Capitolo 10: Nella terra della salvezza

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I bagliori delle stelle filtravano vagamente fra le foglie degli alberi frondosi di quel bosco. Nolan le fissava pieno di sollievo e stanchezza, cercando di ritrovare in esse la forza per dimenticare la terribile giornata trascorsa.

Non avevano parlato molto durante il viaggio. Si erano limitati a scambiarsi qualche parola durante le pause, i pasti e le medicazioni alle varie ferite. E Nolan sapeva bene quale fosse il motivo del profondo silenzio di Lenx.

Aveva scacciato i lupi senza dire nulla, senza muovere un muscolo, senza sapere come e senza neppure accorgersene. Ed il controllo sulle menti degli animali era uno dei tratti distintivi di un veggente, stando alle parole di Lenx.

Non sapeva perché, ma non gli piaceva essere chiamato veggente. Lui non vedeva o conosceva nulla in più degli altri, anzi, forse sapeva molto meno di chiunque nei tre regni di Kyia. Lui però sentiva. Percepiva i pericoli, ed in qualche modo riusciva ad evitarli; percepiva i sentimenti più profondi di coloro che lo circondavano; riusciva inconsapevolmente a mettersi in contatto con le menti degli animali e a controllarle. Se ne era accorto mano a mano che il viaggio procedeva e che i pericoli aumentavano, ed ora ne aveva avuto una evidente conferma: i suoi poteri non erano solo illusioni. Erano qualcosa di misterioso, di potente e di straordinario, che lui preferiva chiamare con il nome di magia.

Quella parola gli faceva tremare il corpo di eccitazione, solleticava la sua immaginazione e accresceva la sua speranza. Forse non era senza senso il viaggio che stava compiendo, e forse lui non era così impotente e debole come fino ad allora aveva creduto. Era un mago, ed Olpintir non rappresentava per lui solo una meta di salvezza: era anche una concreta possibilità di conoscenza, un luogo in cui avrebbe finalmente potuto dare risposta a molte delle domande che lo assillavano fin dal giorno delle Due Lune. O almeno, così sperava.

Il viaggio attraverso le verdi praterie del regno di Tanderbol pareva un paradiso di colori e di pace rispetto ai luoghi che avevano appena abbandonato. Per la prima giornata di viaggio dopo aver lasciato i Monti della Scaglia, i due viaggiatori poterono godere della tranquillità, del calore e della bellezza di quel posto per recuperare le energie perse, cercando di non ripensare più agli orrori vissuti ma di guardare alle speranze future. Il ragazzo ignorava il dolore al braccio e la fatica della marcia, i suoi pensieri già tutti proiettati all'arrivo, alla sicurezza, al riposo... alle risposte.

I suoi occhi correvano rapidi lungo l'orizzonte lontano intorno a loro, ammirando la bellezza e la vivacità del paesaggio, un'infinita distesa di praterie, prati fioriti e boschetti, solcata di tanto in tanto da limpidi ruscelli. Ad un certo punto, il suo sguardo si soffermò ad osservare un'enorme e lontana distesa boscosa, offuscata dai bagliori del sole ormai pronto a tramontare.

La mostrò a Lenx, che inarcò le sopracciglia con timore e disgusto: - La Foresta della Sfinge. Un altro luogo di sventura e non ritorno. Poca gente ha mai osato andarci, e nessuno ha mai fatto ritorno, da quel che si racconta nella mia terra. –

Atlas - Libro primo del ciclo degli eroi - Leggenda delle cronache di KyiaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora