-Blu -

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Qualcuno mi stava accarezzando con gentilezza, lo sentivo, lo percepivo, mi sentivo così bene, così coccolata. Non mi andava di aprire gli occhi, stavo così bene. Delle labbra mi sfiorarono dolcemente la fronte, una pioggia di baci delicati mi accarezzò il volto, carezze delicate fatte con leggerezza.
Aprii lentamente gli occhi, il naso di Lorenzo sfiorava il mio, le sue labbra sfioravano le mie con leggerezza, in baci lievi. Sorrisi quando si allontanò da me appoggiando la fronte alla mia bisbigliò -Buongiorno amore.-
-Devo dire che questo è un bel modo per svegliarsi.- bisbigliai con un filo di voce e un po' di imbarazzo.
-Sono contento che ti sia piaciuto.- bisbigliò con un sorriso molto soddisfatto. -Scusa se ti sono saltato addosso, non ho resistito.-
Sorrisi, per niente seccata.-Quindi ora non sei più ... arrabbiato con te stesso o con me?- domandai un po' cautamente Il suo sguardo si incupì un istante, ma tornò sereno quando gli accarezzai la guancia, i suoi occhi si incatenarono ai miei. -Posso alzarmi?- domandai.
Lore si mise a sedere sul letto e mi trascinò con se, mettendomi seduta sulla sue ginocchia, lo guardai negli occhi sorridendo.
-Come ti senti?-domandò con preoccupazione.
-Benissimo.- gli assicurai. -Però vorrei farmi un bagno e cambiarmi, certo mancano la vasca, l'acqua, il sapone e i vestiti. Ma...- mi bloccai: dietro a Lorenzo c'era una finestra che dava su un bosco, una finestra che prima non c'era. Mi guardai intorno spaesata: eravamo in una stanza con carta da parati rosa chiaro con una fantasia a fiori, i letto era matrimoniale, con due comodini di legno scuro ai lati e infondo alla stanza c'era un cassettone dello stesso legno dei comodini, con sopra un grande specchio rettangolare, con cornice dorata. -Ma dove siamo?- domandai scioccata.
-Indovina? Siamo in una casa. Più specificamente nella vecchia casa dei genitori di Sarah. A quanto pare dopo la morte dei genitori l'ha ereditata lei, in modo indiretto, tramite una sorta di strana organizzazione.- raccontò.
-Ma ... ma quando ...?- farfugliai confusa. Lui mi attirò più vicino a se e mi strinse forte.
-Mentre dormivi ce ne siamo andati, Sarah ha detto che era più prudente muoverci frequentemente per evitare di essere ritrovati. Dobbiamo stare all'erta, quell'invasata di tua sorella ci vuole veramente morti. A proposito, cos'è quella strana organizzazione?- bisbigliò tra i miei capelli.
Sospirai con tristezza. -Demetra, dea della terra e le sue figlie si occupano dei nostri collegamenti sulla terra e anche delle vecchie proprietà. Probabilmente è stata la sua piccola ma ricca organizzazione a occuparsi di tutto.- spiegai sbrigativamente -Sarah ha detto perché?- chiesi poi cambiando argomento.
-Perché cosa?- domandò Lorenzo baciandomi i capelli.
-Perché Noelle agisce così. L'ho vista combattere a volte.- raccontai. -Lei era sempre ... molto aggressiva quando c'erano di mezzo i vampiri. Sempre. Si impunta. Una volta non riuscimmo ad acchiappare un demone e lei non se la prese tanto, invece stavolta si è impuntata in maniera assurda!-
-Già. Forse è solamente ...- iniziò.
-Non è pazza!- specificai con irritazione.
Lo sentii sospirare mentre le sue labbra mi sfioravano la tempia. -Che devo fare con te?- domandò un po' esasperato.
-Amarmi.- risposi senza riflettere, un secondo dopo avrei voluto che qualcuno mi avesse chiuso la bocca con il nastro adesivo.
Lore si scostò da me per guardarmi, i suoi occhi cercavano costantemente i miei senza risultato, sentivo di aver raggiunto una tonalità di rosso tanto accesa da ricordare il viola. -Che hai detto?- bisbigliò nel mio orecchio per prendermi in giro.
Mi voltai a guardarlo, timidamente, sempre evitando il suo sguardo, scivolando con la fronte sulla sua guancia  mi appoggiai contro di lui e chiusi gli occhi. -Ho bisogno che mi ami, che mi ami davvero. Voglio che tu mi stia accanto, voglio sapere che ci sarai sempre qualunque cosa accada. È molto importante.-
-Lo so.- bisbigliò. -Io non ti lascerò. Non aver paura. Non me ne andrò mai.-
Mi allontanai da lui per guardarlo negli occhi, in quel momento ero certa di stare sorridendo.  I nostri occhi rimasero incatenati a lungo, mi accorsi della sfumatura blu delle sue pupille.
-Ho bisogno di una doccia.- dissi infine.
Lorenzo sorrise, poi mi prese il volto tra le mani e mi baciò dolcemente, intensamente,  febbrilmente, a lungo. Alla fine mi lasciò andare e io mi sentii stordita e disorientata, mi ci volle un po' per alzarmi in piedi e lo feci così velocemente solo perché pensavo che se no Lorenzo mi avrebbe preso in giro.
Mi diressi verso il bagno, una volta dentro chiusi la porta, ma non a chiave, e mi tolsi la maglietta e il reggiseno, fu un po' difficile perché il sangue secco li aveva fatti appiccicare alla pelle, ma alla fine riuscii a levarli. Mi tolsi i jeans con un po' di difficoltà e poi li allontanai con un calcio e mi sfilai i calzini con attenzione perché anche lì c'era finito del sangue, Grazie al cielo gli slip erano più o meno immacolati.
Quando entrai sotto la doccia  l'acqua tiepida mi accarezzò la pelle e mi fece sentire meglio, con attenzione mi pulii il sangue di dosso. Era bello stare così a contatto con l'acqua, mi sentivo meglio, più tranquilla, più serena e molto più forte. Con gli occhi chiusi mi perdevo in quelle sensazioni quando sentii qualcosa. Era una sensazione famigliare e fredda, la sensazione di un blu scuro, in cui la luce non arrivava ... una distesa scura senza fine. L'acqua mi avvolse, la sentivo danzare introno a me e quando aprii gli occhi mi accorsi che di fatto era così, mi circondava con dei cerchi spezzati che danzavano a spirale continua intorno al mio corpo. Una sensazione fredda e limpida che conoscevo, che avevo gia sentito in precedenza. Sapevo che cosa erano, il loro significato, perché erano lì e sapevo anche quello che sarebbe successo. Senza pensarci gridai il nome di Lorenzo , ma era già troppo tardi.
Dinnanzi a me c'erano le statue, ricavate da un unico blocco di marmo bianco, di tre ragazze che sembravano degli angeli per la loro bellezza e l'aria eterea, erano appoggiate su una sorta di piccolo altare fatto di marmo, con colonne gotiche in bassorilievo agli angoli. Erano tutte e tre in posa, l'una accanto all'altra.
La prima era seduta per terra con le gambe, le cui forme si intravedevano dal vestito scolpito, appoggiate di lato; la lunga gonna le ricopriva lasciando intravedere con chiarezza soli i piedi e le caviglie incrociate. Nelle mani appoggiate sulle ginocchia, teneva un libro che guardava con le palpebre vagamente abbassate, così da avere un aria misteriosa. Al polso, al collo e alle orecchie aveva dei gioielli che avevano un che di mistico, i capelli le arrivavano alle spalle e sul corpo aveva della sorta di bassorilievi che assomigliavano a dei tatuaggi.
L'altra accanto a lei era inginocchiata, un ginocchio era posato a terra, all'altro aveva appoggiato un gomito, con entrambe le mani reggeva una spada che aveva un impugnatura incredibilmente elaborata, la sua faccia era rivolta verso il basso e al contrario dell'altra era stata scolpita con un abito corto e senza alcun tatuaggio. La faccia era rivolta verso il basso, i capelli corti coprivano solo in minima parte i volto. Lo sguardo era rivolto verso l'alto, come se guardasse qualcuno da cui non voleva farsi scoprire.
L'ultima era in piedi, aveva le mani allungate in avanti, in cui spiccava un lungo bastone simile al tridente di Noelle, solo che l'estremità non era a forma di "forca", al contrario in cima era incastonata una grande pietra tonda. La ragazza teneva il bastone con entrambe le mani e guardava davanti a se con quello che a me era sembre sembrato uno sguardo sicuro, aveva i capelli lunghi che le scendevano per tutto il corpo e anche il suo abito era molto lungo.
Le statue erano così belle da sembrare vere, mi ero chiesta più volte in passato chi fosse stato a scolpirle.
Già, in passato, perché io l' c'ero già stata e anche a lungo: ci avevo passato parecchio tempo quando ero diventata una sirena e durante tutto l'addestramento.
Mi c'era voluto un attimo per capire dov'ero.
Mi trovavo nella sala principale del tempio sottomarino di Gaito.
Non c'era nessuno nella sala e c'erano alte probabilità che nessuno a parte chi mi aveva portato lì, probabilmente Gaito stesso, sapesse dov'ero.
Nemmeno Sarah sarebbe riuscita a ritracciarmi o a raggiungermi.
In aggiunta a ciò ero completamente nuda.
Accidenti!
-Bentornata.-disse una voce gentile, come un canto. Mi voltai molto imbarazzata verso Leslie, una delle sacerdotesse del tempio. Anche lei era una sirena, ma la sua indole gentile l'aveva fatta diventare una sacerdotessa, non un combattente. Aveva gli occhi e i capelli blu, la pelle chiara, indossava un semplice vestito bianco un po' scollato, senza maniche, i bracci erano avvolti da tatuaggi blu che apparivano anche sulla fronte e al centro del petto. Indossava un ciondolo con una pietra acquamarina incastonato in una catenina argentata. Tra le mani aveva un panno bianco, me lo porse e mi accorsi che era un asciugamano. Lo presi e mi ci avvolsi, asciugandomi, i capelli gocciolavano ma io gli ignorai e fissai Leslie.
-Perché sono qui?- domandai un po' intimorita.
-Gaito desiderava parlarti.- rispose con la voce calma. -Seguiti, ti accompagno a cambiarti.-
-Cosa è successo?- domandai seguendola per il tempio, attraversando stanze ornate da  affreschi e murali. -Perché mi ha convocato ora? Centra Noelle? Oppure Lorenzo ?-
-Non lo so, per ora è meglio se vai a cambiarti, poi potrai chiedere direttamente a lui. Ha già scelto i tuoi abiti.- mi informò con voce piatta, priva di inflessioni.
Sospirai, per niente sorpresa, Gaito stabiliva sempre come ci si vestiva nel suo tempio, solitamente erano abiti che ricordavano quelli delle sacerdotesse greche, fermati con nastri e strania fili, e sandali alla schiava. Sempre sandali alla schiava. Alla fine avresti fatto qualunque cosa per indossare un altro paia di scarpe, anche quelle con il tacco a spillo alto dieci centimetri e scomode da morire.
In silenzio attraversammo il cortile esterno al tempio che portava in un'altra ampia struttura, incorniciata da colonne corinzie come quelle dell'edificio che ci eravamo lasciate alle spalle. Entrammo in silenzio, lì solo le stanze interne avevano porte, ci dirigemmo verso la parte sud dell'edificio dove c'erano le camere da letto. Era strano essere di nuovo lì, dove ero vissuta per la maggior parte della mia vita, dove avevo imparato a combattere, dove avevo iniziato a vedere il mondo con occhi diversi. Ricordavo il mio arrivo lì, come era all'inizio. Sentivo dolore, tanto, non riuscivo a muovermi. Non era un dolore reale, non era fisico, non poteva essere guarito. In me non c'era niente di fisico a quel tempo, anche la mia coscienza era confusa. Finché non mi trasformavo in sirena non riuscivo a muovermi, era come se sentissi un dolore immenso anche solo a cercare di alzare le palpebre.
Lentamente tutto era cambiato, era diventato più facile o forse io ero diventata più forte, ma ricordavo il canto che mi accompagnava sempre, la voce di Noelle che dolce intonava una melodia. È uno dei ricordi più vividi e chiari di quel periodo. Non avevo ancora incontrato Sarah, sembra che molte sirene non riescano a trasformarsi perfettamente perché lo shock che subiscono è troppo grande, l'anima viene permeata di energia mentre il corpo muore, c'è il rischio che non riesca ad integrarsi con il nuovo corpo. In realtà non ne capivo molto di tutta quella faccenda ma quello che capivo è che io in un qualche modo ero stata molto fortunata.
Entrai nella mia vecchia stanza, tendaggi bianchi con ricami blu scendevano dal soffitto lungo le pareti, un cassettone era abbandonato da una parte della stanza, in un altro luogo c'era una specchiera, sul grande letto a due piazze era ripiegato un vestito azzurrò piuttosto ampio.
-Ti aspetto fuori.- mi informò Leslie rimanendo sulla porta.
Le sorrisi e mi diressi verso il letto, poi mi asciugai i capelli con l'asciugamano con cui mi ero avvolta fino a quel momento, dopo che furono strizzati e solo umidi lo gettai da una parte, sopra il tappeto. Mi diressi al cassettone mi indossai la biancheria intima, grazie al cielo lasciavo sempre dei vestiti lì. Poi presi l'abito azzurro e lo indossai, presi il nastro e lo avvolsi in vita con tre giri, poi legai il nastro dietro e ci feci un fiocco, infilai i sandali alla schiava e li legai sotto il ginocchio. Andai alla specchiera e osservai un attimo il mio riflesso: non stavo male con quel vestito, anche se sembrava un po' retrò, un bel po' retrò. Lanciai un occhiata al cofanetto di lato allo specchio, conteneva i gioielli cerimoniali, lo aprii e presi una coroncina bassa, in stile diadema fatta di un delicato intreccio di fili d'argento rigidi che si incrociavano al centro della fronte, con una pietra blu notte incastonata al centro. Mi osservai di nuovo: la mettevo o no? Meglio di no, era un po' esagerato.
Lo posai sopra il cofanetto e mi alzai, mi diressi verso la porta, poi arretrai di un paio di passi sentendomi incerta. Mi voltai a fissare il muro lasciando che la domanda che mi tormentava ma che avevo cercato di scacciare dalla mia mente mi arrivasse nella mente in modo limpido: perché ero lì? Perché io? Che voleva da me? E se fosse stato per Lorenzo ? Se non volesse che stessi con lui? Se avesse voluto fargli del male?
Qualcuno bussò alla porta interrompendo le incessanti e angosciose domande che continuamente mi giravano nella testa. Sospirai tristemente e con rassegnazione aprii la porta trovandomi davanti Leslie che mi guardava con lo sguardo paziente e le mani giunte rivolte verso il basso, inclinò dolcemente la testa e i capelli blu come l'acqua le scivolarono sul collo scoprendo la pelle bianca della spalla che contrastava con il colore dei capelli. Mi guardò con gentilezza piegando le labbra in un sorriso tranquillo che esprimeva calma più che felicità, un sorriso di cortesia.
-Sei pronta?- domandò.
Mi passai le mani tra i capelli ancora umidi e feci un cenno d'assenso con la testa. Leslie si voltò lentamente e mi fece strada, la seguii con il cuore che batteva a mille e lo stomaco in subbuglio, mi sembrava di camminare nella gelatina perché ogni passo era difficile, pesante, stressante. Avevo voglia di gridare, mi sentivo nervosa e ansiosa, perché non riuscivo a capire perché ero lì e non riuscivo nemmeno a immaginare il perché mi avessero allontanato da Lorenzo . Chissà come stava ora? Il tempo lì nel mare scorreva diversamente. Quanto tempo stava passando?  Dovevo sbrigarmi a tornare.
-Com'è tornare qui dopo essere andati nel mondo normale?- domandò con una voce tranquilla e curiosa. -Ti è mancato ... questo posto?-
Per un attimo mi fermai e mi guardai intorno: mi era mancato quel posto, dovevo ammetterlo. Magari trascinata dagli eventi non ci avevo mai fatto troppo caso, ma la verità è che ne sentivo nostalgia. Le alte colonne e le pareti bianche di marmo, le stanze ampie dai soffitti alti, quasi sempre vuote, le statue abilmente scolpite, l'azzurro che si estendeva ovunque in modo infinito, i pesci che circondavano quel luogo, come una miniatura in una bolla di vetro. Era splendido, tutto era bellissimo e donava una sensazione di pace che ti spingeva quasi sempre a riflettere e a fare autoanalisi.
I ricordi di quel luogo in cui ero vissuta, il dolore che avevo superato, la tristezza, e anche l'ansia e la paura. E poi le cose che avevo scoperto di saper fare, la forza che non credevo di avere ma che avevo scoperto essere mia, tutto ciò che mi apparteneva, tutto era diventato chiaro in quel luogo, come acqua limpida. Poi i ricordi della mia vita che lentamente sbiadivano, anche quelli più dolorosi riuscivano a non distruggermi più, in quel luogo tutto sembrava colmarsi di una sorta di strano sentimento neutro. La rabbia o il dolore non rimanevano forti così a lungo. Tutta via c'era sempre una sorta di malinconia che non svaniva, ispirata soprattutto dai ricordi passati.
-Si, credo si ...- risposi guardandomi attorno.
Lei si voltò a sorridermi, i capelli sfrusciarono leggermente. Glieli avevo sempre invidiati, i capelli azzurri, ma in quel momento non mi piacevano molto, li trovavo un po' infantili, d'altronde l'aspetto di Leslie era quello di una tredicenne, sebbene il suo sorriso e il suo modo di fare fossero quelli di una persona molto più adulta. Mi chiesi come fosse possibile che questi aspetti del suo carattere non riflettessero sul suo aspetto.
Entrammo di nuovo nel tempio e ci dirigemmo verso la sala in cui di solito appariva Gaito. Dico "appariva" perché lui non stava sempre lì, non so dove andasse, a volte pensavo che lui fosse ovunque c'era acqua, quasi fosse una sorta di spirito dell'acqua o simile, invece in realtà era il dio greco del mare... Quando arrivammo mi ritrovai davanti a due gigantesche porte bianche finemente decorate, sembravano fatto di qualche materiale particolare che sembrava incredibilmente delicato come la porcellana, ma che era più resistente del marmo. Leslie si fermò e rimase immobile, senza dire niente, improvvisamente le porte si aprirono con uno scricchiolio rivelando ciò che c'era al di la di esse.
Entrammo in una grande sala per metà bianca e per metà azzurra, con una parete che sembrava trasparente, si vedevano i pesci che nuotavano e un basso fondale, la luce arrivava alla sabbia del fondale in modo più chiaro, dove eravamo ora invece i luoghi erano illuminati da spruzzi di luci piccole, come un insieme di lucciole.
-Rioko.- chiamò una voce, fu un bisbiglio che mi fece sentire  nel luogo più profondo e scuro del mare, una voce dolce e crudele al tempo stesso. La voce del mio signore, della persona a cui di fatto apparteneva la mia vita, ma non il mio cuore. Mi voltai in silenzio verso il luogo da cui proveniva quella voce cercando inutilmente di scorgere qualcosa.
-Lasciaci.- bisbigliò ancora, fu come se dell'acqua fredda mi scivolasse addosso.
Leslie fece un breve ed elegante inchino e si voltò uscendo a passo leggero dalla sala. Non fece alcun rumore, non ero mai riuscita a capire come facesse.
Le porte si chiusero dietro di lei con uno scatto, non so perché ma in quel momento mi sembravano una sorta di condanna.
-Bentornata, mia sirena.- disse Gaito richiamando la mia attenzione, la sua voce sempre magnetica e profonda -Abbiamo molte cose di cui parlare.-
"Si!" pensai tra me e me "Una vera condanna!"

||•Mermaid Vampire•||♡Lorenzo Ostuni♡Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora