XIX - Top Secret

335 62 124
                                    

Colonna sonora: Sharon Van Etten - Serpents

Luce. Fastidiosa. Forte.

Gli occhi ancora una volta non riuscivano ad aprirsi e addosso si sentiva... strano. Avvertiva qualche cosa che avvolgeva il suo corpo, solo che non riusciva a muovere le mani per controllare. Eppure... Ecco, il braccio spostato leggermente a destra non trovava impedimento alcuno. Sembrava, insomma, che non ci fosse nulla che potesse bloccarlo. No. Non c'era nulla in effetti. Solo che tutto il corpo era talmente anchilosato da sentirsi praticamente paralizzato. Forse. O forse... No? E poi il caldo. Un caldo atroce. Da quando era stato incarcerato aveva patito freddo e basta. Cos'erano quelle novità? Dei rumori, anche. Sembravano quasi... cinguettii. Sì, cinguettii.

Gli occhi. Piano piano. Ecco, così.

Azzurro e verde. Dovevano essere delle foglie, certo. E l'azzurro doveva essere il cielo.

Carlo alzò piano la testa per guardarsi intorno. Tutte le ossa gli facevano male, per non parlare dei muscoli. Lentamente la luce sembrò diminuire di intensità e tutti i colori tornarono al loro posto. Ci volle qualche minuto. Panico. Ansia. Confusione. Le scale cromatiche riacquistarono il loro senso e un minimo di definizione.

Quello che si delineava intorno a lui sembrava un bosco. Accanto vedeva quella che doveva essere una strada sterrata. Solo che non si riusciva a muovere neanche un muscolo. "Magari sono morto", pensò. "Sì, sono morto. I tre merdosi mi hanno fatto fuori e buttato a macerare qui all'aperto."

Si guardò intorno, per quanto riuscisse a farlo. Era vestito con abito blu e camicia azzurra, simili a quelli che indossava per andare a Palazzo. "Mi hanno vestito da funerale e abbandonato." Gli venne di nuovo da piangere quando, dalla strada sterrata, vide arrivare un gruppo di uomini in bicicletta. "Ora trovano il mio cadavere, ecco. Si fermano."

Il gruppo era formato da cinque persone. Due di loro buttarono la bicicletta a terra e raggiunsero De Santis.

«Ha avuto un incidente? Presto alziamolo Marco, dai.»

«Non farlo... La schiena.»

«Giusto, hai ragione. Oh voi. Avete chiamato l'ambulanza?»

«Sta bene?» chiese Marco rivolto a Carlo.

De Santis scoprì due cose: di non essere morto e di non riuscire a parlare. La bocca sembrava incollata e la lingua immobile non riusciva ad articolare parole sensate se non un gorgoglio incomprensibile.

«Passami la borraccia. Ecco. Beva.»

De Santis obbedì e bevve avidamente.

«Come si chiama? Possiamo avvertire qualcuno?»

De Santis bofonchiò qualcosa ma non si capiva nulla. Marco allora avvicinò l'orecchio alla sua bocca.

«Ripeta, per favore. Cosa possiamo fare per lei?»

«Voglio...Mar... Marmellata.»

E pronunciate queste parole, svenne.

-------------------

Il mattino del ritrovamento di De Santis, Crespi era entrato in ufficio piuttosto presto. Aveva da sbrigare del lavoro e poi doveva dedicare un po' di tempo alle sue attività extra-polizia quella sera. Quindi sarebbe uscito in orario senza fare straordinari peraltro non pagati. Tronzano lo aveva addirittura anticipato e doveva aver dormito davvero poco. Anzi: non doveva aver dormito proprio per nulla.

«Peppe, buongiorno.»

«'giorno.»

«Insonnia?»

LA MOSCA (SEASON ONE) - di Mau TrifibaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora