Cheyenne's Chapter |8|

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Che cosa stava succedendo? Perché Alexander mi stava portando via, ed io mi sentivo sempre più debole e stordita?
Aprì la porta del bagno. Cercai di dimenarmi, ma non riuscii ad allentare la sua presa, sui miei polsi, che anzi si fece più salda.
«adesso sei mia, piccola.» mi sussurrò all'orecchio con una voce roca, avida e piena di desiderio che mi mise paura e voglia di vomitare allo stesso tempo. Puzzava di fumo e alcool, chissà da quanto non era lucido.
Mugolai, sempre più impanicata, ma il mio corpo non rispodeva più ai miei comandi, non riuscivo a muovere le labbra per articolare le parole, niente.
Mi guardò di traverso con un brillio negli occhi, dopodiché cominciò a lasciarmi baci umidi sul collo mentre si toglieva la camicia.
Ero completamente terrorizzata, il mio respiro si faceva sempre più affannoso, non potevo permettere che succedesse qualcosa. Raccolsi le mie ultime forze rimaste e gli diedi uno schiaffo che per fortuna lo colpì in pieno, ma non fece che peggiorare le cose.
«Ah, quindi la droga non ti ha ancora stordita per bene? Tranquilla, ci penso io.»
Droga. In quel bicchiere c'era della droga, ecco perché non riuscivo più a muovermi e a pensare lucidamente.
Cazzo, ero stata una stupida.
In risposta al mio schiaffo, mi afferrò i capelli, mi sollevò il viso fino a che i nostri occhi non si incontrarono, e disse:«Adesso sei mia. Gabriel non c'è, non verrà a salvarti.»
Sentivo le lacrime scorrere sul mio viso, mentre lui scoppiava in una risata fredda e tutt'altro che divertita.
Non sapevo come sarei uscita da quella situazione, ma dovevo sbrigarmi, prima che la mia lucidità mi abbandonasse del tutto, allora decisi di perdere tempo facendolo parlare.
«P-perché tutto questo?» riuscii a dire con voce flebile.
«Perchè io ti voglio, Cheyenne, e nessuno mi impedirà di averti.»
Ero spaventata, come non lo ero mai stata in vita mia.
Non sapevo davvero cosa fare, potevo solo lasciarmi andare.
Stavo per farlo, quando sentii la sua voce, chiara e distinta.
Era Gabriel.
Sfondò la porta e si avventò su Alexander, prendendolo a pugni. Vedevo del sangue, che mi fece salire la nausea più di quanta non ne avessi già. Era una scena terribile, fortunatamente arrivarono i ragazzi e le mie amiche a fermarlo.
Mormorai debolmente il suo nome, e lui si fermò, come se fosse un richiamo, mi prese delicatamente in braccio e mi portò via. Finalmente ero salva.
*bip, bip, bip.*
"Cos'è questo rumore fastidioso?"
Aprii gli occhi, ma vedevo solo del bianco intorno a me: una stanza dalle pareti bianche. Ero stesa su un letto dalle lenzuola bianche, e tanto per cambiare indossavo un camice bianco. Il panico si faceva lentamente strada verso di me: dove mi trovavo?
Ruotai lentamente la testa e mi guardai intorno, mentre dei puntini danzavano ai lati del mio campo visivo e mi saliva la nausea. Ero davvero debole, ed essere debole fa schifo.
Fu allora che lo notai: era seduto con la schiena curva su una sedia proprio accanto al mio letto, con la testa poggiata sul petto. Stava dormendo, ed era davvero adorabile quando dormiva.
Improvvisamente ebbe un sussulto e si svegliò. Si stropicciò gli occhi e si guardò intorno, posando lo sguardo su di me..
Spalancò gli occhi, sorpreso, e corse ad abbracciarmi di slancio.
Quello fu un abbraccio che non dimenticherò mai, perché mi aveva fatto capire che mi amava. Non importava cosa fosse successo o cosa avesse fatto, adesso era lì.
Quando alzò lo sguardo verso di me vidi che aveva gli occhi lucidi, e le lacrime cominciarono a scorrere anche sul mio viso.
«Cheyenne..» mormorò, sfiorandomi il viso. Il mio nome suonava molto più dolce quando lo pronunciava lui.
Lo zittii con un bacio.
Ci mancavamo, ed in quel bacio la nostalgia c'era come c'erano la tristezza e la felicità di esserci ritrovati.
Sono certa di poche cose al mondo, ma una di queste è che non mi lascerò mai portare via Gabriel. Lo amo come si ama una sola volta, una sola persona: mi ha fatto soffrire, ma la sofferenza non è niente in confronto alla felicità che mi ha dato e continuerà a darmi. La verità è che lo amo, lo amo da impazzire, e non è possibile spiegare agli altri quanto sia vero. Sono convinta che l'amore può essere raccontato solo come uno stereotipo, perché l'amore è unico e personale.
Finalmente mi sentivo felice e sollevata, finalmente avevo lui.
Ci staccammo dal bacio, e lui mi circondò con le braccia. Ci saremmo detti tutto, dopo. Stavolta gli sguardi non bastavano.
In quel momento entrò quella che doveva essere un'infermiera.
Mi guardò, probabilmente sorpresa dal mio risveglio.
«Oh! Sei sveglia.»
«A quanto pare..» mormorai, sarcastica. Gabriel soffocò una risatina. Okay, era decisamente stupida.
«Be', ciao. Mi chiamo Ashley, e sono la tua infermiera. Ti ricordi del perché sei qui?»
«Io..più o meno. Perchè sono qui, esattamente?»
«Sei arrivata quasi in coma, fortunatamente il nostro intervento è stato tempestivo. Avevi una grandissima dose di..droga, in corpo.» mi guardò di traverso, probabilmente credendo che fossi una teppista drogata o qualcosa del genere.
«Ma abbiamo agito subito, e adesso dovresti stare meglio. Ti rimetterai in una o due settimane.» curvò le labbra in un gesto simile ad un sorriso, che ricambiai per cortesia.
«Ehi, quella dai capelli blu come sta?» in quel momento fece irruzione un altro infermiere, sbattendo la porta con ben poca delicatezza. Aveva uno sguardo freddo e calcolatore ed un sorriso sgradevole. Insomma, era sicuramente un coglione. Sì, erano poche le persone che mi stavano simpatiche.
«Robert!» lo rimproverò Ashley allarmata, indicandomi con lo sguardo.
«Oh!» sussultò lui.
A quel punto non mi trattenni:«ma chi ti credi di essere per chiamarmi "quella dai capelli blu" con quel tono?» aggrottai le sopracciglia. Mi ero svegliata solo da 10 minuti, e avevo un'improvvisa voglia di tornare a dormire.
Gabriel, che era saltato su all'ingresso dell'antipatico infermiere, lo guardò di traverso, e sibilò solo:«ora esci.»
Adesso fu il mio turno di soffocare una risatina, amavo quando faceva il geloso.
Robert, improvvisamente intimorito, si affrettò ad uscire con la coda tra le gambe.
Risi, stavolta più forte, ma soffocai un gemito: non potevo sforzarmi troppo.
Ashley, intimorita a sua volta, mi informò che fuori c'erano le mie amiche, e dopo l'orario di visita ci sarebbe stato il pranzo. La ringraziai e lei uscì, lasciando il posto a Rose, Jade, Alexa, Christine e Martha. Spalancarono la porta, non curandosi del fatto che fossero in un ospedale, e la scena fu più o meno questa:
«CHEYENNE!» urlò Christine.
«tesoro, eravamo preoccupatissime! Finalmente ti sei svegliata!» strillò Martha, estremamente sollevata.
Tutte insieme mi corsero incontro abbracciandomi stretta. Erano visibilmente preoccupate, ma ora stavo meglio.
Sospirai, e loro si allontanarono.
Trascorsimo il resto dell'ora a parlare come se non fosse successo niente ed io non fossi in ospedale.
È questa la parte migliore delle mie amiche: sanno trovare il lato positivo di ogni cosa.
Parlammo del nuovo smalto di Rose, che tra parentesi era davvero bellissimo, delle doppie punte di Christine e del fatto che dovesse andare  a tagliare i capelli. Cose molto normali, insomma.
Ero lì solo da due giorni, da quanto avevo capito, ma sembrava fosse passata un'eternità.
Al termine dell'orario di visita Ashley le fece accomodare fuori e mi diede della zuppa, dopodiché uscì.
Mi misi a sedere sul letto, e mentre mangiavo mi rivolsi a Gabriel, che era rimasto zitto fino a quel momento, guardandolo meglio: solo allora notai che era dimagrito e aveva gli occhi incavati circondati da occhiaie. Sbiancai, preoccupata:«ma cosa hai fatto in questi giorni?»
«Sono stato qui.» mi sorrise.
Amavo quel sorriso.
«Tutto il tempo?»
«Certo. Credi che ti avrei lasciata sola?»
«Io..pensavo che non ti importasse più di me.» lo guardai.
Ricambiò lo sguardo. «di questo ne parleremo appena ti sarai rimessa..è piuttosto lungo da spiegare.»
«Okay» acconsentii.
«Ma hai passato tutto il tuo tempo qui? Hai mangiato? Da quand'è che non dormi per almeno 8 ore?»
«Be'..da due giorni»
Non volli sentire ragioni, quindi lo costrinsi ad andare a casa, mangiare, farsi una doccia e dormire un po'..ne aveva bisogno, mi sentivo terribilmente in colpa per averlo fatto stare così.
Prima di andarsene mi prese la mano e me la strinse, lasciandomi un bacio sulle labbra, e l'ultima cosa che vidi prima che chiudesse la porta fu il suo sorriso.

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