Asmodeus.

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Magnus, seduto sul divano del salotto dei Lightwood, aspettava impazientemente che il resto del gruppo facesse ritorno. Li aveva mandati in giro per la città a procurarsi tutto l'occorrente per svolgere l'incantesimo di evocazione e a breve avrebbero dovuto fare tutti ritorno portando con sé il necessario.

Era agitato e anche impaurito, non aveva mai osato chiedere aiuto a suo padre in quattrocento anni e l'idea di trovarselo di fronte, se pur imprigionato all'interno del pentagono, lo faceva rabbrividire. Più i minuti scorrevano più si convinceva di aver avuto una pessima idea e il terrore che qualcosa potesse andar storto gli serrava lo stomaco come se qualcuno lo avesse trafitto con una spada angelica. Ma ormai il dado era tratto e non poteva più tirarsi indietro. Non dopo aver visto lo sguardo deciso di Jace o quello adorante di Alec che per tutto il tempo lo aveva guardato come se davanti agli occhi gli si fosse materializzato il suo supereroe preferito.

Pensò ad Alec e a quello che avrebbe potuto provare vedendo suo padre, a come avrebbe potuto reagire se quest'ultimo lo avesse preso di mira usando su di lui i suoi subdoli giochetti mentali. Asmodeo era sempre stato bravo in questo, giocava con la mente di ogni creatura su cui riusciva a mettere mano e piano piano li riduceva a cartocci esanimi.

Le uniche volte in cui, da piccolo, Magnus aveva avuto un contatto con lui, ricordava di aver faticato a dormire per giorni e si era sentito privato di tutte le sue capacità, come se nelle vene non gli scorresse più alcun tipo di magia.

Era stata frustrante la sensazione di impotenza e inutilità che aveva provato quella volta e si era ripromesso che mai e poi mai avrebbe avuto un altro contatto con il padre.

La porta si aprì e il resto della comitiva fece il suo ingresso nel salotto, portando con sé enormi buste contenenti armi e strani intrugli.

Alec puntò immediatamente lo sguardo sullo stregone e quando lo vide ricurvo su se stesso, con la testa tra le mani, gli si avvicinò a grandi falcate.

-Magnus...-

Lo stregone sollevò la testa e i suoi scintillanti occhi da gatto, ricoperti da un leggero strato di ombretto glitterato che ne risaltava il colore, fissarono quelli del giovane cacciatore.

Alec s'inginocchiò prendendo le mani di Magnus tra le sue.

-Non sei obbligato a farlo. Lo sai questo, vero?-

Lo stregone sospirò puntando lo sguardo su Jace e facendo ad Alec un cenno con il capo.

-Si invece. Non vedi come sta? Si sta sgretolando Alec, e sta facendo di tutto per non darlo a vedere-

Alec girò lo sguardo verso il suo parabatai. Jace, con il volto pallido e delle occhiaie profonde a contornagli gli occhi, stava spostando il mobilio con l'aiuto di Simon in modo da far spazio e permettere allo stregone di tracciare il pentagono magico.

-Troveremo un altro modo. Se gli spieghi come ti senti sono sicuro che Jace capirà- disse Alec tornando a fissare Magnus.

-No che non capirà. Dio Alec, se lui fosse al posto mio e fosse l'unico in grado di aiutarmi a ritrovarti non mi importerebbe di nulla! Sarei disposto a prenderlo a pugni o a puntargli una lama alla gola senza pensarci due volte se questo lo convincesse a fare quello che deve essere fatto- disse stringendosi le tempie con le dita della mano.

-E lo farei, lo farei davvero. Perché ti amo e il pensiero di saperti lontano, sperduto in qualche altra dimensione dove io non posso raggiungerti, mi ucciderebbe. Sarei disposto a fargli del male e non mi farei di certo impietosire dai suoi complessi, non in una situazione come quella. Quindi che diritto posso mai avere io di impedirgli di trovare Clary solo perché ho paura?- disse cercando di contenere il tremolio della voce.

The boy who lost his way. Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora