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CAPITOLO 6-DESTINO

Alzai le palpebre pesanti: un mal di testa insistente mi rimbombava dentro, come dei continui colpi alla nuca uno più forte dell'altro. Un buio pesto si intravedeva da una piccola finestra sul muro.

Un silenzio carico di tensione e paura, quasi paragonabile ad un qualsiasi rumore assordante, fastidioso e pesante. Ogni muscolo del mio fragile corpo era indolenzito, senza forze.

Mi girai e vidi le ragazze distese a terra, con il polso legato ad una catenella agganciata al freddo muro di colore grigio. Un senso di sollievo mi sfiorò il cuore per un secondo: loro erano lì accanto a me ed erano vive di sicuro.

Chiunque sia stato a farci questo, aveva una briciola di umanità in sè o forse era solo un modo per averci tutte insieme lì, al suo cospetto ma nessuna di noi poteva saperlo.

Dei piccoli frammenti della serata mi apparvero vaghi: una festa, Lucy distesa sul quel divanetto esanime, Sebastian in mezzo alla strada, quella stretta di mani dolorosa.

Mi accorsi solo in quel momento che era l'unica libera, nessuna catena o corda mi impediva di muovermi. Una cosa era certa: nonostante tutto, la mente che progettò tutto ciò aveva il pieno controllo della situazione e non aveva lasciato nulla al caso.

Mi alzai a stento, infatti mi avvicinai al muro così da appoggiarmi; controllai ogni parte del mio corpo e del mio vestito e rimasi sorpresa. Nessun taglio mi apriva la pelle e nessuno strappo sul tessuto.
Strano fu la prima parola che mi venne in mente. Lola si mosse e aprì lentamente gli occhi così mi avvicinai a lei.

Scostò i capelli sulla schiena e due punture profonde e fresche si presentarono davanti ai miei occhi sul lato del suo collo.

« Davina...» Disse con un filo di voce. « sei viva. » Sorrisi e una lacrima di gioia scese sulla mia guancia.

« Non piangere. Staremo bene.»
Disse lei, asciugando la lacrima con la mano.

« Shh. Non ti sforzare a parlare.»
Le dissi. « devi riprenderti.»

Con grande sforzo si mise a sedere con la schiena appoggiata al muro. Era pallida ma un leggero rossore, forse dovuto a quel momento, appariva sul volto.

« Dove siamo? »
Mi chiese guardandosi attorno, persa. Scossi la testa e un'evidente preoccupazione le coprì il volto. Una risata improvvisa, subito fuori dalla porta. Una voce maschile pensai.

« Sarà Sebastian. È lui che ci ha portate qui!»

Esclamò Lola.

« Non solo lui. »
Dissi fissando la porta.

« Che cosa vuol dire non solo lui? »
La guardai: i miei occhi erano pieni di solenni scuse per averle messe in pericolo ma non sarebbe mai bastato solo uno sguardo per salvarle o almeno rincuorarle.
Un leggero tintinnio di chiavi e una di esse nella serratura.

Mi alzai di scatto e mi avvicinai alla finestra: era piccola ma era abbastanza per far uscire le ragazze. Lola mi osservò incredula per tutto il tempo.

« Ora tu mi aiuterai.»

Girai per la stanza in cerca di qualcosa per liberarle dalla catenella chiusa a lucchetto.
Per terra un chiodo, non era perfetto ma si presentava come la loro unica possibilità. Lo presi e mi diressi subito verso le ragazze e partendo da Lola, cercai di forzare il lucchetto ma senza nessun risultato.

Un rumore mi fece girare verso al porta: era aperta.

Mi alzai.

« Sebastian? »
Chiesi.

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