Ritorno alla dimensione demoniaca.

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Un altro squarcio, del colore delle tenebre, si aprì in mezzo a tutta quella luce prodotta dal portale. Sebastian, che aveva da poco riaperto gli occhi, si affrettò ad attraversarlo, atterrando con le ginocchia sul suolo melmoso. Aveva un po' di nausea ma dopo pochi secondi riuscì a riprendersi senza troppi sforzi.
L'aria malsana della dimensione demoniaca lo investì con tutta la sua forza, portando con sé un forte odore di zolfo, simile a quello delle uova marce. "Casa dolce casa" pensò, prima di alzarsi in piedi.
Un gruppo di demoni Behemoth si aggirava irrequieto attorno alla breccia, probabilmente preparandosi ad attraversarla. Erano orripilanti, con il corpo viscido e informe ricoperto da una fila di doppi denti acuminati, usati per fracassare le ossa delle proprie prede prima di divorarle. All'apparenza e nei movimenti, ricordavano molto delle lumache giganti e per quello che aveva imparato Sebastian su di loro, sapeva che non brillavano certo per intelligenza.
Sebastian si ritrovò a storcere il naso, non solo per il loro aspetto rivoltante, ma anche per il terribile fetore di morte che emanavano.

Quando il ragazzo passò in mezzo a loro, i demoni fecero una sorta di inchino riverenziale, mostrando rispetto per il figlio della loro Signora.
Sebastian aveva smesso ormai da tempo di prestare attenzione a quel gesto. Un tempo se ne compiaceva, trovando che fosse davvero gratificante vedere quegli esseri immondi portargli così tanto rispetto e avere paura di lui e di quello che era in grado di fare.
Ora non era più così. Quei piccoli gesti non lo entusiasmavano più. Niente sembrava più colpirlo o affascinarlo come un tempo, nemmeno quel mondo tanto simile a lui dove riusciva davvero a sentirsi a casa.

Il rumore prodotto dai suoi scarponi venne attutito dall'ammasso melmoso su cui camminava, che rendeva difficoltoso ogni suo passo man mano che avanzava.
Ripensò alla prima volta che era stato lì, quando era bambino. A come quella sostanza lo avesse quasi risucchiato, come se si trovasse a camminare su delle sabbie mobili. Ricordò il volto di Lilith quando la conobbe per la prima volta, salvandolo da quella trappola appiccicosa. -Non preoccuparti figlio mio, questo mondo non ti farà del male, non finché ci sarò io- gli aveva sussurrato mentre lo prendeva in braccio. Ricordava ancora quella strana sensazione che aveva provato mentre il demone lo stringeva, come se quello fosse stato l'abbraccio della morte, privo di qualsiasi sorta di calore . Non aveva avuto paura, affatto. Si era sentito al sicuro, per la prima volta in vita sua, tra quelle braccia.
Ancora oggi, quando osservava la madre, uno strano senso di sicurezza e di appartenenza lo attraversava. Sapeva che qualsiasi cosa avesse combinato, ovunque sarebbe andato, Lilith lo avrebbe sempre ripreso con sé, dandogli quel conforto e quell'approvazione di cui aveva sempre avuto un disperato bisogno. Capì di voler ricevere quel genere di attenzioni solo da un'altra persona, da Clary.

Prima di rendersene conto, giunse di fronte all'entrata del palazzo di Lilith. Era una sorta di castello abbandonato, con alte guglie ricoperte da una sostanza verdognola. "Veleno di demone" affermò mentalmente.
In cima alle torri, giganteschi demoni, dalle sembianze di enormi draghi alati, avevano costruito i loro nidi e da lì osservavano l'intera landa desolata, pronti ad emettere il loro richiamo assordante in caso di pericolo.
Sebastian tornò a concentrarsi sull'enorme cancello di ferro di fronte a lui. Citò alcune parole in lingua demoniaca e questo si aprì, spianandogli il cammino.
Di fronte a lui si estendeva un lungo corridoio illuminato qua e là da qualche torcia. Il pavimento era costituito da una lastra di vetro trasparente del colore del carboncino nero utilizzato da Clary. Attraverso di esso, riusciva a scorgere le sagome di alcune creature infernali che strisciavano e zampettavano al suo interno, fissandolo di tanto in tanto con i loro occhi iniettati di sangue. I più coraggiosi, o i più stupidi dal suo punto di vista, aprivano le fauci mostrandogli le zanne, nel tentativo di fargli capire che non importava di chi fosse figlio, per loro sarebbe sempre stato un intruso, ricoperto da rune angeliche, che si aggirava all'interno del loro territorio.
Sebastian distolse lo sguardo non riuscendo a nascondere il proprio disgusto, arrivò davanti ad un'altra porta e questa si aprì da sola, mostrando l'immensità della sala del trono.
Lilith era seduta lì, con una mano dalle dita lunghe e sottili a sorreggerle il mento e l'altra che tamburellava nervosamente sul bracciolo. Sembrava quasi annoiata e contrariata.
Sebastian sapeva già il motivo del comportamento della madre, sospirò e si incamminò verso di lei.
Lilith sollevò lo sguardo sul figlio. -Pensavo che sareste stati in due. Devi forse dirmi qualcosa, Jonathan?- chiese, continuando a tamburellare le dita sul bracciolo del trono.
Sebastian sapeva che quando Lilith usava il suo vero nome per riferirsi a lui, significava che era davvero infuriata e che non le importava se l'uso di quel nome lo infastidisse, anzi.
Fece un altro passo in avanti, avvicinandosi ancora di più alla scalinata in cui, sulla cima, sorgeva il trono di Lilith.
-Mi dispiace, Madre. Non me la sono sentito di portarla subito qui con la forza. Non era felicissima di rivedermi.- disse, ripensando a come Clary aveva reagito vedendolo.
Lilith sbuffò così debolmente che Sebastian pensò di esserselo immaginato.
-Lo avevo immaginato- disse al figlio -ma ero quasi certa che saresti riuscito a trovare un modo per portarla qui da me.-
Sebastian abbassò lo sguardo. -Ti prometto che la prossima volta non esiterò-
Lilith si alzò e con un movimento rapido e silenzioso fu di fronte a Sebastian. Allungò una mano portandola al collo del figlio, stringendo la presa. Il ragazzo sussultò impercettibilmente a quel contatto, ma non distolse mai lo sguardo, scuro come petrolio, da quello fiammeggiante della madre.
-Non so cosa ti stia succedendo, figlio mio, ma in questo periodo stai portando a casa un insuccesso dietro l'altro. Sai bene quanto tutto questo mi renda nervosa-. Sebastian rimase immobile, avvertendo gli artigli di Lilith entrargli sotto pelle ed un rivolo di sangue scendergli giù per la gola.
L'odore del suo sangue era così intenso che i cani infernali, appostati ai lati del trono, drizzarono le orecchie, facendo oscillare le loro code che terminavano in sporgenze acuminate, simili a chiodi.
Lilith estrasse gli artigli dalla carne del suo collo, causandogli un impercettibile smorfia di dolore e lasciò che la mano, ricoperta di sangue, penzolante ai lati del corpo. Uno dei cani infernali si affrettò ad avvicinarsi, leccando via il sangue dalla mano della padrona e emettendo un ringhio basso che non prometteva nulla di buono. Dopo aver lanciato uno sguardo di disapprovazione al ragazzo, tornò insieme a Lilith verso il trono, accucciandosi di nuovo accanto al bracciolo destro.
Lilith passò prigramente una mano sulla testa della creatura e tornò a guardare Sebastian. -Sai bene quanto io tenga a te, Jonathan. Ma sai altrettanto bene che non tollero gli errori, soprattutto se commessi da te-
Lui annuì consapevole e compiaciuto dal fatto che, ancora una volta, Lilith lo avesse accolto nuovamente al suo fianco. Di quanti si sarebbe potuto dire lo stesso?
Per quanto sua madre potesse essere spietata e meschina, sapeva che non gli avrebbe mai fatto del male perché teneva a lui in modi che ancora non riusciva a comprendere appieno. Sapeva soltanto che il demone nutriva un particolare attaccamento nei suoi confronti, probabilmente perché nelle loro vene scorreva lo stesso sangue.
Questa consapevolezza bastò ad infondergli ancora più sicurezza nelle proprie capacità, e gli restituì quella naturale sfrontatezza con cui innumerevoli volte aveva retto il suo sguardo.
-Presto Clary sarà qui con noi, Madre. Concedimi ancora un po' di tempo per ottenere la sua fiducia e vedrai che appoggerà appieno la nostra causa.-
Lilith arricciò le labbra e per un attimo parve davvero brutta, orrenda come solo un demone del suo livello poteva apparire.
-Lo spero per te. Ma soprattutto lo spero per lei- disse. -Se non appoggerà la nostra causa di sua spontanea volontà, dovremo costringerla. E se anche allora si ribellerà, beh...sai già come andrà a finire-
Sebastian riuscì a cogliere chiaramente la minaccia celata nel tono del demone e per un attimo provò un forte senso di fastidio e rabbia.
Annuì in modo restio, prima di fare un cenno di saluto e girare i tacchi, uscendo dalla sala.
Si affrettò a raggiungere i propri alloggi richiudendosi la porta alle spalle e tirando un calcio ad alcune armi accatastate sul pavimento. Era stanco, come no lo era mai stato, e la gola gli doleva un po' per via delle ferite inferte da Lilith.
Dopo essersi tranquillizzato, utilizzò le ultime energie che gli erano rimaste nelle gambe e si diresse verso il comodino, agguantando lo stilo.
Si sedette al centro del letto incrociando le gambe, proprio come aveva fatto nella stanza di Clary, e con la punta dello stilo si tracciò un Iratze. Le ferite al collo si rimarginarono nel giro di pochi secondi e si sentì immediatamente meglio, anche se le palpebre gli pesavano come macigni, segno che pretendevano di essere chiuse per godere di un meritato sonno ristoratore.
Si tolse gli scarponi sporchi di melma e si infilò sotto le coperte, senza preoccuparsi nemmeno di togliersi i vestiti. Si sentiva troppo stanco anche solo per fare una cosa semplice come spogliarsi.
Chiuse gli occhi e, prima di cadere in un sonno tormentato dai soliti incubi, ripensò al viso di Clary. -Clarissa, per il tuo bene, non costringermi a portarti via con la forza- e con l'ennesimo pensiero rivolto alla sorella, si addormentò.

The boy who lost his way. Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora