Capitolo 5.

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"Resti qui con me?". Mi chiese Marco appena mi alzai pronta per tornare a casa. Marco puntó le sue iridi color nocciola sulle mie guardandomi con uno sguardo intenso. In quello sguardo vidi la voglia che lui aveva di passare del tempo con me. Annuì accettando la sua proposta, non riuscivo a dire di 'no'. Probabilmente ci sarei riuscita, ma non volevo, non volevo andarmene, volevo restare con lui. Portai le gambe al petto appoggiandoci poi la mano sinistra mentre con la destra continuavo a scrivere sul foglio, tenendo la penna ben salda tra le mani.
Marco si avvicinó a me dopo aver spento la TV.
"La smetti di mettere le t-shirt con questo freddo". Mormoró portando le mani sulle mie braccia scoperte e leggermente fredde e inizió a muovere le dita per la lunghezza delle mie braccia infondendo del calore sulla mia pelle. Il continuo tocco delle sue dita che sfioravano la mia pelle mi provocó brividi su tutto il corpo, lasciandomi la pelle d'oca contro le pelle delle braccia.
Si levó la felpa che aveva messo appena entrato a casa e la appoggió sulle mie spalle.
"Grazie Memo". Sussurrai per poi dargli un bacio sul dorso della mano destra che aveva sulla mia spalla, appoggiando poco dopo la testa contro di essa, mentre il suo pollice si muoveva contro il mio zigomo. Dopo poco Marco prese il suo zaino, che portava sempre con lui, prese dei fogli dall'interno appoggiandoli sul tavolo: erano dei spartiti, dei fogli con decine di frasi sia cancellate che pronte per essere inserite in una canzone. Con tutto l'autocontrollo possibile cercavo di tenere lo sguardo sul mio quaderno. Non dovevo assolutamente impicciarmi nel suo lavoro, non volevo sembrare la ragazzina di turno.
"Guarda che se guardi non te mangio". Mormoró Marco ridacchiando per poi sedersi di fronte a me.
"Sono curiosa.. cioé a Gennaio esce questo tuo nuovo CD e niente.. sono curiosa e basta, Marco".
"Vuoi aiutarmi?". Mi chiese mordicchiandosi il labbro inferiore.
"Poi ci sarà anche il mio nome nei ringraziamenti?". Chiesi ironica per poi chiudere il quaderno. "Scherzi a parte.. voglio farti ascoltare una cosa che nessuno ha ascoltato oltre me". Sussurrai per poi alzarmi dalla sedia avvicinandomi al pianoforte a muro che c'era nel salone. In stanza di Marco c'era qualcosa legata alla musica, quel ragazzo viveva di musica. Ad esempio, nella sua camera c'erano decine e decine di CD e nel corridoio c'era una chitarra appesa al muro. Mi avvicinai al piano e sospirai. Iniziai a muovere dolcemente le dita sui tasti bianchi e quelli neri. Era una dolce melodia, non avevo mai scritto le parole su quella canzone, erano solo note su note. Arpeggi, note ben distinte, intervalli. Era tutto quello che c'era nella mia testa. Tutto quello che mi passava per la testa l'anno in cui morirono i miei genitori. Quando mi trasferì in America, dopo qualche mesetto, io e i miei nuovi migliori amici comprammo con dei nostri risparmi un pianoforte a muro. La notte mettevo delle cuffiette e iniziavo a muovere le dita contro i tasti, in modo casuale fino a scrivere una vera e proprio melodia.
Appena finì di suonare quella canzone tolsi le mani dai tasti portandomele sulle mie ginocchia, tenendo il capo basso sui tasti.
"La voglio nel mio album". Mormoró Marco con decisione. "Scriviamo il testo".
"Marco non dire cazzate.. é una cosa affrettata e banale". Mormorai avvicinandomi a lui.
Era ancora seduto e mi attiró a lui portando le mani sui miei fianchi alzando il capo verso l'alto per poter incastrare perfettamente lo sguardo su di me.
"Per favore, fammela mettere nell'album, ci starebbe benissimo". Sussurró accarezzandomi la guancia con la mano. Non potevo dire di no e forse non volevo dire di no nemmeno quella volta. Forse avevo il bisogno che qualcuno credesse nei miei sogni, nelle mie parole, nei miei pensieri e Marco ci credeva. Non me lo aveva mai detto, mai. Ma il momento in cui il mio sguardo si posava sul suo potevo leggere benissimo tutto il bene che provava per me, potevo leggere benissimo che lui credeva in me. Credeva nei miei sogni, nelle mie battaglie, nei miei desideri.
"Ma voglio aiutarti a scrivere". Sussurrai e mi misi seduta sulle sue gambe portando un braccio intorno al suo collo, tenendo comunque lo sguardo sui suoi occhi.
"Falla completamente tua". Disse Marco sorridendomi.

Il giorno dopo era sabato e dunque potevo starmene a casa per cercare ispirazione per la canzone. Non avevo mai scritto qualcosa se non piccole frasi, ma mai una canzone intera. Passai tutta la giornata a cercare ispirazione standomene sul letto a fissare il bianco del soffitto. Ma nessuna ispirazione.
Passarono giorni, ma niente mi passava per la testa. Ormai erano dieci giorni che cercavo di comporre il testo e a dire la verità pensavo di non esserne capace.
Un pomeriggio dopo aver finito i miei compiti portai lo sguardo sul telefono per vedere l'orario.
Erano le sei di sera, sbuffai pesantemente e decisi di alzarmi dalla sedia. Le ispirazioni erano fuori di lì ed io dovevo cercarle, non dovevo starmene ferma a fissare il soffitto.
Quindi indossai un maglioncino rosa confetto con lo scollo rotondo con un pantalone nero, converse e cappotto dello stesso colore. Presi lo zainetto che portavo sempre con me in giro per le strade e dopo aver urlato un 'Esco' a Marta e Peter, uscì dalla porta scendendo le scale velocemente. Appena valcai la soglia del palazzo vidi un bellissimo tramonto dietro i palazzi. Sfumature di blu scuro, celeste, giallo e arancione. Era forse uno dei capolavori più belli della natura. Quando tutto intorno a te si tinge di arancione, i palazzi sembrano essersi coloriti di un rosa pesca a causa dei raggi solari scuri. Sorrisi inconsciamente allo spettacolo che avevo davanti e presi dalla tasca posteriore dei miei pantaloni il telefono per poter rubare uno scatto pubblicandolo sui social.

"*allegato foto*
Cercando l'ispirazione.. ".

Iniziai a girare per le strade di Roma, immergendomi tra i turisti. Accesi una sigaretta e nel momento in cui buttai il fumo fuori sentì uno scatto di una macchina fotografica. Una ragazzina sorrideva e guardava la foto scattata.
"É l'amica di Marco". Sentì dire dalla ragazza. Accennai un piccolo sorriso. Ormai non ero conosciuta per essere la sorella di Marta, la manager di Marco, ma per l'amica di lui stesso.
«Ma io disarmo il freddo perché tu sei con me, tu sei con me, tu sei con me, tu sei con me ed io mi sento invincibile».
Marco rendeva l'esercito invincibile, l'esercito rendeva Marco invincibile.
Mi affrettai a buttare la sigaretta non finita per terra per poi entrare in un bar, dove andavo spesso.
"Luigi, hai un po' di carta?". Gli chiesi sorridendo estraendo dallo zaino la penna nera.
"Certamente, tesoro". Rispose sorridendomi ampiamente per poi prendere un foglietto dal blocknotes porgendomelo. Lo ringraziai afferrando il foglietto e nel frattempo ordinai anche un frappé al pistacchio. Scrissi velocemente per poi ripiegare il foglietto e metterlo nella tasca del cappotto insieme alla penna. Ringraziai Luigi e pagai il mio frappé uscendo. Presi un sorso del frappé dalla cannuccia mentre giravo per le strade di Roma di sera.
Finestre illuminate con negozi illuminati.
«Guardo le finestre illuminate ognuna che racchiude tante storie, chissà se si fa guerra o si fa pace e intanto io continuo a camminare».
Mi fermai e mi appoggiai al primo muro che trovai per poter scrivere fregandomene delle persone che mi osservavano. Successivamente una bambina catturó la mia attenzione. La sua bambola si era rotta, ora aveva la testa in una mano e il resto del corpo in un'altra. Piangeva tirando su col naso. Sua madre le si avvicinó e le accarezzó i capelli sussurrandole qualcosa: la bambina smise di piangere.
«É solo un altro giorno, tutto si muove intorno, anche se il mondo é un gran casino tu respirami vicino e mi vedrai spiccare il volo».
Scrissi anche quella frase, facendo sorgere un piccolo sorriso sulle mie labbra. Camminai fino ad arrivare a pizza di Spagna dove mi misi seduta sulle scale con lo zaino ai miei piedi.
Una coppia davanti a me. Il ragazzo aveva una valigia, la ragazza continuava a singhiozzare. La ragazza gli passó una foto e il ragazzo sorrise.
«Anche se tu sarai lontano io ti penseró vicino e porteró la tua foto con me. Con te io mi sento invincibile».
Era strano, ma per la prima volta mi venivano frasi ben stampate in mente e mentre scrivevo avevo solo un pensiero: Marco. Pensavo a lui, ai suoi occhi color nocciola, le sue labbra sottili tra la sua barba folta, il sorrisetto stampato sul viso, la sua pelle olivastra, il suo naso appuntito. Pensavo alle sue mani dolci e delicate. Pensavo alle sue labbra soffici ogni talvolta che si posavano sulla mia pelle della guancia. Pensavo ai suoi capelli morbidi che amavo tanto toccare. Pensavo a lui e a quanto mi piacesse.
Il rumore di un aereo che passava sulla città di Roma mi rapì del tutto costringendomi a portare lo sguardo verso il cielo scorrendo con lo sguardo su di esso.
«Un altro aereo sta per decollare, ma il cuore resta a terra ad aspettare, non è che ha paura di volare, ma é solo che non vuole mai partire».
Accennai un piccolo sorriso a quelle parole scritte, ricordando il momento in cui partì per l'America. La mia testa mi urlava di partire, Marta anche lo urlava, il mio cuore voleva restare e per la prima volta ho ascoltato la testa e non me ne pento assolutamente, anzi sono felice della scelta fatta.
Si illuminó il telefono che avevo tra le mani per poter segnare una notifica. Passai con lo sguardo sulla foto che avevo come sfondo. Me e Marco. Io che avevo le labbra appoggiate sulla sua guancia, mentre lui puntava lo sguardo fisso sulla telecamera mostrano uno dei sorrisi più belli di sempre. Mi soffermai con lo sguardo sui suoi occhi.
«Mi serve un altro giorno per costruire un mondo, dove è facile guardare nella stessa direzione e nei tuoi occhi ritrovare un po' di me».
Avevo scritto una canzone, una canzone dove io penso a lui. Afferrai lo zaino tra le mani e corsi letteralmente verso casa e appena entrai lanciai il telefono e lo zaino sul divano sedendomi al piano, con ancora il cappotto. Ignorai chi ci fosse, ignorai tutto. Iniziai a suonare le stesse note, gli stessi arpeggi, gli stessi intervalli e con la melodia ci aggiunsi il testo.
"Benvenuta nel mio staff".
La sua voce, il modo in cui sussurra: lo avrei conosciuto tra mille.
Mi girai verso Marco che mi guardava soddisfatto e quindi mi alzai e mi buttai tra le sue braccia per stringerlo forte a me. Per la prima volta ero davvero fiera di me stessa, perché la canzone era davvero ottima.
Restai tra le sue braccia con le mani dietro la sua nuca mentre lui mi teneva per i fianchi. Il mio posto era lì, il mio posto era con Marco e non lo avrei cambiato per nulla al mondo, neanche per tutto l'oro del mondo.

Salve esercito!
Capitolo nuovo.
Volevo ringraziare le persone che stanno seguendo la mia storia e che commentano capitolo per capitolo; ve se ama.
Fatemi sapere se vi piace, se avete dei pensieri sulla storia o quello che volete.
Un bacio e alla prossima!

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