Capitolo 20.

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"Dai Marco ti passo a prendere io, ho finalmente la patente!". Esclamai felice appoggiando il telefono sulla scrivania con il vivavoce così che io potessi cambiarmi.
Ormai i mesi trascorrevano veloci e Marzo era giunto alle nostre porte. Era bello vedere il mio rapporto con Marco crescere sempre di più e amavo l'idea che io nostro rapporto era saldo. Nessuno ci divideva. Certo c'erano dei momenti in cui volevano parole e quasi piatti, ma poi ci bastava solo un po' di tempo per riflettere e capire che il nostro rapporto era più saldo possibile.
Ad esempio un giorno Marco venne a casa mia dopo e trovai stampato sulla sua maglietta bianca un bacio color rosso fuoco, era un rossetto. Passammo giorni a non parlare, ero talmente arrabbiata con lui. Pensavo mi tradisse, ma dopo qualche giorno una ragazza pubblicó una foto di loro due e lei aveva lo stesso colore di rossetto e scrisse 'Scusa per il rossetto sulla maglia'. Mi dannai e andai subito da lui per scusarmi e passammo la serata sul divano a coccolarci e baciarci. Dovevo farmi perdonare in qualche modo.
Presi dei leggings neri, un maglioncino un po' largo nero e delle converse grigie che abbinai al cappellino di lana che indossai. Era di Marco, gli rubavo spesso i cappellini di lana o le felpe.
"Ma vai piano però.". Rispose Marco dopo un po', visto che stava in studio e stava parlando con Giovanni.
"A tra poco amore mio". Esclamai sorridendo dolcemente.
"A tra poco piccola". Sussurrò lui dall'altro capo del telefono per poi staccare la chiamata.
Era così bello avere Marco nella mia vita, così bello che nemmeno mi rendevo conto di quanto fosse importante.
Afferrai lo zainetto con le chiavi dell'auto e il telefono per poi scendere e salire in auto.
Ero davvero felice di aver raggiunto questo altro obiettivo nella mia vita. Anche perché così ero molto più autonoma. Il mio prossimo obiettivo da raggiungere era comprare una casa tutta mia e andare a viverci. Anche perché era possibile dato che lavoravo in un bar. Marco la sera diceva spesso che i miei capelli odoravano di caffé.
Accesi il motore per poi mettere in modo. Misi il solito CD delle mie canzoni preferite e dopo aver allacciato la cintura di sicurezza partii per andare allo studio per raggiungere Marco.
Abbassai lievemente il finestrino così da far entrare un po' d'aria nella macchina che andava a scontrarsi con i miei capelli, solleticando lievemente la pelle del collo o del viso. Era una sensazione molto piacevole, anche perché il vento non era freddo come il vento di Gennaio o Febbraio.
Mi squillò il telefono e quindi risposi velocemente.
"Pronto?".
"Ti aspetto al semaforo".
Era Marco.
Gli dissi che andava bene e staccammo la chiamata.
Tolsi lo sguardo dalla strada per un secondo così da portare il telefono nella borsa.
E in un attimo non riuscii a capire nulla più. Un clackson ripetuto e poi mi ritrovai sballotata con la mia auto. Poi non ricordo nulla più. Solo io buio e delle urla.

MARCO.
"Ti aspetto, piccola". Dissi velocemente staccando la chiamata così da portare il mio telefono nella tasca della felpa per poi attraversare guardando l'auto di Tris in lontananza arrivare al posto da noi deciso.
Mi avvicinai velocemente al lampione con il semaforo tenendo lo sguardo su di lei.
Ma in un attimo ad un incrocio vidi ció che non avrei mai voluto vedere nella mia vita. Un clackson e in un attimo l'auto di Tris si rotolò più in là.
"Beatrice, no!". Urlai con gli occhi già colmi di lacrime correndo verso l'auto. Arrivai davanti all'auto ed era sotto sopra. Il tettuccio era contro l'asfalto e scaglie di vetro erano ovunque. Mi avvicinai alla portiera così da aprirla per tirarla fuori con l'aiuto di un passante il quale chiamò anche l'autobulanza.
"Tris, per favore.. non mi lasciare". Sussurrai tra le lacrime mentre le accarezzavo i capelli. "Stanno venendo, per favore tieni duro".
Nella mia vita ogni volta che piangevo, in pubblico o da solo, mi vergognavo di ció. Le lacrime che scendavano dai miei occhi, gli occhi stessi rossi e pizzicanti, il naso colante e le guance bagnate mi ricordavano quanto fossi fragile e debole. Eppure quella volta non mi vergognavo per nulla, non mi interessava se le persone mi vedevano piangere, non mi interessava di nulla. Piangere era l'unica cosa che mi consolava in quel momento. Avevo la mia piccola Tris tra le braccia con gli occhi chiusi, sangue ovunque e piccoli frammenti di vetro tra i suoi capelli.

"Cosa? In coma?". Sussurrò Marta parlando con un dottore a pochi passi da me.
Appoggiai la schiena contro il muro freddo del corridoio della terapia intensiva e scivolai lentamente lungo di esso sedendomi contro il pavimento, portando le gambe al mio petto appoggiandoci la testa su di essa.
"Noi abbiamo fatto tutto il possibile, ora tocca a lei". Sussurrò il dottore dispiaciuto.
La mia ragazza era in coma e la medicina non poteva far più nulla, era tutto nelle mani di Tris. Mi sentivo soffocare, sentivo come se qualcuno mi stesse stringendo la gola con le mani, una delle sensazioni più brutte di sempre. Una delle più brutte che io abbia mai sentito nella mia vita. Mi sentivo come se stessi vivendo la mia vita in terza persona, come se non fossi io a viverla. Non sentivo nessun emozione, sensazione, non sentivo nulla. Mi sentivo vuoto.
Non ci credevo, il mondo scorreva ed io ero impassibile. Non sentivo nulla, ma sentivo tutto. Avevo l'agitazione a mille, le mani tremolanti e lo stomaco che si torceva da solo.
Non potevo immaginare una vita senza lei. Non potevo immaginare un Marco senza Tris. Ormai faceva parte della mia routine, della mia vita, del mio cuore. Era parte di me e senza di lei non sarei mai e poi mai stato lo stesso. Solo al pensiero di non averla al mio fianco mi fece venire un capogiro che mi costrinse ad appoggiare la testa contro il muro freddo.
"Non posso perdere anche lei".
Marta sussurrò quella frase eppure alle mie orecchie arrivò chiara e limpida.
Come avrebbe fatto lei a superare anche questo?
Una lacrima incontrollata scese dal mio volto. Ancora una volta piangevo perché avevo paura di perdere una delle persone più importanti. La persona che amavo, la persona che avrei voluto al mio fianco per tutta la mia vita. E sapevo che che lei era l'amore della mia vita, ne ero più che sicuro ed ora tutte le mie speranze di un futuro con lei, tutte i miei programmi per il nostro futuro erano crollate una dopo l'altra.
Non potevo fare altro che piangere e sperare che Tris, da vera guerriera, sconfigesse anche questo male uscendone vincitrice.

HOLA ESERCITO!
Non mi menate.. ma con i prossimi capitoli vi diró di più e vi diró perché mi sembrava giusto dare questa svolta alla storia.
Come sempre ringrazio chi segue questa storia, grazie davvero.
Fatemi sapere cosa pensate e come vorreste che la storia continuasse.
Un bacio, alla prossima.

Indelible/ MM.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora