finto colpo di tosse. Feci finta di niente e continuai.
- Non sono semplici disegni, ne sono sicura. –
- Io ti credo – Gwen si spostò, con difficoltà, un riccio ribelle dietro l'orecchio – insomma, che motivo avrebbe per mentirci? La situazione non potrebbe essere peggiore di così – spostò lo sguardo verso il biondo sdraiato al suo fianco, ancora profondamente addormentato.
- Io... - sospirò mio fratello – hai ragione, okay?! Solo, non mi fido di lui... almeno, non più – abbassò lo sguardo.
Portai le gambe al petto. Sentivo il dovere di abbracciarlo, e, il non poterlo fare, mi faceva stare malissimo.
- Tranquilla, apprezzo il pensiero – scrollò leggermente le spalle.
- Come... -
- Sono tuo fratello Soph, ti conosco meglio di quanto conosca me stesso – utilizzò le mie stesse parole, facendomi sorridere leggermente, nonostante lui non potesse vedermi.
- Smettetela, siete inquietantemente identici – ci scherzò su la mora, dalla cella a fianco, con un sorrisetto divertito.
Senza volerlo, alzammo contemporaneamente le spalle, scatenando una breve risata della ragazza, che scosse poi la testa.
Un mugugno proveniente dal biondo risvegliò la nostra attenzione. Tutti ci voltammo di scatto nella sua direzione, mentre lui, con una lentezza degna di una signora anziana mentre attraversa la strada con il carrello della spesa, si mise a sedere malamente. Solo in un secondo momento, si accorse di avere un polso legato alla panchina, così come la ragazza al suo fianco.
- Dove siamo? – chiese, mentre cercava di liberarsi inutilmente.
- Dopo un' attenta analisi, direi in una cella – il tono ironico di mio fratello risuonò nella lieve luce del mattino appena inoltrato.
Cercai di dargli un colpo col capo, per cercare di zittirlo, ma l'unica cosa che ottenni fu un forte dolore alla testa e degli insulti da parte del sottoscritto.
- Non cambierete mai – disse, non senza qualche difficoltà, Colin, poggiando poi la testa sopra la spalla di Gwen, sfinito.
Si poteva benissimo percepire l'intesa che c'era tra i due, ma non feci domande.
- Allora, questi simboli? – domandò dopo qualche secondo, spiazzando tutti – che c'è? Vi ho sentiti, allora? –
- Sophie pensa siano un messaggio di Dylan - Thomas era ancora incerto a riguardo.
- Non penso, lo sono – risposi, per l'ennesima volta, quasi al limite della sopportazione, alzando poi gli occhi al cielo.
- Tom – intervenne Colin – perché non ti fidi di tua sorella? –
Seguirono degli attimi di silenzio. La tensione era talmente alta da poter essere tagliata con un coltello.
- Io mi fiderò sempre di lei, che nessuno lo metta in dubbio – sbottò poi, con voce severa – io non mi fido di Dylan. Chi mi dice che tutto questo non sia soltanto un altro dei suoi stupidi giochetti contro di noi? –
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Descendants [Dylan O'Brien / Thomas Sangster]
RastgeleE se una vecchia leggenda, non fosse soltanto tale?