Capitolo Sedici

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Brooklyn si svegliò di soprassalto con il fiato corto, aveva fatto un incubo e fu grata quando si rese conto di essere in camera sua, nel suo letto, con Luke, che dormiva ancora, non doveva essersi accorto di niente

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Brooklyn si svegliò di soprassalto con il fiato corto, aveva fatto un incubo e fu grata quando si rese conto di essere in camera sua, nel suo letto, con Luke, che dormiva ancora, non doveva essersi accorto di niente. Guardò l'ora sullo schermo del suo telefono, allungandosi verso il comodino. Erano le nove e mezzo, aveva dormito a mala pena tre ore, ma il pensiero di tornare a dormire non la attirava per niente. Così cercando di fare meno rumore possibile, si alzò e andò in cucina. Chiuse leggermente gli occhi quando la luce, che invadeva il salotto, le ferì gli occhi. Si sentiva uno straccio e probabilmente ne aveva anche l'aspetto. Percorse, strascinando i piedi, quei pochi metri che dividevano camera sua dalla cucina, e mise subito il caffè a fare. Aveva bisogno di una dose di caffeina. Rimase in piedi, a fissare la macchinetta del caffè ma con la mente altrove. La paura che aveva provato la sera prima in ospedale le scorreva ancora nelle vene, al solo pensiero che il fratello potesse essere ferito gravemente, per non pensare di peggio, le faceva venire i brividi.

- Ce n'è un po' anche per me? – la voce di Luke era più bassa, ancora carica di sonno e sembrava distante, e lei colta alla sprovvista si spaventò. Lo guardò, limitandosi ad afferrare un'altra tazza dallo sportello sopra l'acquaio e a versarvene del caffè per il ragazzo. – Sei sveglia da tanto? – si mise a sedere al tavolo da pranzo guardandola fare lo stesso.

- No, circa dieci minuti, ho fatto un incubo ... - bevve un sorso di caffè, non curandosi del fatto che fosse caldo. Si sentiva a disagio, era successo tutto così velocemente ieri sera, aveva detto cose che non pensava veramente, e adesso non sapeva come comportarsi. Si guardò intorno, si sentiva vulnerabile, nuda davanti al ragazzo, che con lo sguardo stanco e assonato la guardava. Brooklyn avrebbe pagato qualsiasi cifra per sapere cosa stesse pensando in quell'istante.

- Mi faccio una doccia e poi ti accompagno da tuo fratello, va bene? – si alzò, sistemando la sua tazza, ormai vuota, nel lavello.

- Non importa che vieni con me, se vuoi tornare a dormire ... ti capirei – cosa le stava succedendo? Era Luke, per quale motivo si sentiva così timida improvvisamente?

- Non se ne parla nemmeno, ti accompagno. – si avvicinò, lasciandole un bacio all'attaccatura dei capelli. Brooklyn chiuse gli occhi, perdendosi in quel contato. Rimase seduta, guardandolo mentre spariva verso il bagno. La sua testa andava a mille chilometri all'ora, non ricordava se aveva avvertito in ufficio che quel giorno non sarebbe andata a lavoro, poi in un lampo si ricordò di aver mandato un'email al suo capo. Si ricordò di, come la sera prima, quando erano arrivati a venire via, avesse guardato l'orario di visita in ospedale e si ricordò che non erano ammesse visite prima delle undici. Controllò l'ora, non erano nemmeno le dieci, quindi aveva tutto il tempo di farsi una doccia a sua volta e poi uscire per andare a trovare il fratello e Chloe. Pensò di passare alla pasticceria sotto casa e di prendere un paio di quelle tortine alla frutta che Dylan adorava, gli avrebbero fatto sicuramente piacere. Pensò a come gli avrebbe anche fatto piacere avere qualche vestito suo invece che il camice scomodo dell'ospedale, decise di recuperarne qualcuno dal suo armadio, era sicura di poter recuperare almeno una felpa e un paio di pantaloni della tuta.

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