You belong to us

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PRESENTE

Pov Lauren

Nemmeno ricordare quella sera, quella in cui lei aveva scritto quella sofferta canzone, poteva distruggere il nostro umore quel pomeriggio. Eravamo così rilassate su quel prato verde che tutti i problemi e tutti i ricordi passati sembravano essersi dissolti. Eravamo insieme ora, e questo era l'importante. Qualsiasi cosa aveva fatto e quanto era stata male erano cose che non la turbavano più come a me non interessava più di quei mesi d'inferno che avevo passato. Addormentarmi davanti ad un bel tramonto tenendole la mano era più che sufficiente come ricompensa. Era arrivata proprio quando stavo per toccare il fondo, per salvarmi.

Certo, non avevo potuto ignorare per qualche minuto i ricordi di quella sera, e come quello potesse essere connesso alla canzone di Camila e Shawn. Mi ripetetti mentalmente il testo una decina di volte cercando di cogliere quello che Camila provava per me, ma che non mi aveva mai detto.

Era strano vivere questa storia da due prospettive così diverse eppure così vere. Tutto ciò che aveva fatto Camila, con me, e con gli altri, fino a quel momento era l'esatto opposto di quello che in realtà provava o pensava. Ed era solo con questo pensiero fisso nella mente che riuscivo a scoprire la vera lei che era stata sepolta tutti questi mesi dietro la crudele maschera che si era cucita addosso. Quello che mi chiedevo era, perche? Perché agire esattamente in modo contrario a quanto avrebbe voluto agire? Perché tutta questa fatica? L'unica cosa che riuscivo a pensare, guardandola riposarsi sulla mia pancia, era che probabilmente quella ragazza odiava davvero se stessa in un modo che non riusciva a controllare. Preferiva essere stronza, con tutti, essere considerata perfino una persona cattiva, che mostrarsi in tutta la sua bellezza per come era realmente.

Non riuscivo a capire come si potesse odiare il miglior lato di se stessi, per far prevalere quello cattivo.

Non riuscivo a capire perchè questo amore la sconvolgesse tanto. Mi aveva ferita, mi aveva vista cadere, era arrivata addirittura a volersi concedere a Shawn, pur di rinnegare il suo amore per me. Non ero io il problema, questo oramai mi era chiaro. E non era nemmeno il suo amore ad essere troppo poco per affrontare il mondo, potevo sentirlo dalle dolorose parole di quella canzone, scritte col sangue su quella musica.

Il problema era il suo sentimento. Il suo amore. Solo il suo. Il problema di Camila era se stessa. Come avrei potuto farle capire che era un essere così speciale, così magnifico? Come avrei fatto a farla innamorare di se stessa, dopo tutti questi anni passati a mortificarsi? Come poteva lei non vederlo. Quanto fosse bella. Con la sua pelle liscia e le ciglia lunga. Con le sue labbra gonfie e i capelli morbidi. Il suo respiro regolare che si alzava e si abbassava sul mio ventre. Come poteva non vedere quanto sapeva essere dolce, e buona anche quando non ne aveva voglia. Come era stata forte in tutti quegli anni, a mantenere costante la nostra amicizia nonostante l'enorme amore che le cresceva dentro. Io, non so se ci sarei riuscita. Aveva affrontato il successo, una crisi d'identità, e un'amore sbagliato per la propria migliore amica, a 16 anni, lontana da casa, completamente sola in balia di se stessa. Sempre con il sorriso sulle labbra. Sempre senza far trasparire il suo dolore, senza fine.

Io ero crollata nell'alcool e nella droga dopo soli due mesi. Lei era stata così coraggiosa. Le accarezzai una ciocca di capelli senza rendermene nemmeno conto. Strizzò gli occhi e si alzò poco dopo.

- Che ore sono? –

Disse con la voce impastata di sonno. Sorrisi a quell'immagine così dolce. Aveva i capelli un po' arruffati e gli occhi ancora chiusi, la voce roca per essersi appena svegliata.

- Tardi. Il sole è già sceso. Siamo state fuori dal mondo troppo a lungo. E' ora di tornare alla vita vera Camz-

Si stropicciò gli occhi ancora un paio di volte e ci avviammo in silenzio verso la macchina. Non era un silenzio pesante. Era più che altro uno di quelli rari da trovare. Un pura tranquillità. Eravamo in pace con noi stesse. Stavamo semplicemente bene. E le parole erano superflue. Noi, bastavamo. Le nostre dita che, pur non potendosi intrecciare in pubblico, si scontravano e si sfioravano con assiduità, ci facevano sentire connesse. Arrivammo in silenzio fino alla macchina e mi sedetti al posto del guidatore pronta a partire.

Camren stole my CamzDove le storie prendono vita. Scoprilo ora