Capitolo 3.

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MARCO.
Tris era davanti a me, ma stava ballando un lento, stava abbracciando un altro e non me. Un senso di rabbia e gelosia mi invase il corpo. Dovevo e volevo toccarla solo io, dovevo sfiorarla solo io. Ma nel vederla insieme ad uno dei miei migliori amici mi faceva sentire nervoso, mi rendeva fragile. Accennai uno sbuffo e posai il cappotto arrotolando i polsini della camicia, proprio come facevo ai concerti. Mi mancavano i concerti, erano le uniche ore in cui mi sentivo apprezzato per quello che sono. In quelle due ore di concerto mi sentivo apprezzato per il ragazzo quale sono ovvero quel Marco che amava fare musica e amava condividerla. Andai accanto a Peter che stava bevendo un bicchiere di vino rosso e chiesi al cameriere di portarmene uno che non tardó ad arrivare. Mi misi seduto sul divanetto accanto al mio amico sorseggiando il liquido rossastro dal bicchiere di vetro. Avevo lo sguardo fisso su Tris e Davide. La vedevo ridere, ballare, ridere, scambiarsi baci sulle guance o sul collo, con un altro.
"Marco smettila di ucciderlo con gli occhi".Mormoró Peter guardandomi portandomi una mano sulla spalla.
"É piccola.. e tutti sappiamo che Davide non é tipo da relazioni, starà male ed io non voglio".Mormorai appoggiando il calice sul tavolino.
Davide sussurró qualcosa all'orecchio di Tris e lei andó a salutare le sue due migliori amiche.
Avevano un ottimo rapporto loro tre e a si conoscevano da sempre, proprio come me e Peter.
Tris dopo poco si avvicinó ai divanetti insieme alle sue amiche portando lo sguado su di me.
"Memo che stai bevendo?".Chiese con un sorrisetto sulle labbra. Quel sorrisetto che ormai conoscevo fin troppo bene. Lo usava quando voleva ottenere qualcosa, quando voleva un qualcosa che non facilmente poteva ottenere. Proprio come qualche settimana fa: Tris voleva saltare scuola per restare con me in studio e per tutta la sera precedente aveva quel sorrisetto, quegli occhioni dolci verso Marta, che povera donna, alla fine la lasció venire con me in studio la giornata successiva. Tris appena vide i vari mixer, le cuffie, i microfoni o gli strumenti le si illuminarono gli occhi; quel giorno sembrava una bambina, saltava da un posto all'altro, sfiorando i tasti del pianoforte, le corde di una chitarra o di un basso. Aveva quella luce negli occhi che mi ricordava me ai primi tempi di XFactor.
"Vié qua".Risposi battendo le mani sulle mie gambe riprendendomi dal mio stato di trance dovuto ai pensieri e lei venne a sedersi sulle mie gambe. Presi il calice e lo passai a lei che mosse con movimenti circolari il bicchiere così da muovere il liquido all'interno.
Ne prese un sorso gustandolo con attenzione, assottigliando appena gli occhi per poi passarmi il calice dove presi gli ultimi sorsi finendo il liquido.
"Meglio la tequila".Mormoró per poi scoppiare a ridere.
"O meglio il latte, stasera te lo faccio bere con Marie".Mormoró Marta sedendosi sulle gambe di Peter dove scoppió una piccola risata generale.
"Ormai sono grande, ehy!".Esclamó la piccola del gruppo con una vocina quasi infantile e dolce seduta sulle mie gambe. Iniziai a muovere la mia mano sulle punte dei suoi capelli per poterli accarezzare dolcemente e con una certa delicatezza cercando di farla rilassare. Mi piaceva avere un tipo di potere su di lei. Mi piaceva avere questo tipo di influenza su Tris. Dopo poco ci alzammo e ci mettemmo tutti accanto al tavolo lungo che avevamo fatto preparare al centro della tavola. Tris si mise seduta tra me e Davide, mentre gli altri al resto del tavolo.
Mangiammo una cena deliziosa, come al solito quando venivamo in questo ristorante. La serata passó in modo quasi veloce tra musica, balli e canzoni.
"Dai Tris, cantaci qualcosa".Disse Giulia guardando la sua migliore amica portando le mani unite quasi come per pregarla.
"Ma sei pazza!".Esclamó la bionda che aveva la testa appoggiata alla mia spalla.
"Non ti ho mai sentita cantare".Sussurrai portando lo sguardo su Tris.
"Canto solo se canto una tua canzone".Sussurró la ragazza puntando il suo sguardo nei miei occhi. Sentivo quasi quello sguardo affondare nella mia anima.
Annuì e ci alzammo.
Tris aveva scelto una mia canzone, mia e morivo dalla voglia di ascoltarla, perché avevo quella sensazione che da lì a poco mi sarei emozionato. Sapevo che quella ragazzina mi avrebbe trascinato in un altro pianeta, era soltanto una sensazione, ma sapevo che sarebbe stata la verità.
Tris si mise al piccolo sgabello dietro al pianoforte elettrico, la vidi trafficare con le mani su di esso appoggiandosi meglio allo sgabello e dopo qualche minuto inizió a muovere le dita sui tasti bianchi e quelli neri così che delle piccole melodie fuoriuscissero dalle casse riempiendo l'aria. Riconobbi la canzone alla prima nota, avevo un piccolo vantaggio, quel vantaggio che si ha quando la canzone l'hai scritta tu la canzone, e lasciai che sul mio volto nascesse un piccolo sorriso, quasi invisibile. Tris avvicinó le labbra al microfono e socchiuse gli occhi nel momento in cui inizió a cantare le parole della canzone Tanto il resto cambia. La sua delicatezza, la sua potenza vocale mi lasciarono stupito. Ero immobile, ero fermo in piedi davanti a lei, davanti alla sua infinita bravura, davanti al suo talento. Non pensavo che Tris fosse brava solo per il legame che ci univa, erano ormai anni che vivevo nel mondo della musica e ne capivo di essa e sapevo che Tris aveva un talento molto più grande di lei. Il talento che aveva non lo poteva nemmeno immaginare l'altra gente, quella che non ha mai sentito lei, quella gente che non ha mai sentito la sua delicata, ma allo stesso tempo potente, voce. Durante l'ultimo ritornello una scarica di brividi mi attraversarono la spina dorsale fino a provocarmi la pelle d'oca lungo il corpo.
"Io non so parlare peró proverei, questa volta, forse, lo farei".
Tris sussurró quelle parole puntando lo sguardo fisso su di me. I nostri sguardi si incrociarono. Avrei voluto dirle di non parlare, che non servivano parole, che avevo capito tutto. In quella canzone Tris mi aveva fatto capire tutto di lei, anche se la canzone era scritta da me. Sentivo una sorte di collegamento. La musica collegava me a lei e lei a me.
Partì un applauso al quale mi aggiunsi e mi avvicinai a lei.
Senza aggiungere parole mi avvicinai al suo corpo per poter avvolgere le braccia intorno al suo piccolo corpo per poterla abbracciare. In quell'abbraccio cercai di farle capire tutte le emozioni contrastanti che provavo in quel momento. Da una parte c'era l'orgoglio verso di lei, dall'altra c'era quel sentimento simile all'amore che mi aveva invaso anima e corpo. Cercai di farle capire quanto fossi felice che fra tutti gli artisti lei aveva scelto una mia canzone, aveva scelto me. Cercai di farle capire che per lei ci sarei stato sempre. Avrei fatto di tutto per farla ridere, sorridere, di farla sentire amata e protetta.
"Sei spettacolare".Sussurrai al suo orecchio.
Poco ci importava della gente intorno, io e Tris stavamo condividendo quel piccolo nostro momento e nessuno ci avrebbe separati. Esistevamo solo noi in mezzo a miliardi di persone.

TRIS.
La serata era finita e tutti erano andati a casa, tutti dormivano ed io ero rimasta da sola fuori al balcone della mia camera. Avevo indossato un maglione che avevo 'preso in prestito' a Carlos in America. La verità era che volevo qualcosa che mi ricordasse quei bellissimi anni in America. Avevo la costante paura che una mattina mi svegliassi senza ricordare più le loro voci, senza avere il minimo ricordo di loro. Loro mi avevano aiutata nei migliori dei modi, accolsero una piccola Tris fragile rendendola una nuova Tris, una donna sicura di sé e forte, perché grazie a loro io lo ero.
Mi misi seduta con le cuffiette a terra al balcone con una sigaretta tra le mani.
La vita era strana: avevo tutto eppure mi sentivo sempre vuota, in un certo senso, sentivo che qualcosa mi mancasse.
«Due occhi che guardano i miei e non sono i tuoi».
20 Sigarette risuonava nelle mie cuffiette. Sentì una lacrima scendermi lungo la guancia e mi affrettai ad asciugarla e portai lo sguardo sul cielo così da guardare il cielo notanto delle piccole stelle. Amavo guardare il cielo di notte, amavo vedere dei piccoli puntini luminosi, amavo la tranquillità che c'era di notte. Non c'era nessuno, c'ero solo io e il mio silenzio.
Appena conobbi Marco, finimmo per parlare del silenzio e lui disse che il silenzio é il rumore più forte, proprio perché in esso ci sono i tuoi pensieri che ti risuonano fortemente nella testa. Ero d'accordo, Marco era riuscito a dare parole ai miei pensieri.
Mi vibró il telefono tra le mani e quindi tolsi le cuffie per rispondere.
"Memo".Sussurrai spegnendo la sigaretta nel vaso con della sabbia riposto a terra.
"Sapevo fossi ancora sveglia".Sussurró dall'altro capo del telefono.
"Non ci riesco".
"Tris, non pensare a niente, loro sono con te".Sussurró Marco.
Come capiva che stessi male solo attraverso il telefono non lo avevo mai capito, ma aveva la capacità di capirmi come nessun altro. Anche conoscendo Marco solo da pochissimo, sapevo quanto fosse in grado di caprimi. Lo conoscevo da un mese, ma era come se lo avessi con me da una vita.
"Lo so.. ma vorrei averli qui con me, mi mancano".Sussurrai per poi mordermi il labbro inferiore.
"Lo so, piccola.. ma loro vorrebbero vederti sorridere, poi puoi chiamarli, puoi sentirli".Sussurró Marco cercando di essere più dolce possibile."Ora mi prometti di andare a dormire? Domani hai scuola".
"Va bene.. Buonanotte Memo".Sussurrai per poi sorridere appena.
"Buonanotte mia piccola Ariel, a domani".
Dopo aver staccato, con un enorme sorriso sulle labbra, andai nel mio letto e stringendomi tra le coperte mi addormentai, sperando di sognarlo, sperando di incontrarlo nei miei sogni.

I'm back!
Come sempre vorrei sapere se vi sta interessando la storia, se vi piace o cosa vorreste che accadesse!
Grazie e alla prossima!

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