Welcome Elementum.

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Urla.

Era tutto ciò che riuscivo a sentire, mentre il mio corpo assumeva l'aspetto di un meteorite cadente verso il suolo.

Il problema era, però, che le urla non appartenevano a me.

Atterrai di schiena, inarcandola poi leggermente. Mi sedetti a fatica, la schiena dolente per la botta, osservandomi intorno.

- Dove sono finita? – sospirai, prima di ritrovarmi nuovamente faccia a terra e con un peso enorme sulla schiena.

- Beh, l'atterraggio non è stato poi così male – sentii borbottare da qualcuno – ora non mi resta che... -

- Sono sotto di te, idiota. –

Con una risata, Dylan si alzò e mi porse una mano, che afferrai prontamente.

Di scatto mi strinse in un abbraccio protettivo. La sua mano tra i miei capelli, il braccio a circondarmi il busto.

- Non farlo mai più – la sua voce venne attutita dai capelli, ma riuscii a capire perfettamente – mi hai fatto spaventare così tanto – ammise, abbassando il tono di voce.

Dylan era questo. Il momento prima, scherzava su ogni cosa. Mentre un secondo dopo, riusciva ad essere la persona più seria al mondo.

Si staccò, iniziando a guardarsi attorno.

- Dove sono gli altri? –

- Non preoccuparti – cercò di evitare in tutti i modi il mio sguardo – abbiamo un piano. –

"Abbiamo un piano" e quei tre nella stessa frase, non era mai un buon segno. Gli rivolsi un'occhiata. Lui di risposta, alzò le spalle.

- Eh dimmi, questo piano – mimai le virgolette con le mani – metterà in pericolo qualcuno? –

Stette in silenzio qualche istante prima di rispondere.

- Noi siamo sempre in pericolo – mai parole erano state più vere.

Entrambi sapevamo quale fosse il nostro scopo in quel momento: trovare Gwen. Eppure, era come se ci fosse qualcosa che mi stesse nascondendo. Un pezzo del puzzle davvero importante. Una cosa che avrebbe cambiato la situazione in un secondo.

Eravamo in una specie di palude. Foglie secche circondavano un lago di medie dimensioni, con tre barchette di legno ormeggiate. Al di là del lago, un casolare di marmo malandato. Il silenzio regnava sovrano, le urla sembravano essere scomparse.

- Dovremmo entrare – indicai con la testa la struttura – c'è troppa calma qui. –

- La calma prima della tempesta. –

Detto questo, iniziò ad incamminarsi a passo spedito. Lo raggiunsi con una breve corsetta.

- Ehi, aspettami! –

- Tu stai dietro di me – il suo tono non ammetteva repliche. Aprii la bocca per rispondere – e non ribattere. Fallo e basta – intrecciò le mie dita con le sue, e continuò il suo cammino.

Arricciai il naso, infastidita. Avevo sempre odiato quando le persone mi ordinavano di fare qualcosa.



In pochi minuto raggiungemmo l'entrata.

- E' chiusa – Dylan diede una spallata al portone di legno, imprecando subito dopo.

Alzai gli occhi al cielo – ed io che credevo fosse aperto al pubblico – iniziai ad osservare ogni minimo particolare, stando attenta a non tralasciare niente. La vita della mia migliore amica era in pericolo, ed io avrei fatto di tutto pur di salvarla.

Il ragazzo si portò una mano sotto il mento – davvero? – inutile dire che, stavolta, fui io ad imprecare. Estrassi una forcina dalla tasca, ottenendo un'occhiata stranita.

- Noi ragazze dobbiamo essere attrezzate – alzai le spalle, rispondendo alla sua tacita domanda.

Iniziai ad armeggiare con la serratura, cercando di fare il minor rumore possibile. Dopo qualche tentativo, sentii qualcuno prendermi dalle mani la forcina. Dylan iniziò il suo lavoro, riuscendo ad aprire la porta dopo qualche secondo.

- E noi ragazzi dobbiamo saper fare il lavoro sporco – gonfiò il petto. Inarcai le sopracciglia, scettica ed aprii cautamente.

All' interno il casolare era completamente vuoto, fatta eccezione per una sedia in legno, posta al centro. Su di essa, c'era Gwen, con mani e braccia legate e nastro adesivo sulla bocca. Inutile dire che sentii subito l'istinto di correre verso di lei.

Appena ci avvicinammo però, scorgemmo un qualcosa luccicare intorno al busto della ragazza. Una piccola scatoletta d'argento, con un cronometro rettangolare rosso posto a lato, segnante un minuto.

Dylan tentò di avvicinarsi, tendendo un dito in direzione di uno dei tanti fili che sporgevano dal piccolo macchinario, ma una voce lo fermò.

- Io non lo farei, fossi in te. –

Davanti a noi, scortato da due oni, apparve Brave in persona. Un sorrisino divertito spiccava sotto l'accenno di barba.

- Benvenuti, Elementum – e, con uno schiocco di dita, Colin e Thomas apparvero accanto a lui.

Descendants [Dylan O'Brien / Thomas Sangster]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora