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Alvaro partì sgommando, dopo averli lasciati a casa di Simone con un saluto molto eloquente e un occhiolino al suo amico. Simone gli rispose alzando il dito medio.

Ora che erano di nuovo soli, l'imbarazzo si poteva quasi tagliare con un coltello.

Tossendo leggermente, il calciatore prese un mazzo di chiavi dalla giacca e, dopo aver trovato la chiave giusta, la infilò nella toppa, aprendo la porta di casa sua.

Anna rimase piacevolmente colpita. L'appartamento di Simone a Sassuolo era tutt'altro che ben arredato e chiunque avrebbe capito subito che era abitato da due uomini: scarse suppellettili, disposizione tutt'altro che curata e funzionale solo per giocare con la play station. La camera da letto di Simone era spoglia, con solo un semplice letto a una piazza e mezza e un armadio.

Qui, invece, sembrava che il ragazzo si fosse in qualche modo evoluto. Maturato, anche nella cura della casa. L'ingresso era semplice e dava direttamente sul salotto; i mobili erano di legno scuro con una linea moderna. Le pareti bianche facevano risaltare ancora di più la luce che entrava dalle enormi finestre posizionate dal lato opposto dell'ingresso. La cucina era separata dal salotto solo da una penisola in marmo grigio con attorno degli sgabelli neri. Due enormi divani in pelle nera e una grande televisione riempivano il salotto.

Il reparto notte era sopraelevato di un paio di gradini rispetto alla zona giorno. Simone la guidò in un tour della casa, facendole vedere dove poteva trovare qualsiasi cosa le servisse quando lui era fuori casa per gli allenamenti. E lo stupore di Anna crebbe ancora di più quando lui la portò nella sua stanza.

"Non mi sono preoccupato di fare il letto nella stanza degli ospiti; non penso ti dispiacerà dormire qui con me, no?"

Anna scosse la testa, incapace di parlare. La stanza era grande e luminosa quanto il salotto, con una porta finestra che dava su un terrazzino. Lo spazio era dominato da un enorme letto matrimoniale, pieno di cuscini.

La ragazza si rabbuiò per un momento pensando a quante altre donne avevano fatto visita a Simone in quella casa. In quel letto.

Allontanò le sue supposizioni e si voltò a guardare il calciatore, che osservava attentamente ogni sua reazione.

"Non potrebbe andare meglio," disse lei, abbassando gli occhi a terra. Lui posò la valigia per terra e le prese il viso tra le mani, costringendola a guardarlo.

"Non ti ho ancora salutato come si deve."

La baciò con dolcezza, senza forzature. Lei gli portò le braccia al collo, lasciandosi andare. Tutta l'ansia dei mesi precedenti improvvisamente dimenticata.

Si sentiva le gambe molli come gelatina; la testa le girava, incontrollabile, inebriata dal profumo di Simone.

"Sei ancora più bella dell'ultima volta che ci siamo visti," le sussurrò lui all'orecchio, appoggiando le labbra al collo della ragazza e tenendola stretta a sé. Gli era mancata più di quanto non volesse ammettere; l'orgoglio aveva spesso la meglio sulle sue emozioni, ma quando era con lei si sentiva libero di essere sé stesso, senza dover rendere conto di cosa provava. Senza imbarazzo né incertezze. Quando, però, lei era lontana le cose cambiavano. Era come se Simone si chiudesse di nuovo nel suo guscio, in attesa che Anna tornasse a salvarlo. Nessun'altra donna lo faceva sentire apprezzato come lei. Ma una parte di lui si rifiutava di vedere che quello che provava per la ragazza fosse qualcosa di più; voleva credere di sentirsi così solamente per la forte intesa fisica che avevano. Doveva per forza essere così: non avrebbe potuto essere diversamente. Lui doveva concentrarsi sul calcio, sulle ultime partite di un campionato ormai vinto e, soprattutto, sugli europei. Non poteva permettersi errori.

Non è mai semplice/ Simone ZazaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora