Brooklyn era confusa, stanca e troppo preoccupata, seduta su quelle sedie di plastica dura della sala d'attesa dell'ospedale.
Quando il suo cellulare aveva suonato in piena notte, si era maledetta per non averlo messo silenzioso, quando poi aveva visto il numero della madre illuminare lo schermo, aveva capito che qualcosa non andava. Aveva risposto già sapendo di doversi preparare al peggio. La madre era troppo calma dall'altro capo del telefono quando le aveva dato la notizia, ma era normale, sua madre era un medico, era abituata a certe cose. Quelle parole le risuonavano ancora nella testa, come una canzone che non riesci a dimenticare. "Dylan ... Dylan ha avuto un incidente, non so altro so solo che lo stanno portando al Saint Mary." Non ricordava nemmeno se aveva risposto o no, si era fiondata giù dal letto, aperto l'armadio e indossato il primo paio di pantaloni sportivi che aveva trovato, una felpa che non ricordava nemmeno di avere e un paio di scarpe da ginnastica. Aveva afferrato le chiavi della macchina e le chiavi di casa, ma quando si era resa conto di tremare sapeva di non essere in grado di guidare, così aveva cominciato a bussare alla porta dei ragazzi, dall'altro lato del pianerottolo. Erano le due e mezza, e sperava con tutta se stessa che almeno uno di loro fosse a casa. Era stato Ashton, a giudicare da com'era vestito doveva appena essere rientrato dal lavoro. Quando gli aveva detto velocemente cosa era successo, Ashton aveva afferrato le chiavi della sua macchina e non aveva detto niente limitandosi ad accompagnarla in ospedale. Erano arrivati una ventina di minuti dopo ed erano stati indirizzati verso una piccola sala d'attesa, dove i genitori della ragazza e Jackson erano già seduti. Ashton era rimasto sempre con lei, allontanandosi solo qualche minuto per parlare al telefono.
- Perché non ci dicono ancora niente? – chiese esasperato il padre della ragazza. La madre era sparita circa mezz'ora prima in cerca di qualcuno che le dicesse come stesse suo figlio e Chloe. Era una fortuna che li avessero portati nello stesso ospedale dove sua madre lavorava.
- Papà, è in sala operatoria, appena sanno qualcosa ce lo diranno ... - Jackson guardò il padre, quasi esasperato, aveva chiesto la stessa cosa almeno dieci volte nell'ultima ora.
- Vostra madre è sparita da un po', cosa diavolo sta facendo anche lei? – Brooklyn chiuse gli occhi trattenendo le lacrime, riusciva solo a pensare al peggio, nella sua testa continuavano a susseguirsi immagini di medici che li avvicinavano dicendogli che purtroppo suo fratello non ce l'aveva fatta. Si sentì circondare le spalle e aprì gli occhi, guardando Ashton che le lasciò un bacio tra i capelli.
- Andrà tutto bene ... - le bisbigliò in modo dolce.
Brooklyn si alzò, incapace di rimanere a sedere, non avere notizie la uccideva. - Io ... io ho bisogno di un po' d'aria! – si limitò a dire prima di uscire dalla piccola sala e incamminarsi lungo il corridoio. Quando uscì nella notte l'aria era fredda e si pentì immediatamente di non aver preso il cappotto. Guardò il cielo, si vedeva pochissime stelle, colpa delle troppe luci della città, ma almeno aveva smesso di piovere. Si abbracciò da sola, cercando di scaldarsi in qualche modo. Chiuse gli occhi, rimanendo ferma, sperando che tutto fosse solo un incubo. Fece un respiro profondo, cercando di bloccare le lacrime. Non aveva nemmeno voluto sapere cosa fosse successo di preciso, ma aveva sentito mentre Jackson lo spiegava ad Ashton e nella sua mente continuava a ripetersi la scena, come se fosse la scena di un film e qualcuno si stese divertendo a farla riandare all'infinito. Stavano tornando da una cena con degli amici, Dylan al volante, erano appena ripartiti da un semaforo rosso quando una macchina dall'altra parte della strada non si era fermata e li aveva presi in pieno.
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ROOMIES || L.H
FanfictionBrooklyn ha ventiquattro anni, vive in un grazioso appartamento a Londra. Dopo l'università e la laurea, si gode la vita, dividendosi tra amici, famiglia, lavoro e amori. Vecchie storie che tornano e nuovi incontri che rivoluzioneranno la vita della...