Alex's pov.
Dopo aver passato tutto il pomeriggio a casa di Jack, mi ricordai che i miei genitori erano a casa e sarei dovuto tornare il prima possibile. Mi incamminai verso casa mia con la paura nelle vene. Non sarebbe finita bene quella sera, continuavo a pensare a scuse su scuse da raccontare a mio padre, ma nessuna di queste mi avrebbe salvato. Arrivai davanti al vialetto di casa mia decisi di entrare dal retro in caso nessuno si fosse accorto della mia mancanza. Quando aprì la porta della cucina che dava sul guardino, sentì una bottiglia infrangersi sul pavimento. Quel suono bastò a far crollare le mie speranze.
"Guarda un po chi ha deciso di farsi vedere" la voce di mio padre era piena di rabbia e odio. Ero finito.
"Dove diavolo eri?!" mi urlò contro.
"I-io... Ero in giro" 'complimenti Gaskarth bella risposta' pensai.
"Oh eri in giro!" mio padre fece un sorriso sarcastico.
"Ti ho forse dato il permesso di uscire? O lo ha fatto tua madre?" mi chiese mentre il suo tono era sempre più infuriato.
"No..."
"E allora perché non eri in casa?! Ti ho già detto che finché stai in questa casa hai il permesso di uscire solo per andare a scuola!" disse alzando la voce. Abbassai la testa senza rispondere, chiusi gli occhi per trattenere le lacrime.
"Rispondi quando ti parlo!" urlo di nuovo mio padre, venendo verso di me, prendendomi un pugno di capelli per alzarmi la testa. Aprì gli occhi e le lacrime iniziarono a scendere senza controllo. Mi spinse contro il muro facendomi battere la testa, per poi darmi un pugno sul fianco che mi fece piegare dal dolore. Mi lasciai scivolare per terra mentre quell'uomo che chiamavo padre continuava a colpirmi senza sosta. Non avevo nemmeno tentato di difendermi, ero troppo stanco e sentivo le forze abbandonare il mio corpo. Ecco che succede a non mangiare dopo circa sei giorni. Dopo quelle che sembravano ore, mio padre mi lanciò uno sguardo pieno d'odio.
"Sei una delusione Alexander, tuo fratello sarebbe schifato dalla persona debole e inutile che sei. Sei patetico" disse, per poi uscire dalla stanza. Non avevo visto mia madre, ma ero certo che avesse assistito a tutta la scena. Sentì la porta d'entrata sbattere e seppi che erano usciti di nuovo. Il mattino dopo avrebbero avuto un altro viaggio di lavoro che li avrebbe allontanati da casa per un paio di giorni. Tentai di rialzarmi da terra, sentendo dolore ovunque ma più che altro al fianco, era come se avessi avuto dei coltelli infilzati, che ad ogni movimento andavano più in profondità facendomi sempre più male. Mi trascinai fino al piano di sopra, entrai in camera e mi chiusi a chiave lasciandosi cadere per terra. Le lacrime non avevano smesso nemmeno per un secondo di scendere. L'unico rumore udibile nella casa erano i singhiozzi che scuotevano freneticamente il mio corpo, mandandomi ondate di dolore, ma in quel momento non mi interessava. Avrei voluto che Jack fosse li con me.Il mattino dopo fu un agonia. Non mi ero degnato di disinfettare i tagli, o di mettere del ghiaccio sui lividi e il fatto di essermi addormentato per terra non migliorava la situazione. Ero riuscito a evitare Jack tutto il giorno. Era la quarta ora e per le due ore seguenti avevo ginnastica, che decisi di saltare. Ero nascosto nel campo da football abbandonato, nessuno ci andava più a parte me quando volevo nascondermi. Ero seduto contro una parete dei vecchi spogliatoi con le gambe strette al petto e il mento su di esse. Stavo cercando di mantenere la mente libera e l'espressione apatica per non crollare un altra volta e scoppiare in lacrime. Senti il mio cellulare vibrare e vidi il nome di Jack sullo chermo. Prima di lasciare casa sua aveva voluto che gli lasciassi il mio numero.
Risposi alla chiamata. "Oddio Alex finalmente" esclamò senza nemmeno lasciarmi il tempo di aprire bocca. Si avevo ignorato anche le sue chiamate.
"Cosa vuoi?" dissi. Non volevo suonasse in modo così rude.
"Che succede?" mi chiese col suo solito tono preoccupato. Non risposi e chiusi la chiamata. Non volevo la sua compassione, volevo stare da solo. Stavo iniziando a pensare che Jack aveva smesso di fare il bullo nei mie confronti, e aveva iniziato a fingere che gli importava solo per pena. Me ne stavo convincendo sempre di più. Per quanto tenessi a lui, non volevo la sua compassione. Non me ne facevo nulla. Sentì dei passi abbastanza vicini, ma non me ne curai, non mi interessava e non mi girai nemmeno per vedere chi era. I passi si fermarono di fianco a me, e la persona si lasciò scivolare di fianco a me. Non mi mossi di un millimetro nemmeno quando iniziò a parlare.
"Sai, se vuoi nasconderti dal mondo devi anche disattivare il GPS così nessuno può trovarti" ridacchiò. Come se quello fosse stato il mio problema primario.
"Allora mi dici che succede?" tentò di nuovo. Tentativo inutile. Non volevo ne guardarlo ne parlargli. Non sapevo come sarebbe uscita la mia voce, e se lo avessi guardato negli occhi sapevo per certo ce sarei crollato.
"Hai intenzione di dire qualcosa?" ancora nessuna risposta. Prima o poi si sarebbe stufato e mi avrebbe lasciato in pace. Come al solito sbagliavo. Portò due dita sotto al mio mento e mi girò la testa.
"Hey cosa c'è che non va?" insistette. Lo guardai per una manciata di secondi con sguardo privo di emozioni, per poi strattonare il viso dalla sua presa e girarlo dall'altra parte. A quel punto Jack si porto davanti a me mettendo entrambe le mani ai lati della mia testa in modo che non potessi più girarmi.
"Alex, dimmi cosa succede" disse autoritario, ma suonando comunque dolce. Sentì un nodo alla gola e le lacrime pizzicarmi di nuovo gli occhi. Non avrei resistito molto, nemmeno il tempo di pensarlo che le lacrime si erano già fatte la loro strada. Abbassai la testa mentre i singhiozzi scuotevano il mio corpo. Jack passò le sue braccia attorno al mio corpo e mi strinse.
"Shh è tutto okay Alex, ci sono io va tutto bene" cercò di calmarmi sussurandomi all'orecchio, ma con poco risultato. Stavo sfogando tutto attraverso quelle lacrime. Non riuscivo più a sopportare tutto da solo, ma se avessi raccontato a Jack cosa succedeva tra le mura di casa mia si sarebbe preoccupato ancora di più. Dopo essermi calmato, ancora stretto tra le sue braccia, iniziai a valutare la possibilità di raccontargli tutto. Volevo farlo ma non potevo. E se lo avesse detto a qualcuno? Avevo già abbastanza problemi non potevo permettermi di peggiorare tutto. Però non potevo nemmeno continuare in quel modo.
"Va meglio?" mi chiese. Scossi la testa in segno negativo, non c'era niente che andava bene. Era tutto un disastro.
"Ti va di dirmi cosa è successo adesso?" mi chiese di nuovo.
"Jack.... Io non so se posso dirtelo, creerei altri problemi che non mi servono" dissi con voce tremante allontanandomi dalla sua presa.
"Di che problemi parli?".
Volevo alzarmi e andare via, ma mi precedette mettendomi le mani sui fianchi per trattenermi. A quel gesto mi lasciai sfuggire un gemito di dolore, come lo stupido che sono.
Altre lacrime mi appannarono gli occhi.
"Che hai?" chiese, il suo sguardo era preoccupato a morte. Fece per tirarmi su la maglia ma cercai do fermarlo inutilmente, lui era più forte di me.
"Fammi vedere Alex" e con questo rinunciai a fermarlo, era inutile. Vidi i suoi occhi spalancarsi vedendo il mio corpo coperto da lividi e tagli.
"Chi è stato?" chiese con espressione assente. Ora dovevo scegliere, inventarmi qualcosa o dire la verità.✖✖miokay mi odio per quello che sto facendo ad Alex, mi sento in colpa. Lo so che avevo detto che non avrei aggiornato sta settimana, ma mo annoiavo e avevo bisogno di distrarmi quindi si... E niente venerdì vedo i 5sos :) non ve ne frega ma sono felice, e ora vado a sclerare da sola bye!
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Get Down On Your Knees And Tell Me You Love Me (Jalex)
FanfictionAlex e la sua famiglia si trasferiscono a Baltimora, dove lui e Jack diventeranno migliori amici. Ma dopo il suicidio del fratello, ci sarà sofferenza per Alex. È la mia prima Jalex, spero vi piaccia