VIII - Le condizioni del paziente sono preoccupanti

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L'ospedale è un luogo che vive di regole dimensionali proprie

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L'ospedale è un luogo che vive di regole dimensionali proprie. All'interno di un nosocomio, il tempo e lo spazio assumono forme che non trovano riscontro nella vita quotidiana. La lentezza dei gesti, la giornata cadenzata dalle visite, dalle analisi, dai controlli e anche dalle tragedie. I pasti a orari assurdi, l'attesa per parlare con il medico, le decine di riti protoreligiosi che occupano le giornate di chi capita di questo microcosmo.

Giuseppe Tronzano, mentre pensava a tutto ciò nel corridoio, caotico per l'orario di visita, stava appunto aspettando di parlare con un dottore per capire se aveva ancora un senso sperare. Il primario arrivò qualche minuto dopo, quattro chiacchiere, sì, si può ancora sperare, arrivederci, buona serata. Erano ormai sei anni che si sperava, ma le cose non sembravano andare molto meglio. Il tumore di Carla si ripresentava a intervalli irregolari.

"Qualche cellula". Erano sempre poche cellule ma quel poco richiedeva intervento e poi cicli di chemioterapia e radioterapia. Rientrò nella stanza e vide che Carla si era appena svegliata. La chemio la stancava tantissimo, ragion per cui i medici avevano deciso di ricoverarla per tutte e cinque le settimane di trattamento previste.

«Ciao pulce!»

«Ehi campione. Come va?»

Andò a sedersi vicino a lei e prese la mano pallida nella sua.

«Io bene. E tu?»

«Ah, io non sono mai stata meglio. Ho una nausea pazzesca e non sono incinta. In più, non vedi che fisico?»

Carla aveva perso quindici chili in due anni. Era sempre stata longilinea e sportiva per cui quella perdita di peso rendeva evidenti gli zigomi e le ossa in generale. La calvizie peggiorava definitivamente il quadro estetico. Ad alcuni la chemio faceva ingrassare. Su di lei aveva l'effetto contrario.

«Dai... Due o tre mesi e tornerai a mettere su qualche chilo. E ti ricresceranno anche i capelli.»

Lei fece cenno di sì con la testa guardando nel vuoto.

«Certo. Sì, certo.»

Cercò subito un sistema per cambiare discorso.

«Come va la tua indagine? La "mosca" come l'ha chiamata il telegiornale?»

«Ah quella... Diciamo che i due fenomeni si sono lasciati scappare una bella foto in primo piano del rapitore, rovinando sul nascere qualunque strategia di indagine avremmo potuto mettere in piedi. Clerici è fuori di sé. Ieri abbiamo provato a trattenere i giornalisti e vedere se ci poteva essere qualcosa a loro carico. Nulla. Hanno scattato la foto a un monitor del nostro centro mobile aperto per il caldo. Non se ne è accorto nessuno in quella concitazione. Foto scattata regolarmente, insomma, non hanno rubato elementi di prova. Li abbiamo portati al commissariato e poi li abbiamo riaccompagnati alla sede del loro giornale. Chapeau! Bravi.»

Carla prese in mano il quotidiano del mattino e con fatica si mise a sedere. L'immagine della Mosca campeggiava in bianco e nero sulla prima pagina.

LA MOSCA (SEASON ONE) - di Mau TrifibaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora