Capitolo 6.

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Afferrai un maglione nero fatto all'uncinetto un po' largo, un leggings mero, converse nere e giubbino verde militare. Indossai tutto di fretta, ero in ritardo per la scuola. Misi i libri nello zaino nero di pelle e lo misi alle spalle e presi gli occhiali da vista mettendoli mentre scendevo al piano inferiore. Misi il cappello di lana che avevo fregato a Marco giorni fa lasciando i capelli lisci sotto di esso. Amavo quel cappellino e poi profumava di lui.
Entrai in cucina trovando tutti.
"Ditemi che uno di voi mi accompagna, sono in ritardo". Dissi guardando sia Marta che Peter afferrando una tazzina di caffé e mandai giù tutto il liquido scuro e amaro che c'era all'interno della tazzina.
"Devo essere da Marco tra quindici minuti quindi devi muoverti". Mi disse Marta. Salutai la piccola Marie che aveva la febbre e Peter che restava con lei, mentre io e Marta ci avviammo fuori verso la macchina.
Quando mi misi seduta in auto presi il telefono per contollare i messaggi.

Da Memo:
-Buongiorno piccola Ariel.
-Oh non dirmi che stai dormendo ancora..
-Hai fatto tardi e non hai controllato i messaggi..
-Ma sei cogliona..

Stavo per rispondere ma a Marta squilló il telefono e rispose con un "Picchio, buongiorno".
Mi girai verso di lei e mise il vivavoce.
"Buongiorno colonello, dove sei?". Rispose Marco con la sua solita voce appena sveglio. Era leggermente impastata dal sonno, bassa e rauca.
"Salvando il culo alla piccola Donà che la sera non ha capito che deve dormire presto per svegliarsi in tempo". Mormoró Marta fermandosi ad un semaforo rosso. "Cazzo pure i semafori".
"Buongiorno Memo". Sussurrai appena allargando le labbra in un ampio sorriso.
"Devi dormire presto!". Esclamó per poi scoppiare a ridere. "É stata colpa mia ieri sera, lo ammetto". Mormoró poco dopo.
"Allora sulla giustifica di domani ci scrivo «Ero impegnata a salvare dall'ansia Marco Mengoni»". Dissi ridacchiando per poi guadare fuori dal finestrino.
Guardai l'orario: 08:20.
Era davvero tardissimo.
"Vabbé ho capito, oggi salti scuola, Tris". Disse Marta rassegnata fermandosi ad un altro semaforo.
"COSA?". Esclamammo io e Marco all'unisono.
Marta era peggio di una madre, non mi lasciava mai stare a casa, mi obbligava sempre ad andare a scuola. A volte dovevo pregarla per restare a casa, faceva eccezione quando stavo male fisicamente.
"Non rompete voi due". Mormoró per poi ridacchiare. "Cinque minuti e stiamo da te". Disse Marta per poi staccare la chiamata con Marco.
Saltare scuola per stare con Marco: un paradiso? Ma di più.
La mattina sembrava essere molto più bella anche se Roma quel giorno era invasa da nuvole grigie e piccoli tuoni che mi facevano sussultare ogni volta. Durante il tragitto decisi di controllare gli altri messaggi. Risposi a tutti i messaggo di Kelsey, Hope, Carlos e José: mi mancavano troppo. Poi iniziai a vedere dei commenti su di Marco e successivamente di me e lui. Erano tante le volte che avevamo pubblicato foto insieme, che ci vedevano per strada, ci scambiavamo messaggi su twitter. Vidi persone dell'esercito inziare a "shippare" me e Marco, iniziavano a dire che io e Marco stessimo bene insieme e questa cosa mi faceva immensamente piacere.

"Picchio ma vuoi dirmi che erano arrivati oggi! Nadia, Maurizio, che piacere vedervi!". Esclamó Marta per poi abbracciare i genitori di Marco.
Eravamo arrivati agli studi e c'erano anche loro arrivati da Ronciglione.
Mi avvicinai a Marco per poterlo abbracciare e salutare con un bacio sulla guancia staccandomi dopo che lui mi strinse e mi accarezzó la guancia.
"Lei é tua sorella?". Chiese Maurizio sorridendo verso la mia direzione.
"Sì, lei é Beatrice". Disse Marta e io mi avvicinai a loro per porgere la mano prima a Nadia e poi a Maurizio presentandomi.
"Adoro le tue ciocche blu". Disse Nadia sfiorando con l'indice una ciocca di capelli blu.
"La ringrazio".
"Ehy, dammi del tu e dai del tu anche a mio marito, non siamo così antichi". Disse Nadia per poi ridacchiare.
Iniziammo a parlare e le raccontai della mia esperienza in America e del mio ritorno qui. Era davvero una persona gentile e umile, proprio come il figlio. Quello che notai subito era che Marco aveva lo stesso sorriso di Maurizio e aveva lo stesso sguardo intenso di Nadia.
Mi tolsi il giubbino appendendolo all'attaccapanni e tolsi anche lo zaino e il cappello. Afferrai dal tavolino una matita di Marco per poter legare i capelli in uno chignon disordinato. Marta inizió a parlare con i genitori di Marco riguardo il lavoro e dunque mi avvicinai a lui che aveva le cuffie. Portai le mani sulle sue spalle per poter attirare l'attenzione e lui si tolse le cuffie girando la sedia girevole verso di me, tirandomi sulle sue gambe, dove mi misi su di esse e appoggiai un braccio dietro al suo collo.
"Scusami se ieri sera ti ho trattenuta sveglia". Mi sussurró all'orecchio per poi appoggiare la testa sulla mia spalla. Era mattina eppure era già stanco. Ci stava mettendo anima e corpo in questo album, ci metteva tutto se stesso e stava uscendo fuori un ottimo capolavoro. Quell'album parlava di lui, delle sue parole, delle sue emozioni. Era immerso in esso e non poteva uscirne.
"Non ringraziarmi, lo faccio perché mi va di farlo". Sussurrai accarezzandogli i capelli così da farlo rilassare quel poco di tempo che si era concesso. Si lasció andare sotto i miei tocchi e lo vidi sorridere delicatamente. Quanto avrei voluto baciargli quel sorriso, soprattutto sapendo che la causa di quel sorriso ero io. Quel sorriso gli era spuntato sulle labbra per un mio gesto, per una mia parola, per me.
"Sono bellissimi insieme". Sentì dire alle nostre spalle da Nadia.
"Credo che lui faccia tanto bene a mia sorella.. dopo tutto quello che ha passato, insieme a lui la vedo stare di nuovo bene". Disse Marta.
Alzai le labbra in un sorriso a quelle parole. Con Marco avevo iniziato a vivere di nuovo, non a sopravvivere. La sua presenza mi faceva bene, mi faceva tornare la ragazza che ero una volta, ma molto più forte e molto più sicura di qualche anno fa. Ero quella semplice ragazza di tempo fa, solo un po' cresciuta.
"É vero?". Mi chiese Marco alludendo alle parole di Marta.
"É vero". Confermai le parole di Marta. Non potevo fare altro che ammetterlo sia a lui che a me stessa. Marco mi faceva bene.
Marco portó la sua mano sulla pelle della mia gamba ricoperta dal tessuto dei leggings, accarezzandola dolcemente. Presi una cuffietta, mentre l'altra l'aveva Marco e lui aprì gli occhi facendo ripartire la canzone che aveva registrato. La sentì attentamente, mordicchiandomi il labbro concentrandomi sulle parole della canzone ovvero Mai e per sempre.
«E mancano sempre le giuste parole peró ci sarebbe parecchio da dire. Se vivi la vita in punta di piedi d'accordo non corri peró quasi voli».
Mi lasciai andare tra le braccia di Marco mentre entrambi eravamo immersi nella musica, entrambi con gli occhi chiusi. Quella frase era una delle frasi più belle e più significative di quella canzone. Avrei voluto trovare le giuste parole per parlare dei miei sentimenti a Marco, avrei voluto averlo veramente.
"Io porto Nadia e Maruzio a fare colazione, volete qualcosa?". Chiese Marta avvicinandosi, interrompendo il nostro momento di serenità.
"Qualcosa con tanta nutella!". Esclamai ridacchiando.
"Cappuccino". Rispose Marco.
Annuirono e uscirono avvisandoci che sarebbero arrivati presto.

Indelible/ MM.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora