Non si è mai pronti ad accogliere l'oscurità.

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Una fitta lancinante ai polsi, diede la forza a Jace di aprire gli occhi e mettere a fuoco ciò che lo circondava.
La cella in cui Sebastian lo aveva incatenato e rinchiuso non era molto spaziosa né tanto pulita. Le pareti di pietra umida erano ricoperte da una strana sostanza vischiosa simile a veleno demoniaco ormai condensato, e la finestrella dal quale entrava un piccolo spiraglio di luce, era chiusa con delle inferriate sulle quali brillavano, di un rosso scarlatto, dei segni molto simili a rune.
Jace ne riconobbe alcuni che aveva visto disegnare a Magnus sul pavimento di casa Lightwood, quando aveva creato il pentagono che aveva tenuto a bada Asmodeus giusto il tempo di estrapolargli qualche informazione.
Anche la porta della cella era rivestita dalle stesse rune e questo gli fece capire che era stata allestita appositamente per contenere prigionieri demoniaci.
Diede uno scossone alle catene attaccate al soffitto, che lo tenevano imprigionato per i polsi facendolo penzolare come un salame.
La ferraglia arrugginita gli si conficcò sotto pelle e dovette fare uso di tutte le sue energie per non gridare in preda al dolore. Sapeva, se lo sentiva, che Lilith e Sebastian erano in ascolto e che non aspettavano altro che trovarlo sveglio per fargli quello che a lui sembrava tanto un vero e proprio lavaggio del cervello.
La porticina si aprì improvvisamente e nella semioscurità, il cacciatore riuscì a distinguere la chioma chiara di Sebastian.
Il demone si mise di fronte a lui, con un sorriso stampato sul volto e i polsi sanguinanti tesi verso il biondo.
-Buongiorno, fatellino! Qualcosa mi ha suggerito che ti avrei trovato sveglio-
-Ma davvero? Se avessi saputo di infliggerti così tanto dolore, avrei continuato fino a staccare le mani ad entrambi-
Sebastian sorrise, prendendo uno stilo e facendosi un Iratze vicino alle ferite.
-Peccato che curando me stesso, curi automaticamente anche te. Mi sarebbe piaciuto vederti soffrire un po' di più- disse puntando gli occhi neri su quelli dorati del cacciatore.
-Comunque, a giudicare dal tuo umore attuale, credo che tu non sia ancora pronto ad uscire da qui. E per evitare che tu ti faccia ancora del male, prenderò un piccolo accorgimento-
Il demone gli si avvicinò ancora di più, fino ad essere a pochi centimetri dal viso dell'altro.
Jace digrignò i denti, dimenandosi a tal punto da sentire le ossa del proprio corpo scricchiolare sonoramente.
Sebastian allungò lo stilo, che teneva ancora in mano, verso il corpo del fratello e con un rapido gesto disegnò una runa intricata sulla scapola di Jace.
-Questa- disse -è un regalino da parte di Clary. È una runa che blocca i movimenti in modo permanentee. Solo chi l'ha tracciata può annullarne l'effetto. Sai cosa significa questo?- chiese con un ghigno stampato sul volto.
Jace, che aveva smesso di dimenarsi e che non riusciva più a riprendere il controllo del proprio corpo né ad emettere suoni, riuscì soltanto ad accigliare lo sguardo, nella speranza di poterlo fulminare con esso.
Sebastian rise, prendendo una chiave dalla tasca dei pantaloni e liberando i polsi del biondo, che finì rovinosamente a terra sbattendo il mento sul pavimento di pietra.
Un piccolo taglio si formò tra il labbro e il mento di Jace, a causa dei denti che avevano lacerato la pelle in seguito alla caduta, e Sebastian si portò una mano sotto al labbro, pulendosi il sangue che a sua volta aveva cominciato ad uscire dalla medesima ferita.
Afferrò Jace per il colletto della maglia e lo fece appoggiare poco delicatamente contro la parete vischiosa.
-Bene. Adesso te ne starai qui buono buono finché gli incantesimi che proteggono la tua stupida testolina non cadrano definitivamente. Più tardi manderò qualcuno a portarti da mangiare, forse-
E con un'ultima risatina, uscì dalla cella, richiudendo la porticina a chiave e lasciando Jace da solo in quel luogo di morte e putrefazione.
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Sebastian si avviò su per la lunga scalinata che portava alle segrete, con una mano in tasca e l'altra stretta a pugno.
Aveva avuto Jace nel palmo della mano per qualche minuto, bloccato e incapace di difendersi, e non aveva potuto ucciderlo.
La tentazione era stata forte e gli sarebbe piaciuto anche solo poterlo ferire in qualche modo, mozzandogli un piede o una mano e lasciandolo lì sotto a morire dissanguato.
Il fatto che fossero legati l'uno con l'altro si era rivelato più un vantaggio per Lilith che per lui, e quella situazione stava cominciando a snervalo più del dicibile.
Ora riusciva a immedesimarsi di più in Valentine e a capire tutta la rabbia che il padre aveva covato per anni nell'attesa di sterminare il Conclave e ogni Shadowhunters ribelle e impuro.
Lui, però, era molte cose ma di certo non paziente. In molte occasioni era stato avventato, facendo di testa sua e scatenando la rabbia della Regina dei demoni.
Anche con Clary era stato più che avventato, sia quando l'aveva trascinata lì prima del previsto, sia quando l'aveva fatta sua in maniera così brutale e meschina.
Ora che le difese mentali di Jace stavano a poco a poco crollando, sentiva di star tornando l'essere spietato di prima e questo lo rendeva nervoso e pensieroso. Nonostante tutto, il lato positivo di essere legato a Jace era quello di essere più come Clary lo desiderava. Se il suo carattere avesse completamente sovrastato quello del fratellastro invece, in lui non sarebbe rimasto più nulla abbastanza umano da meritare ancora l'amore di Clary.
Scosse la testa, raggiungendo le stanze private di Lilith dove era stato convocato. Raramente la madre gli permetteva di entrare nei suoi alloggi, e il più delle volte i loro incontri avvenivano nella sala del trono.
Bussò alla porta, aspettando pazientemente che il demone gli concedesse di entrare.
La porta si aprì e Sebastian entrò, richiudendosela alle spalle.
La stanza di Lilith non era poi tanto diversa dalla sala su cui si ergeva il suo trono.
I colori erano smorti e ossa umane e demoniache erano sparse un po' ovunque.
Non vi erano scrivanie o armadi, niente che facesse pensare che quella fosse la stanza di un comune essere umano.
Al centro spiccava solo un letto matrimoniale con nere lenzuola di seta, e ai piedi un tappeto dello stesso colore.
La finestra era ricoperta da un tendaggio spesso e lacerato di color prugna e l'unico mobilio posto all'angolo della stanza, era un comò dotato di specchio e di un ripiano su cui erano poggiati alla rinfusa alcuni oggetti per la cura dei capelli.
Non che a Lilith servisse una cosa del genere, pensò Sebastian, ma vanitosa com'era, probabilmente la teneva solo per poter ammirare la sua figura allo specchio.
-Novità?- chiese Lilith alzandosi dalla sediolina posta davanti al comò.
-Nessuna. Si è svegliato ma a quanto pare le tue difese mentali non sono ancora scomparse. Non è ancora pronto-
-Non si è mai pronti ad accogliere l'oscurità, mio giovane Sebastian. Presto sarà pronto, credimi-
-E se non riuscissimo a sottometterlo? Lui non è del tutto consapevole del potere che ha. Il fuoco celeste potrebbe neutralizzare il tuo tentativo di sottomissione-
Lilith scostò una ciocca di capelli dal visto diafano e andò a sedersi sul letto.
-Tutto questo pessimismo non ti fa bene. Dovresti avere più fiducia in me. So che vuoi uccidelo ma sai che, ora come ora, non è possibile-
La mascella di Sebastian si contrasse e la mano stretta a pugno iniziò a sanguinare a causa delle unghie conficcate sotto pelle. Il pensiero di star ferendo anche Jace con quel gesto, lo investì di un folle e inebriante senso di felicità, e il dolore che stava provando sembrò quasi piacevole.
-Dovremmo ucciderlo prima che tutto questo ci rovini. Trova un modo di separarci e permettimi di farlo fuori!-
Lilith ridacchiò, stendendosi sul letto.
-Io so già come dividervi, Sebby. L'ho sempre saputo. Ma non vi separerò, non adesso. Mi servite entrambi-
Sebastian sgranò gli occhi, facendo un passo in avanti verso il letto.
-Madre...-
-Ora basta. Stai cominciando a stufarmi e ad innervosirmi. Le cose si faranno come le ho pianificate io, sono stata chiara? Ora fuori di qui, prima che decida di farti qualcosa di cui poi mi pentirei-
Sebastian annuì silenziosamente, uscendo dalla stanza e sbattendo la porta.
C'era un modo, un modo per dividerli. Un modo per ucciderlo. Un modo per liberarsi una volta per tutte della presenza di Jace. Di liberarsi per sempre del fantasma del figlio che Valentine aveva sempre desiderato avere, del ragazzo che Clary aveva sempre amato.
Un modo esisteva, e lui sarebbe riuscito a scoprire quale fosse, a costo di cercare su ogni maledettissimo libro di incantesimi presente sulla terra e negli inferi.
Prese un sospiro profondo, cercando di calmarsi. Doveva vedere Clary, doveva baciarla e perdersi dentro di lei un'altra volta, tra le sue braccia.
Si avviò verso la stanza della sorella, aprendo la porta e trovandola ancora addormentata. Dopo che lo aveva raggiunto nella stanza della musica ed essersi addormentata appoggiata alla sua spalla, l'aveva presa in braccio e l'aveva portata in camera sua, approfittando di quel momento per andare da Jace.
Vederla dormire era sempre la cosa che più lo emozionava e rasserenava, perché nel sonno l'espressione di lei era sempre tranquilla e serena.
Le si avvicinò, salendo sul letto ed ergendosi sopra di lei, passandole la punta del naso sul collo e lasciandole un bacio sull'angolo della bocca.
-Svegliati, principessa, ho bisogno di te-

-Ecco il nuovo capitolo!
Non è lunghissimo ma essendo il primo della seconda parte non potevo scrivere troppa roba, preferisco non scrivere roba senza senso e farli bene.
In ogni caso vi chiedo di farmi sapere cosa ne pensate e se stasera avrò tempo pubblicherò la prima OS della raccolta che vi dicevo.
Un bacione.
-Marts.

The boy who lost his way. Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora