Love until death

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POV LAUREN

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POV LAUREN

Mi appoggiai al freddo muro del balcone spazioso senza fare conto di quanto in alto fossimo. Mi accesi velocemente la sigaretta e mi soffermai un momento di più sull'accendino arancio fluorescente con la scritta Miami incisa sopra. Me lo aveva regalato Jerard per farmi sentire più vicina a casa. Sorrisi e rimuginai su quanto quella fottutissima città mi mancasse. Mi mancava la spensieratezza che quei luoghi conservavano. Mancava il sentirsi bambini, illusi, pieni di sogni impossibili che con questa prerogativa diventavano poco impegnativi e pieni di speranze. E ora la sigaretta bruciava davanti a me diventando incredibilmente più corta ad ogni tiro, ad ogni soffiata di vento. Contro tutto il mio volere, lei si rimpiccioliva e inevitabilmente dovevo rendermi conto che prima o poi anche quel piccolo piacere sarebbe finito. Schiacciato sotto la scarpe di un mondo che girava troppo veloce per soffermarsi sulla storia di ogni sigaretta buttata distrattamente in mezzo ad una strada.

Eppure io ogni tanto mi soffermavo ad immaginare la storia degli oggetti che per caso mi ritrovavo tra le mani, o ad osservarli senza farci troppo caso per strada. Di chi era stato un'ombrello, una penna, un cappello. Che opere d'arte aveva creato un pennello. Che canzone aveva composto quella tastiera. Come se un giorno io dovessi diventare come quegli oggetti invisibili e banali alla vista di tutti, che vengono lasciati in un angolo a dormire e a riflettere tutto il giorno. E nessuno mi chiedesse mai quale fosse la mia storia. Io chi ero. E cosa ero stata per lei. Cosa ero per lei? Un'amica. Una collega. Un'amante.

Cosa ero? Una sigaretta schiacciata sotto i piedi di un passante.

Scossi la testa cercando di non pensare a delle idee così orribili. A delle immagini così sbagliate per il nostro tipo di rapporto. Lei non mi avrebbe mai trattato così male. Lei mi amava. Il mio sospiro rimase sospeso per quell'affermazione persa nei miei pensieri. Mi amava?

Mi persi osservando le stelle in cielo che inaspettatamente si vedevano in tantissime. La notte era serena quella sera, e non seppi nemmeno io il perché ma mi venne da sorridere. Così all'improvviso. Nonostante i miei continui cattivi pensieri e le mie ansie inutili, a fine giornata dopo la solita sigaretta fumata alla luna mi ricordavo che infondo, andava tutto bene.

Camila era mia. I fan ci adoravano. Le classifiche andavano bene. Andava tutto bene. Era tutto tranquillo. Sereno. Era tutto perfetto.

Perfettamente falso.

Il sorriso mi si spense sulle labbra a quella certezza improvvisa. Mi ero presa in giro per più di un mese, nutrendomi delle mie illusioni, delle mie fantasie d'amore. Ma ora, osservavo la sigaretta cadermi dalle dita fino a terra e spegnersi con un tonfo impercettibile, osservavo il cielo muoversi in un immobile gioco di luci.

Tutto falso. Camila non era mia. Non lo era mai stata. Mi aveva offerto il suo amore, ma non se stessa. Quella era ben conservata per qualcun altro. Io non la possedevo. Non l'avevo. Mi accontentavo di viverla a metà. Addirittura di condividerla. Per un attimo questo pensiero mi fece venire la nausea.

Camren stole my CamzDove le storie prendono vita. Scoprilo ora