V - Il buio nella stanza

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«Onorevole, aprite gli occhi per cortesia

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«Onorevole, aprite gli occhi per cortesia.»

Carlo De Santis avrebbe davvero voluto farlo. Fatto sta che, nonostante fosse sveglio già da un'ora, non riusciva in alcun modo ad alzare le palpebre. Qualunque cosa gli avessero iniettato non era così potente.

No, non era la droga, insomma. Non apriva gli occhi per la paura. Il timore di trovarsi davanti gli uomini di Catania furiosi per qualche sgarro era troppo. Sebbene non si ricordasse di aver fatto nulla di così grave da giustificare una reazione di tal genere. Negli ultimi tempi aveva avuto il dubbio di essere controllato o intercettato dalla polizia. Era capitato un paio di volte: un tizio posizionato fuori dall'Olgiata in un punto in cui non doveva esserci nessuno, un paio di altre persone che sembravano pedinarlo. Persino nei dintorni del Parlamento aveva notato dei movimenti sospetti da parte di alcune persone. Ma sicuramente chi lo aveva messo in quella posizione non era certo la polizia.

La sua posizione. Ecco per l'appunto l'altro problema. Era coricato su una tavola di legno. I suoi polsi erano bloccati sul piano e anche i suoi piedi. Oltre il terrore, lo sconforto e il senso di assoluta impotenza, la cosa umiliante era che aveva bisogno di andare in bagno.

«Devo andare in bagno» disse sottovoce.

«Alzate la voce Onorevole De Santis.»

«Devo andare in bagno» questa volta con un tono di voce più alto ma velato di isteria.

«Ah, scusateci. Non avevamo compreso. Siamo spiacenti, Onorevole. Non è possibile al momento.»

La voce che udiva era priva di accento. I toni erano assolutamente quieti e tranquilli. Un po' ovattati, forse. Ma il divieto di andare a espletare i propri bisogni corporali fece imbestialire Carlo.

«Brutti bastardi, pezzenti, merdosi, teste di cazzo. Vi faccio vedere io, stronzi. Liberatemi e ci affrontiamo faccia a faccia. Non mi fate paura, coglioni. Voi e quel verme di Catania. Capito? Non mi fate paura!»

Il tutto ribadito a occhi rigorosamente chiusi.

Un silenzio siderale seguì lo sfogo di De Santis. Per un attimo pensò che l'interlocutore, o gli interlocutori visto l'uso del plurale, se ne fosse andato. Passato qualche minuto di assoluto silenzio, la voce, inaspettatamente, ritornò.

«Onorevole, aprite gli occhi per cortesia.»

Il tono era sempre cristallino, calmo e suadente. Carlo non riuscì a non obbedire. Lentamente sollevò le palpebre. Ci mise qualche secondo ad abituarsi alla fioca luce che illuminava la stanza. La prima cosa che vide fu il muro grigiastro di fronte a lui. Lentamente si voltò prima a destra. Una parete grigia. E poi a sinistra. Tre personaggi erano in piedi a un paio di metri da lui. Avevano addosso quelle che parevano delle tuniche nere e sopra il volto indossavano delle maschere di carnevale. Erano maschere strane, sembravano rappresentare dei personaggi che De Santis aveva visto da qualche parte, forse su una rivista. Una cosa era sicura: non erano uomini di Catania.

«Ma voi chi siete?» chiese sorpreso.

Il personaggio al centro fece un passo avanti.

«Buonasera Onorevole. Io sono il dottor Alighieri. L'uomo alla mia destra è il dottor Petrarca, mentre alla mia sinistra c'è il dottor Da Vinci.»

Pazzi. Dei pazzi furiosi. Era stato rapito da un gruppo di pazzi fuggiti da qualche clinica psichiatrica. Ecco cosa rappresentavano le maschere. Avevano addosso le maschere dei personaggi ai quali avevano sottratto il nome.

«Cos'è questa pagliacciata?» chiese quasi ridendo.

I tre non risposero subito. Stettero di nuovo a guardarlo per un minuto circa, poi Alighieri parlò:

«Vi invito cortesemente a usare un altro tono quando si rivolge a noi, Onorevole. Forse non si rende conto della spiacevole situazione nella quale vi trovate in questo momento.»

L'assoluta neutralità nel tono della voce impaurì De Santis, il quale non osò replicare. Petrarca fece anche lui un passo avanti.

«Vedete, caro Onorevole, noi detestiamo la violenza fisica ma abbiamo ugualmente necessità del vostro aiuto. Per questo voi siete coricato su quella tavola e per questo non possiamo liberarvi.»

Anche Da Vinci si avvicinò a Carlo e volle intervenire nella questione.

«Noi sappiamo che voi non ci darete mai il vostro aiuto spontaneamente. Noi sappiamo tutto di voi. Noi vi seguiamo. Vediamo e giudichiamo. Voi siete un personaggio insulso, vile e inetto. Siete una delle ragioni che ci spingono a vergognarci del nostro bellissimo paese.»

Di nuovo Alighieri.

«La lista delle vostre malefatte è talmente lunga e nota che pare incredibile la vostra permanenza in libertà. Invece voi siete libero e addirittura voi siete stato eletto democraticamente come rappresentante del nostro popolo. Noi tutto questo non lo accettiamo. Noi siamo fermamente convinti che il messaggio che voi inviate alla nazione sia estremamente lesivo per la comunità italiana. Ma non vi preoccupate. Sto divagando. Voi siete qui per un altro motivo.»

Alighieri fece un cenno a Petrarca, il quale uscì dalla stanza. Una lama di luce lo colpì quando la porta venne aperta. Dopo pochi secondi Petrarca tornò con una specie di attaccapanni e un paio di quelle che a prima vista sembravano bottiglie. La confusione e la paura di De Santis stavano aumentando a dismisura. Non capiva quale potesse essere lo scopo di quegli uomini. Da Vinci si staccò dal gruppo ed andò a controllare che le cinghie che fermavano le caviglie e i polsi di Carlo fossero ben salde. Nel frattempo Petrarca si era avvicinato con l'attaccapanni e lo aveva sistemato accanto a De Santis. Prese le piccole bottiglie e le appese all'attaccapanni a testa in giù. Poi infilò qualcosa nella bottiglia e vi collegò i tubi. Carlo in quell'istante scivolò nel terrore più totale.

«Che mi volete fare? Cos'è quella roba? Noooo. Aiuto! AIUTO! AIUTO, AIUTATEMI!»

Una benda venne passata sulla bocca di De Santis e le urla divennero mugolii incomprensibili.

«Onorevole De Santis» intervenne Alighieri « Qui nessuno vi può sentire o aiutare. Come vi avevamo detto prima, noi detestiamo la violenza. Ma nei prossimi giorni noi dobbiamo avere delle risposte. Visto che farvi delle domande adesso sarebbe solo un'enorme perdita di tempo, vi lasciamo qui a riflettere un paio di giorni. Siamo certi che quando ritorneremo voi saprete darci tutte le risposte che desideriamo. I botticini che vede qua appesi non sono nient'altro che liquidi di nutrimento. Si tratta di alimentazione per via parenterale. La dose è regolata per nutrirvi giusto il minimo per non morire di fame e di sete. Per i bisogni fisiologici... non possiamo far nulla.»

L'ago si infilò nel braccio di Carlo in modo rapido e quasi indolore. La dose venne regolata sapientemente dall'uomo che si faceva chiamare Petrarca.

«Tutto è pronto. Noi adesso ce ne andiamo Onorevole De Santis. Prendete questo tempo come uno stimolo per riflettere. Ci vediamo tra due giorni.»

Prima di uscire i tre uomini spensero il lumino che illuminava la stanza. Il buio più totale prese possesso dell'ambiente.

I lamenti di De Santis lasciarono posto alla più totale disperazione e al pianto.

LA MOSCA (SEASON ONE) - di Mau TrifibaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora